Giappone: la cannabis sfida la legge

In un Paese noto per la sua disciplina e l'inflessibile rispetto delle regole, sta prendendo piede un paradosso: nonostante le pene severe, il consumo di cannabis in Giappone è in crescita. Un fenomeno che non solo mette in discussione l'efficacia della legislazione attuale, ma spinge anche esperti e ricercatori a interrogarsi sulle ragioni di questa "rivolta silenziosa"
Il Giappone ha alcune delle leggi più rigide al mondo in materia di cannabis. Con il Cannabis Control Act del 1948, il possesso di marijuana, anche per uso personale, può comportare fino a 7 anni di reclusione. Questa politica, nata sotto l'occupazione americana, ha creato un forte tabù sociale intorno alla sostanza, vista per decenni come una droga pericolosa.
Tuttavia, il divario tra la legge e la realtà sociale è sempre più evidente. I giovani giapponesi, esposti alla crescente normalizzazione della cannabis in Occidente attraverso film, musica e social media, stanno sviluppando una percezione diversa. Per molti, la cannabis non è più una minaccia, ma un'alternativa meno dannosa rispetto all'alcol, una sostanza che invece causa notevoli problemi sociali nel Paese.
Per comprendere meglio questo fenomeno, il Dott. Yuji Masataka, un'autorità nel campo e membro della Japanese Clinical Cannabinoid Association (JCAC), fondata con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo sano dell'industria dei cannabinoidi, ha condotto una ricerca approfondita, i cui risultati sono stati pubblicati su Drug Science, Policy and Law.
I ricercatori hanno condotto una serie di interviste che sarebbero diventate il "Smoker's Story Project", ispirandosi al "National Story Project" di Paul Auster.
"Abbiamo deciso di raccogliere e condividere storie individuali su un sito web pubblico", spiega Masataka. "Sebbene ogni racconto fosse personale e unico, credevamo che compilarli avrebbe iniziato a rivelare una visione più ampia del consumo di marijuana in Giappone."
Sono state raccolte interviste con 64 giapponesi (39 uomini e 25 donne) di età superiore ai 20 anni. Anche se il campione è piccolo, è più ampio di quanto i ricercatori si aspettassero.
"Inizialmente temevamo che le persone avrebbero esitato a parlare del loro comportamento illegale, ma con nostra sorpresa, si sono offerte volontarie più persone del previsto", ammette Masataka. "Riteniamo che ciò sia dovuto in gran parte alla fiducia che abbiamo costruito nella comunità attraverso il nostro continuo lavoro di educazione pubblica all'interno di Green Zone Japan dal 2017".
La maggior parte dei partecipanti ha raccontato di essere venuta a conoscenza della pianta tramite amici o conoscenti, principalmente per curiosità. Nonostante l'ansia o la diffidenza iniziali, l'esperienza diretta ha rapidamente dimostrato il basso rischio percepito della cannabis, con molti che hanno iniziato a considerarla meno pericolosa del tabacco o dell'alcol.
Inoltre, questa esposizione iniziale si è spesso verificata "nel contesto di disagio psicologico o esperienze di vita avverse", come bullismo, abusi, relazioni familiari tese o stress lavorativo. L'uso continuativo di cannabis è correlato a una gamma più ampia di fattori, tra cui i piacevoli effetti psicoattivi e il rilassamento. Molte persone hanno anche ammesso di usare la pianta per migliorare la propria salute fisica e mentale. Il sollievo da ansia, stress, depressione o dolore è stato uno dei motivi più frequentemente menzionati.
Allo stesso modo, alcune persone si sono rivolte alla cannabis come forma di autotrattamento, ad esempio per stimolare l'appetito. Altri hanno addirittura sostituito altre sostanze, come farmaci da prescrizione o alcol, con la cannabis. Questo punto è particolarmente interessante, poiché l'uso e l'abuso di farmaci da banco con prescrizione, in Giappone, sta diventando un problema di salute pubblica. Questi resoconti aneddotici si aggiungono alla crescente evidenza che la cannabis può servire come sostituto di questi farmaci oggettivamente più pericolosi e non sempre efficaci contro i sintomi, o come strumento di riduzione del danno.
Naturalmente, la pianta non è esente da spiacevoli effetti collaterali come secchezza delle fauci o affaticamento, ma il campione li ha generalmente trovati poco preoccupanti. Anzi, l'ipotesi della "droga di passaggio", l'idea cioè che l'uso di cannabis porti inevitabilmente a droghe più pesanti, è stata categoricamente respinta. Anzi, per questi partecipanti, il fattore più negativo della cannabis non è altro che la sua illegalità.
La ricerca del Dott. Masataka, quindi, sembra suggerire che la strategia proibizionista del Giappone non è sostenibile a lungo termine. Sebbene l'attuale dibattito politico sia lento, l'opinione pubblica, specialmente tra i più giovani, sta cambiando e sta crescendo l'interesse verso la legalizzazione a scopi medici, un piccolo ma significativo passo che potrebbe aprire la strada a riforme più ampie.
"I consumatori di cannabis in Giappone sono spesso ridotti a stereotipi, ma le loro vere ragioni per usarla sono complesse, personali e profondamente umane", conclude Masataka. "La nostra ricerca dà loro voce e mostra perché le persone continuano a usare cannabis, nonostante leggi così severe".
Lo studio sostiene inoltre la necessità di "stabilire percorsi legittimi per l'uso della cannabis terapeutica all'interno del sistema sanitario" e di condividere i dati sull'uso della cannabis per "migliorare l'assistenza incentrata sul paziente e contribuire allo sviluppo di servizi sanitari più efficaci e basati sull'evidenza". Solo così, con un'adeguata formazione della comunità medica e scientifica si potrebbe proteggere la popolazione dai rischi reali, non solo legati alle droghe, ma anche all'ignoranza.
Tra l'altro vale la pena ricordare anche che il Giappone sta attraversando una crisi di salute mentale senza precedenti, con uno dei tassi di suicidi più alto al mondo.
Le esperienze condivise dai consumatori in questa e in altre ricerche provenienti da tutto il mondo, suggeriscono fortemente che la cannabis potrebbe aiutare in questa situazione. Inoltre, ricordiamo anche che la pianta rappresenta un'alternativa agli oppioidi che creano dipendenza, altro grave problema nella società giapponese.
Quella che potremmo definire, quindi, una “rivolta silenziosa” della cannabis in Giappone, non è solo una sfida alla legge, ma un segnale che le vecchie ideologie stanno cedendo il passo a una nuova consapevolezza, basata sull'evidenza scientifica e sulle storie personali di chi la usa per motivi che vanno oltre la semplice trasgressione.