Salviamo la filiera della canapa industriale: incontro alla Camera contro il Dl Sicurezza

Maria Novella De Luca
22 Apr 2025

Salviamo la filiera della canapa industriale, questo il titolo della conferenza stampa di questa mattina alla Camera dei Deputati, promossa dall'on. Stefano Vaccari per parlare di canapa industriale e del tanto discusso art. 18 del Decreto Sicurezza, che continua a lasciare nell’incertezza un intero comparto economico in attesa di risposte


“La canapa è stata posta all’ordine del giorno della Nazione perché per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci dal gravoso tributo che ancora abbiamo verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale, la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30mila operai ai quali da lavoro l’industria canapiera italiana”

Queste parole, scelte dall’on. Vaccari in chiusura della conferenza stampa, non appartengono a qualche imprenditore della cannabis light ma sono state pronunciate da Benito Mussolini nel lontano 1925, anno di istituzione del Consorzio Nazionale della Canapa e pronunciate oggi, come ha spiegato lo stesso onorevole, per lanciare un disperato appello alla maggioranza di Governo, sperando che rimettendo mano alla storia di alcune forze politiche che la compongono, possa trovare le ragioni per abolire l’art. 18 dal DL Sicurezza e provare a discutere con le imprese del settore. 

E questo è stato lo scopo dell'incontro di oggi a cui hanno partecipato, oltre alle associazioni di settore Canapa Sativa Italia (CSI), Imprenditori Canapa Italia (ICI), Sardinia Cannabis e Resilienza Italia Onlus, anche il Prof. Stefano Masini, responsabile dell’area ambiente e territorio di Coldiretti, e Ivan Nardone di CIA – Agricoltori Italiani.

“Le restrizioni alla coltivazione e alla commercializzazione della canapa previste dall’articolo 18 del Decreto Sicurezza, possono compromettere il mercato unico europeo e la competitività del settore della canapa industriale, l'occupazione e gli obiettivi ambientali” ha spiegato l’onorevole in apertura dei lavori. La Commissione per le petizioni del Parlamento europeo il 17 marzo 2025 a seguito dell'esame ha già avviato delle interlocuzioni formali con il governo italiano mentre la direzione generale dell'agricoltura dello sviluppo rurale della Commissione Europea ha confermato che la normativa italiana sulla canapa è ancora oggetto di valutazione”. 

Siamo, quindi, in presenza di una norma ideologica che non risponde alle logiche della libera impresa di un comparto che ha rappresentato e continua a rappresentare uno dei settori più innovativi del nostro paese. 

Stefano Masini, Professore Associato di Diritto Agrario e Alimentare presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Roma Tor Vergata, a cui è stato chiesto un contributo sul valore economico dell’infiorescenza della canapa ha sottolineato come, l’ordinamento europeo, in materia di organizzazione comune di mercato, definisce una superficie di terreno che per determinate colture può essere destinatario di un aiuto economico. “È la cosiddetta regolamentazione della PAC e tra le colture ammissibili a questo sostegno, troviamo la canapa, purché il suo livello di THC non superi lo 0,3%. Questo, quindi, vuol dire che non è possibile, nell’ordinamento europeo, coltivare qualsiasi varietà di canapa ma soltanto le specie di piante agricole contenute in un apposito elenco, perché non tutte le specie agricole possono potenzialmente produrre un livello di thc presuntivamente contenuto all’interno del limite”. 

C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione, ha spiegato sempre Masini, che è quello della circolazione, perché oltre ad essere coltivati, i prodotti circolano sul mercato europeo e internazionale. 

“Anche sotto questo profilo, il livello di tenore massimo ammesso nei prodotti di canapa è lo 0,3% di THC. Cosa vuol dire questo? Che a livello europeo la canapa è una pianta industriale, compresa l’infiorescenza. Quando parliamo di canapa la dobbiamo pensare nella sua interezza. Noi vorremmo ripristinare le condizioni razionali per lo sviluppo della canapa compresa l’infiorescenza per ottenere quei prodotti che sono consentiti” ha concluso.

 

 

Anche la voce di Ivan Nardone di CIA, è tornata a ribadire il difficile momento di incertezza in cui vivono tutti coloro che lavorano nel settore della canapa.

“Che fare? Siamo nel pieno della produzione e questa è la domanda più difficile a cui rispondere in questa incertezza” ha spiegato Nardone.

“Proviamo a chiedere risposte alla politica oltre che a coloro che si occupano di questioni legislative o giuridiche”.

Ma le domande senza risposte sono tante.

Nardone si chiede ancora “Cosa dovrebbe fare chi ha un compratore estero? Quando la merce arriva alla frontiera è sottoposta agli stessi controlli previsti una settimana fa o rischia il sequestro della merce?”

“Io penso che in un Governo che si vanta di rappresentare chi fa impresa, l’incertezza è quanto di meno utile possa esserci per continuare a lavorare”. 

Nella seconda parte dell’evento, in cui hanno preso la parola i rappresentanti delle associazioni, Mattia Cusani di CSI ha letto il contributo del Professor Celotto impossibilitato a essere in aula.

