In trincea per la canapa: imprenditori-eroi colpiti dalla legge

Marco Ribechi
10 Dec 2025

Per Noemi, trentaquattrenne a Roma, l'incertezza normativa è costata l'attività di una vita, chiusa a novembre 2025. Per Massimiliano Quai, in Sardegna, il costo è stato un raccolto distrutto di 8.000 piante, nonostante fosse legale e certificato. Questa è la realtà quotidiana in Italia, dove la Legge 242/2016 si scontra con una "zona grigia" di repressione e paura


Voci dal fronte: chi paga il prezzo del caos normativo 

I sogni di chi ha investito tutto si trasformano in un'amara battaglia per il diritto di fare impresa. Dietro i numeri e i cavilli legali, ci sono persone che hanno scommesso i propri risparmi. Le loro esperienze evidenziano la fragilità di un mercato che ha un enorme potenziale per essere florido ma che è costantemente sotto assedio da una politica che gli taglia le ali. 

La resa di Noemi: l'addio al sogno del negozio di quartiere a Roma 

Dopo anni di precariato, Noemi aveva trovato la sua strada nella canapa light nel 2017. Insieme ad un socio, aveva investito i pochi risparmi per trasformare un piccolo punto vendita in un nodo di aggregazione sociale di quartiere. "Abbiamo creato una realtà più solida ed equilibrata, curando con molta attenzione il nostro unico punto vendita - racconta Noemi - Ma l'instabilità politica e l'inasprimento del clima repressivo, spesso generato dalla minaccia di leggi come il DDL Sicurezza, hanno reso impossibile operare". 

A novembre 2025, la resa è stata inevitabile: le chiavi del negozio sono state restituite. La sua storia è un monito sul costo umano dell'ambiguità legale e sulla difficoltà di operare in un Paese ostile. 

Massimiliano Quai: il sequestro che vanifica il lavoro biologico 

Sardegna, fine ottobre 2025. Massimiliano Quai di Orti Castello, azienda che si dedica alla produzione biologica di olii e infusi, ha vissuto un incubo: un massiccio sequestro di oltre 8.000 piante certificate, incluse le semilavorate. La beffa è arrivata con il verbale delle forze dell'ordine che, nel conteggio, definivano i "mozzoni" (piante già tagliate) come "bulbi".

Massimiliano e i suoi colleghi sono in attesa di dissequestro

Nonostante i bassissimi livelli di THC, il danno è irreversibile: il raccolto è stato manomesso e distrutto. "La mia azienda dava lavoro a 10 persone, ora licenziate - osserva amaro Massimiliano, evidenziando l'impatto sociale della crisi - Il nostro era un business che stava crescendo quasi in maniera esponenziale ma la lotta più grande resta quella contro la macchina burocratica e legale. Farò di tutto per restare e consolidare l’azienda in Sardegna," conclude l'imprenditore, confermando la sua determinazione a non arrendersi. 

L'analisi economica: il bivio da 1,4 miliardi di euro e 22.000 posti di lavoro 

L'incertezza legale non è solo una tragedia personale; è un auto-gol finanziario per l'intero Paese. Uno studio di MPG Consulting commissionato da Canapa Sativa Italia (CSI) mette l'Italia di fronte a due scenari economici con impatti drasticamente diversi: un mercato libero e pluralistico avrebbe un impatto economico vicino ai 2 miliardi di euro (1,96 miliardi), creando oltre 22.000 posti di lavoro a tempo pieno lungo la filiera. Un monopolio statale vedrebbe invece il valore crollare a un minimo di 148 milioni di euro. 

Questa differenza significa che l'incertezza e la repressione costano all'Italia oltre 1,4 miliardi di euro di potenziale economico e la perdita di decine di migliaia di impieghi. Paradossalmente, a sostenere il settore è la crescente domanda dei consumatori (il passaparola e l'uso consapevole come alternativa al tabacco), nonostante le aziende non possano promuovere i potenziali benefici. 

L'analisi identifica inoltre il coltivatore medio, il cuore pulsante dell'innovazione e della sperimentazione, come la figura più esposta al rischio di scomparsa in caso di monopolio rigido e centralizzato. 

La speranza della giurisprudenza 

Le storie di Noemi e Massimiliano sono l'emblema delle sfide che gli imprenditori della canapa devono affrontare: instabilità politica che distrugge la fiducia negli investimenti – tanto che il 10% delle 3.000 aziende associate a CSI ha già chiuso preventivamente o delocalizzato dopo l'Art. 18 della L. 80/2025 – repressione burocratica che ignora la liceità del prodotto e alti costi legali per difendere il proprio lavoro. 

Tuttavia, un baluardo resta: la giurisprudenza. Le sentenze recenti, come quelle che hanno annullato sequestri o disposto dissequestri rapidi in linea con la giurisprudenza di legittimità, stanno proteggendo la filiera. Queste decisioni ribadiscono che la coltivazione è lecita se il prodotto è privo di efficacia drogante (THC molto basso), offrendo l'unica vera difesa legale e un barlume di speranza per una futura stabilizzazione del quadro normativo. 

 

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