Canapa legale: svolta storica in Corte Costituzionale contro l'Articolo 18

Maria Novella De Luca
03 Dec 2025

Per la prima volta nella storia del dibattito sulla cannabis light in Italia, la Corte Costituzionale viene investita in via diretta della possibile incostituzionalità del cuore pulsante del cosiddetto "Decreto Sicurezza" in materia di canapa. Questa mossa rappresenta una vera e propria svolta giuridica per l'intera filiera della canapa industriale, un settore che conta oltre 20.000 addetti.


Il fulcro della controversia è l'Articolo 18 del D.L. 48/2025 (convertito con L. 80/2025), una norma che ha introdotto un divieto penale generalizzato su importazione, detenzione, commercio e vendita di prodotti costituiti da infiorescenze e loro derivati di canapa industriale. Un divieto che, secondo le associazioni di categoria e ora secondo un Giudice, cozza apertamente con i principi costituzionali e le norme europee sulla libera circolazione delle merci.

L'ordinanza che ha riacceso il dibattito arriva dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Brindisi. Sospendendo un procedimento penale, il GIP ha riconosciuto la "non manifesta infondatezza" dei dubbi di incostituzionalità, passando la palla alla Consulta. Questo passaggio è visto dalla filiera come una "vittoria di metodo e di merito" che riporta la discussione sulla canapa legale su binari di diritto e scienza, anziché di mera repressione. L'esito di questo giudizio determinerà il futuro di migliaia di aziende e la stabilità del settore agricolo italiano che si occupa di questa pianta.

La Corte Costituzionale e il futuro della Canapa industriale in Italia

Il rinvio alla Corte Costituzionale non è un atto formale, ma il risultato di una complessa strategia difensiva che ha saputo evidenziare le lacune e le contraddizioni della normativa. L'azione del GIP di Brindisi cristallizza un conflitto di lunga data tra la volontà politica di limitare la diffusione della cosiddetta marijuana light e la realtà agricola e industriale della canapa legale, che opera nel rispetto dei limiti di THC.

La decisione del Giudice si basa su tre distinti profili di illegittimità costituzionale, che mettono in discussione non solo la sostanza della norma, ma anche il modo in cui essa è stata introdotta nell'ordinamento. La canapa, che per decenni è stata una coltura proibita, si ritrova ora, nella sua versione legale e industriale, a lottare per la sua piena legittimazione. Questa lotta passa attraverso la dimostrazione che i suoi derivati, come le cime e le infiorescenze a basso THC, non possono essere considerati sostanze stupefacenti pericolose.

Le conseguenze penali del Decreto Sicurezza sulla Marijuana light

L'Articolo 18 del D.L. 48/2025 ha avuto l'effetto immediato di criminalizzare l'intera catena di valore della cannabis light, spingendo il commercio, l'importazione e la detenzione di infiorescenze sul piano del diritto penale. Prima di questa norma, la giurisprudenza, in particolare alcune sentenze della Cassazione, aveva già stabilito che i prodotti con THC entro i limiti di legge non avevano efficacia drogante o che tale efficacia era da ritenersi trascurabile.

Il decreto, di fatto, ha creato una presunzione di reato de iure per ogni condotta legata alle infiorescenze. Questo ha generato una disomogeneità e una grande incertezza del diritto. Il settore, pur coltivando e commercializzando una pianta legale secondo la L. 242/2016 (che disciplina la coltivazione), si è trovato nell'impossibilità di operare senza il costante rischio di sequestri e procedimenti penali.

Il ruolo del Giudice di Brindisi: perché l'ordinanza è una svolta

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha svolto un ruolo cruciale, agendo da filtro e da garante del diritto. Anziché limitarsi ad applicare la legge, ha scelto di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale, riconoscendo che la norma potrebbe violare i principi fondamentali della Repubblica. Questo è un atto di grande importanza, poiché eleva il dibattito da un conflitto tra magistratura ordinaria e produttori a un conflitto tra una legge e la Costituzione.

