Patagonia: approvata la Legge Salomé che potrebbe cambiare il Paese
L’ Argentina, il secondo Paese più grande del Sud America e probabilmente quello con la società più liberale, ha dimostrato negli anni di essere aperto e evoluto anche quando si parla di cannabis. La cannabis medicinale è diventata legale nel marzo 2017 e dal 2021 è stata legalizzata la coltivazione ed il possesso per i cittadini registrati
REPROCANN, Registro del Programma Nazionale Cannabis, infatti, è la piattaforma che consente ai pazienti, alle ONG e ai coltivatori solidali di registrarsi per coltivare cannabis per scopi medicinali. Un registro che, negli ultimi anni, ha consentito a più persone di accedere legalmente alla cannabis. Tuttavia, recenti modifiche hanno generato polemiche tra utenti e coltivatori che si sono sentite vittime di un mercato non ben amalgamato in cui la mancanza di una visione concreta, le controversie giudiziarie e pregiudizi ancora presenti, non hanno permesso un corretto sviluppo dell’utilizzo e della commercializzazione della cannabis terapeutica.
Ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato, almeno a livello provinciale. È accaduto a Chubut, in Patagonia, una provincia già famosa per le mobilitazioni della società civile nel 2020 contro l’usurpazione del terreno e l’estrazione indiscriminata di argento. La tenace lotta di quella popolazione, che è riuscita, allora, a impedire lo sfruttamento del territorio, ottenendo il ritiro della Legge di zonizzazione mineraria, si è resa di nuovo protagonista nella lotta per la cannabis terapeutica, una lotta che sta restituendo dignità alla crescente domanda dei pazienti e al grande lavoro dei produttori.
La società civile, il governo e i privati sono riusciti, infatti, a unirsi e a modellare il mercato provinciale della cannabis in una legge che rappresenta coltivatori, pazienti e imprenditori, sotto il controllo dello Stato.
E ciò che sembrava impossibile dal Palacio de Hacienda di Buenos Aires è diventato realtà.
La Legislatura della Provincia di Chubut ha approvato, a fine settembre, all'unanimità, la Legge n. 198/24 che garantisce l'accesso alla cannabis per scopi medicinali attraverso la creazione del Registro degli utilizzatori della pianta. Conosciuta come “Legge Salomé”, in onore di una ragazza di Puerto Madryn che ha lottato insieme a sua madre e a diverse ONG per il suo diritto all'uso terapeutico, la norma mira a consentire un accesso sicuro e informato agli usi medicinali, terapeutici e palliativi della cannabis e dei suoi derivati, oltre a regolamentare la produzione per la ricerca medico-scientifica e garantire il controllo delle attività di importazione della cannabis, esportazione di semi, oli e altri prodotti derivati dalla cannabis.
È stato creato il Registro dei Consumatori di Cannabis di Chubut che è diventato uno dei pilastri della legge. Questo registro, che sarà sotto la supervisione del Ministero della Salute, consentirà ai pazienti di registrarsi formalmente per accedere in sicurezza alla cannabis terapeutica, con prodotti acquistabili nelle farmacie locali.
“È qualcosa di storico per il Paese e per la provincia. In base a questa legge, ad esempio, le farmacie potranno vendere oli prodotti sulla base degli studi clinici da noi condotti. Si tratta di oli a spettro completo che non vengono venduti nelle farmacie a livello nazionale, poiché vengono venduti solo oli di CBD”, ha spiegato Gregorio Bigatti, ricercatore presso l'Istituto di Biologia degli Organismi Marini (IBIOMAR) e Direttore Generale del Programma.
Come è successo? Quale vento favorevole è riuscito a spazzare via tutti i pregiudizi e le lentezze burocratiche?
Lo ha raccontato a El Planteo, Isabel, tecnico senior in produzione agricola di Biocann, azienda che si dedica alla ricerca e allo sviluppo di derivati della cannabis medicinale in Patagonia.
"L'azienda era a un punto critico e continuava la ricerca senza alcun tipo di ritorno commerciale o economico", ha raccontato Isabel. Con uno schema di regolamentazione in mente, la donna ha iniziato a darsi da fare, a bussare a tutte le porte e a raggiungere dei risultati.