L’intervento ha ribadito che l’articolo 18, limitando l'ambito lecito della coltivazione e commercializzazione della canapa ai fini agroindustriali, presenta evidenti profili di illegittimità costituzionale e di incompatibilità con il diritto dell'Unione Europea.

“Sotto il profilo costituzionale la disposizione appare in contrasto con il principio di ragionevolezza e proporzionalità (articolo 3 della Costituzione), nonché con la tutela dell'iniziativa economica privata, nella misura in cui introduce un divieto generalizzato non sorretto da evidenze scientifiche circa la pericolosità intrinseca delle infiorescenze di canapa a basso contenuto di THC. La norma compromette altresì il legittimo affidamento degli operatori economici violando il principio di certezza del diritto in ambito eurounitario. La disposizione si pone in contrasto con gli articoli 34 e 36 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea in quanto realizza un ostacolo non giustificato alla libera circolazione delle merci, in quanto merci legalmente prodotte e commercializzate in altri stati membri. La Corte di Giustizia ha più volte affermato che simili restrizioni possono giustificarsi solo sulla base di un rischio concreto e attuale per la salute pubblica”.

Con la lettura delle parole di Celotto, Mattia Cusani ha salutato la sala constatando amaramente che sebbene le associazioni di categoria, gli imprenditori, le grandi organizzazioni, i politici, dal mese di maggio dello scorso anno, stiano cercando di porre l’attenzione su quanto sta accadendo al settore della canapa in Italia, la realtà è che non si è mai riusciti ad avere l’opportunità di instaurare un vero dialogo con le Istituzioni.  

E il risultato è evidente e molte domande, infatti, restano senza risposta.

“Che cosa c'è di sicuro nel lasciare sotto un ponte 20.000 persone da un giorno all'altro?” si chiede infatti Cusani. 

“Quale interesse nazionale si persegue nel regalare 2 miliardi di euro ai paesi stranieri? Perché stiamo parlando di sprecare risorse incredibili per distruggere una nuova economia che ha ripopolato borghi abbandonati, ha riportato i giovani nell'agricoltura, giovani con un certo grado di componente specialistica, perché non stiamo parlando solo di agricoltori ma di florovivaisti, di biologi”.

Mattia Cusani ha parlato anche degli oltre 1500 negozi in tutta Italia che ricavano il loro reddito principale dalle infiorescenze e che oggi aspettano una risposta sul loro futuro.

“Siamo stati nominati componenti del tavolo tecnico di Filiera della Capa Industriale ma non siamo mai stati consultati. Ora chiediamo solo di essere ascoltati” ha concluso Cusani. 

Anche Raffaele Desiante, presidente di ICI, Imprenditori Canapa Italia, ha sottolineato con rammarico che ancora una volta ci si ritrova tutti insieme a dover discutere dell’articolo 18.

“Questa volta non di un disegno di legge ma di un decreto legge che da un giorno all'altro ci ha reso da imprenditori a spacciatori e un prodotto agricolo è diventata una sostanza stupefacente non per scienza. Ci auguriamo che il Parlamento possa affrontare questo tema in maniera seria, priva da ideologie perché se l'articolo 18 verrà convertito in legge, ci sarà la chiusura definitiva di un comparto produttivo agricolo in netta espansione. Siamo circa 3000 imprese e 30.000 operatori, includendo gli stabili e gli stagionali. Riusciamo ad esportare un Made in Italy di gran valore e riusciamo ad importare grandi capitali e ultimamente non si sono creati tanti settori produttivi in Italia capaci di fare ciò”.

Un Made in Italy che come spiega Piero Manzanares di Sardinia Cannabis, invece di essere qualcosa di cui andare fieri, sembra quasi una colpa, portando la testimonianza della Sardegna dove da anni sta avvenendo una vera e propria caccia alla canapa, soprattutto della parte apicale della pianta che è stata demonizzata. Quella parte che, come spiega Manzanares, è così importante perché contiene la maggior parte dei principi attivi e dei profili terpenici. 

“Sono 3 anni che lavoriamo intensamente, investendo il nostro tempo, per creare un piano di settore che regolamentasse questa filiera. Siamo stati noi stessi a denunciare quello che non andava e a proporre le modifiche necessarie a un cambiamento. Questo piano è stato ultimato in bozza a ottobre 2023 e da allora chiediamo, tramite PEC, tramite e-mail e con tutti i mezzi possibili, sia al Ministro dell'Agricoltura che al sottosegretario di convocarci e approvare il piano di settore in conferenza Stato Regione. Nessuno ci ha mai risposto, nessuno ci ha mai ricevuto” ha spiegato Francesco Vitabile di Resilienza Italia Onlus.

Non sono le associazioni di settore, i commercianti, gli agricoltori, gli imprenditori a non aver cercato un confronto, quindi, ma un Governo sordo a cui sta a cuore solo approvare con urgenza decreti che ritiene giusti senza pensare alle conseguenze devastanti per molte famiglie italiane e per l’intero Paese. 

Il settore chiede una sola cosa: regole chiare e giuste. Nessuna elemosina, solo la possibilità di lavorare nel rispetto della salute pubblica e della legge.

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Maria Novella De Luca