L'ordinanza di Brindisi offre alla Corte Costituzionale la possibilità di riesaminare l'equilibrio tra la tutela della salute pubblica e la libertà di iniziativa economica, chiarendo definitivamente la posizione della cannabis con tenore di THC non drogante.

I tre profili di incostituzionalità del divieto sulle infiorescenze di Cannabis

I tre profili sollevati dal GIP di Brindisi, frutto della difesa legale sostenuta dall'Avv. Lorenzo Simonetti, sono tecnicamente robusti e toccano nervi scoperti dell'ordinamento giuridico italiano, come la corretta procedura legislativa e il principio di offensività del reato.

Vizio Formale: La Legge in un Decreto Sicurezza "omnibus"

Il primo profilo di incostituzionalità (violazione dell'Art. 77 Cost.) riguarda il vizio formale nell'adozione del decreto-legge. Un decreto-legge è uno strumento eccezionale, utilizzabile solo in casi di "necessità e urgenza". Il GIP contesta che l'inserimento di una norma sulla canapa industriale—una materia complessa e settoriale—all'interno di un decreto "omnibus" sulla sicurezza (di tutt'altro respiro) manchi della necessaria motivazione di urgenza e sia disomogeneo per finalità e contenuti. In sostanza, si sostiene che la norma avrebbe dovuto seguire l'ordinario iter parlamentare, garantendo maggiore dibattito e ponderazione.

Vizio Sostanziale: Punire condotte inoffensive sulla Pianta di Cannabis

Questo è il profilo più delicato e attiene alla sostanza penale (violazione degli Artt. 13, 25, 27 Cost.). Il GIP solleva la questione del principio di offensività, riassunto dal brocardo latino “nullum crimen sine iniuria” (nessun crimine senza offesa).

Se la Cassazione ha già stabilito che le cime o le infiorescenze di canapa industriale a basso THC hanno un'efficacia drogante assente o trascurabile, trasformare ogni condotta su questi prodotti in reato, a presunzione, equivarrebbe a punire un fatto oggettivamente inoffensivo per la salute pubblica. Questo violerebbe il principio che il diritto penale deve colpire solo condotte che ledono o mettono in pericolo un bene giuridico fondamentale.

Profilo Europeo: La Coltivazione e l'ostacolo alla libera circolazione UE

Infine, l'ordinanza solleva un conflitto con l'ordinamento europeo (violazione dell'Art. 117 Cost. e degli Artt. 34-36 TFUE). La canapa industriale è a tutti gli effetti una coltura agricola legittimamente scambiata nello Spazio UE. Divieti penali "in blocco" imposti dall'Art. 18 ostacolano palesemente la libera circolazione delle merci all'interno dell'Unione Europea.

Su questo aspetto, va ricordato che il Consiglio di Stato, in un diverso procedimento, aveva già sollevato dubbi, rinviando la questione alla Corte di Giustizia UE. La coerenza con l'ordinamento europeo è un elemento non negoziabile per la legittimità della legge sulla cannabis a livello nazionale.

Le voci dal fronte legale e politico: Simonetti e la Senatrice Licheri

A margine del deposito dell'ordinanza, i protagonisti del ricorso e della critica politica hanno espresso il loro plauso, sottolineando la necessità di porre fine alla criminalizzazione del settore.

L’Avvocato Lorenzo Simonetti, responsabile della strategia difensiva, ha ribadito la posizione legale: "La canapa industriale deve e può essere prodotta nella sua interezza e che questa questione di legittimità costituzionale mette un freno al recente divieto penalmente rilevante imposto dal Governo italiano. L'obiettivo è ora che anche altri giudici disapplichino la norma o sollevino la stessa questione".