"All'inizio non era una cosa voluta. Ho semplicemente chiamato Leandro Cavaco, ex ministro della produzione di Chubut, che aveva spinto per una legge sull'accesso alla cannabis che era in fase di stallo e gli ho detto: 'Vogliamo attivarla nella Provincia. Vai avanti? E lui accettò", ha ricordato ancora Isabel.
Così qualcosa si è messo in moto nella piccola cittadina di Chubut e quello che era iniziato con un messaggio WhatsApp si è trasformato in un team multisettoriale che ha redatto la versione iniziale della legge.
"Volevamo una legge concisa, che riflettesse l'identità regionale della Patagonia e che affrontasse la produzione, la salute pubblica e il consumo sicuro", ha commentato la donna.
Prima di arrivare al legislatore, la proposta è passata attraverso i ministeri della sanità, della produzione e della sicurezza. Ciascuna istanza ha contribuito con elementi importanti alla bozza finale. Se qualcosa ha caratterizzato il processo a Chubut, è stata la partecipazione totale di ministeri, associazioni professionali, associazioni civili di pazienti e aziende produttrici di cannabis.
La militanza e l'interazione faccia a faccia con i legislatori sembrano essere stati i due punti di forza di tutto il processo anche secondo Horacio, uno dei fondatori di Cuatro Almas, la prima Ong legale per la cannabis terapeutica in Patagonia.
Il suo approccio era chiaro: mostrare ai legislatori come erano organizzate e regolamentate le associazioni civili e come coprivano già un bisogno che lo Stato non era in grado di soddisfare.
"Siamo riusciti a convincere molti legislatori a vedere come lavoriamo, cosa abbiamo fatto, come abbiamo coltivato e questo ha cambiato la loro prospettiva. Alcuni si emozionavano addirittura quando raccontavano storie personali su come la cannabis aveva aiutato le loro famiglie," ha inoltre aggiunto il fondatore di Cuatro Almas.
Ed è stato l’avvocato e cofondatore della Ong, Damián Domínguez a spiegare in sede legislativa la grande importanza di includere le associazioni civili nella nuova legge.
"Ci hanno proposto di creare un tavolo di lavoro perché venisse riconosciuto il nostro ruolo all'interno della normativa. Una delle principali preoccupazioni dei legislatori era la sicurezza, soprattutto per quanto riguarda il trasporto della cannabis e la possibile deviazione verso il mercato illegale", ha affermato Domínguez.
Inoltre, le associazioni civili e i produttori hanno accettato di sottoporsi ad analisi rigorose per garantire la sicurezza dei prodotti, utilizzando standard come l'analisi batteriologica e la cromatografia.
"Il nostro approccio al governo si è concentrato non solo sull'accesso sicuro alla cannabis terapeutica, ma sulla creazione di un'industria sostenibile che generasse posti di lavoro, compreso il turismo e le esportazioni di cannabis", ha concluso Domínguez.
Infatti il primo obiettivo di Isabel e del suo team era proprio questo, presentare un caso convincente a favore della diversificazione dell'economia di Chubut, tradizionalmente basata sulle industrie estrattive come l'estrazione mineraria, l'allevamento e la pesca.
"La nostra proposta iniziale al governo si concentrava sulla diversificazione economica. La cannabis potrebbe introdurre un’industria sostenibile e generatrice di posti di lavoro", ha affermato Isabel.
La proposta ha inoltre evidenziato i benefici per la salute pubblica, fornendo un accesso sicuro alla cannabis terapeutica e allentando la domanda di servizi sociali.
Una bella storia a lieto fine che raccontiamo nella speranza che diventi un buon esempio anche in altri Paesi, come il nostro.
D’altronde gli abitanti di Chubut hanno regolamentato l’uso e la vendita della cannabis medicinale utilizzando metodi, strumenti e strategie che hanno già funzionato in altri mercati come gli Stati Uniti. E ancora una volta si è dimostrato che è possibile creare un’industria della cannabis ben regolamentata. Ora, come dicono i protagonisti di questa storia, bisogna espandere il successo anche nelle altre province.
"Questo quadro giuridico non solo genera occupazione e promuove lo sviluppo economico, ma garantisce anche la tutela dei diritti dei pazienti e dei coltivatori. Per molti versi, questa legge è un faro di ciò che si potrebbe realizzare in tutto il Paese, segnando un nuovo capitolo nella storia della cannabis in Argentina", ha concluso Damián.
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