In linea con questa critica, la Senatrice Sabrina Licheri (M5S), capogruppo in commissione Industria, ha espresso in una nota che il provvedimento è l' “ennesima bocciatura sull’art. 18 del decreto Sicurezza targato governo Meloni”:

“Il settore, che dà lavoro a più di 20mila addetti, non ha nulla a che vedere con le sostanze stupefacenti e, anzi, si pone a pieno titolo come una delle eccellenze italiane. La legge non rispetta la Costituzione, le leggi Ue e le pronunce della Corte di giustizia europea e criminalizza un intero settore. Va cambiata, senza ‘se’ e senza ‘ma’”.

La senatrice ha inoltre ribadito di aver presentato un disegno di legge per porre fine definitivamente a questa situazione, sottolineando il pieno sostegno politico alla filiera della canapa legale.

La posizione della filiera: chiarezza e moratoria sui sequestri di Cime

Il messaggio inviato dalle associazioni di filiera firmatarie (tra cui Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis, Imprenditori Canapa Italia, Resilienza Italia Onlus) è univoco: la filiera non chiede "zone franche" o privilegi, ma "regole chiare, applicabili e controllabili".

L'incertezza generata da norme ambigue come l'Articolo 18 ha bloccato investimenti e innovazioni in un settore che, a livello di coltivazione, stava emergendo come un'eccellenza italiana. Il rischio continuo di sequestri automatici e distruzioni di stock di infiorescenze ha creato un clima di terrore giuridico insostenibile.

Per questo, le associazioni avanzano richieste specifiche e urgenti:

  1. Moratoria Operativa: Richiesta di sospensione operativa su sequestri, distruzioni e confische automatiche fino a quando non sarà emesso il giudizio di costituzionalità.
  2. Tavolo Tecnico Interministeriale: Creazione di un tavolo di lavoro con la filiera e la comunità scientifica per definire parametri oggettivi, sistemi di tracciabilità, linee guida di etichettatura e controlli uniformi per l'intera pianta di cannabis.
  3. Linee Guida Uniche: Necessità di direttive chiare per forze dell'ordine e Procure, al fine di eliminare le prassi disomogenee e i contenziosi inutili che danneggiano ingiustamente le aziende di canapa legale.

L'obiettivo è dimostrare che il settore non è sinonimo di sostanze stupefacenti, ma è una legittima attività agricola e industriale che merita di operare nella certezza del diritto.

Domande Frequenti sulla Canapa Legale e l'Articolo 18

Cos'è l'Articolo 18 del Decreto Sicurezza che è stato impugnato? L'Articolo 18 del D.L. 48/2025 introduce un divieto penale generalizzato sull'importazione, detenzione, commercio e vendita di prodotti costituiti da infiorescenze e loro derivati di canapa industriale.

Perché la Corte Costituzionale è stata coinvolta direttamente? Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Brindisi ha sospeso un procedimento penale e ha rimesso l'articolo direttamente alla Consulta, riconoscendo la "non manifesta infondatezza" di tre profili di incostituzionalità.

Quali sono i principali dubbi di incostituzionalità sollevati? I dubbi riguardano il vizio formale (illegittimo uso del decreto-legge), il vizio sostanziale (violazione del principio di offensività, punendo un fatto inoffensivo come la cannabis light) e il conflitto con la normativa europea sulla libera circolazione delle merci.

Cosa succede ora alla Canapa legale in Italia? L'articolo resta in vigore, ma la pendenza del giudizio di costituzionalità crea incertezza. La filiera chiede una moratoria operativa su sequestri e confische finché la Corte Costituzionale non si pronuncerà sul merito del divieto sulle cime di canapa.

Qual è l'obiettivo politico del ricorso? L'obiettivo è ottenere che la Corte Costituzionale dichiari l'illegittimità della norma che "criminalizza un intero settore" e di porre fine alla "incertezza del diritto" che grava su produttori e coltivatori di marijuana legale in Italia.

Leggi anche su Soft Secrets:

In Senato denunce e proposte per la canapa industriale

Dal divieto alla cultura: l'Unesco cambia rotta sulla cannabis

 

M
Maria Novella De Luca