Emilia Romagna in prima linea: pronta al ricorso contro decreto Sicurezza

Un segnale di speranza si leva dall'Emilia Romagna, prima regione a prendere posizione contro il Decreto Legge recentemente firmato dal Presidente della Repubblica, un provvedimento che rischia di affossare il settore della canapa in Italia
Con una risoluzione votata il 16 aprile da tutta la maggioranza, l’Assemblea legislativa ha chiesto alla Giunta di attivarsi urgentemente per fermare la conversione del provvedimento e, qualora ne sussistano i presupposti, di ricorrere alla Corte costituzionale. Una decisione importante che rappresenta un atto di ribellione contro una misura percepita come repressiva e dannosa per un comparto economico in crescita.
Il testo, a prima firma Paolo Trande (AVS – Coalizioni civiche – Possibile), è stato presentato insieme ai colleghi di gruppo Simona Larghetti e Paolo Burani e al consigliere Giovanni Gordini (Civici), e critica duramente il decreto, sottolineando come esso rappresenti un ulteriore passo “in un consapevole percorso di criminalizzazione e repressione del dissenso da parte del Governo”, che, di fronte a “instabilità e malcontento, al disagio sociale e alla marginalità, risponde col carcere”.
Questo atto di coraggio getta luce anche sulla situazione allarmante provocata dall'articolo 18 del Decreto, che colpisce duramente il settore della canapa industriale e minaccia di soffocare un settore che, nonostante le difficoltà, è ormai emerso come un'opportunità di sviluppo sostenibile per il Paese. L'Emilia Romagna, con la sua iniziativa, si fa portavoce delle preoccupazioni di migliaia di lavoratori, agricoltori, imprenditori e consumatori che vedono in questo provvedimento che, vieta la produzione e la vendita delle infiorescenze, pur prive di qualunque effetto psicoattivo, una condanna ingiusta.
Il cuore del problema risiede nell'apparente disinteresse del governo verso l'indotto economico di oltre 2 miliardi generato dalla filiera della canapa, con più di 20mila persone che lavorano nel settore, come dimostra lo studio voluto da Canapa Sativa Italia e realizzato da MPg Consulting sull'impatto economico e le proposte di regolamentazione per la canapa a uso inalatorio. Un settore che non solo crea posti di lavoro, ma che rappresenta anche un'eccellenza in termini di innovazione agricola, sostenibilità ambientale e sviluppo di nuovi prodotti. Dalla bioedilizia al tessile, dagli alimenti ai cosmetici, la canapa offre un ventaglio di possibilità che rischiano di essere sacrificate sull'altare di una politica miope e ideologica.
"Bene che l’Emilia-Romagna sia la prima a ricorrere", ha dichiarato Luca Marola, portavoce dei coltivatori e commercianti di cannabis light, sottolineando che la canapa è parte della storia del territorio.
Sotto accusa anche l'impatto sul settore della cannabis light:
"Dalla sera alla mattina, 2.000 aziende agricole e oltre 2.000 attività commerciali sono diventate, di fatto, narcotraffico", denuncia ancora Marola, pur in assenza di effetti droganti nel prodotto.
"Il disprezzo per 20.000 lavoratori in tutta Italia, e altri nell’indotto, si nota anche dal fatto che non è stato previsto nemmeno lo smaltimento delle scorte".
Le conseguenze del decreto, se dovesse entrare pienamente in vigore, quindi, sarebbero devastanti. La chiusura di attività legali, la perdita di posti di lavoro, l'aumento del mercato nero e la dispersione di un patrimonio di competenze e investimenti rappresentano solo alcune delle ombre che si addensano sul futuro della canapa in Italia. Sono tanti gli aspetti che preoccupano ma per fortuna c’è una rete che sta dicendo no.
Per Martina Solidoro, attivista della rete contro il decreto, è "fondamentale che da qui parta un’azione contro l’intero provvedimento e contro la deriva autoritaria del Governo".
L'iniziativa dell'Emilia Romagna rappresenta un faro di speranza in un momento buio. Il ricorso alla Corte Costituzionale sarebbe un appello alla ragione, un tentativo di far valere il diritto di un settore che ha dimostrato di poter contribuire alla crescita economica e sociale del Paese.
La valutazione dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, scrive l’agenzia Dire, è stata accolta favorevolmente anche dalla vicesindaca di Bologna Emily Clancy, che ha espresso “grande soddisfazione. È un atto politico e istituzionale di grande importanza, che riafferma la necessità di tutelare i diritti fondamentali e di contrastare ogni deriva repressiva e autoritaria”.
Oltre ad appellarsi ai Presidenti delle Camere perché il decreto non sia convertito in legge, il documento impegna anche la Giunta regionale a valutare se le norme intervengano su materie di competenza regionale, come lo sono ad esempio le politiche agricole, o comunque su “i principi e le disposizioni fondamentali della Costituzione”, al fine di elaborare un ricorso alla Corte costituzionale.
"Si apre così una nuova possibile strada di conflitto nei confronti della stortura messa in atto dal Governo, che, sottraendo al Parlamento norme che erano pronte per essere approvate, ha dimostrato la propria incuranza dei principi democratici" spiega Leonardo Fiorentini in un articolo sull'Unità del 18 aprile.
"Vedremo se altre regioni percorreranno la strada emiliano-romagnola. Altre questioni di legittimità costituzionale saranno probabilmente presto sollevate incidentalmente nei tribunali. Una prima eccezione è già stata presentata a Milano, per due casi di resistenza a pubblico ufficiale a cui è stata applicata la nuova aggravante introdotta dal decreto".
La battaglia per il futuro della canapa è appena iniziata. La mobilitazione delle istituzioni, degli operatori del settore e della società civile sarà fondamentale per scongiurare una repressione che non solo danneggerebbe l'economia, ma priverebbe l'Italia di un'importante opportunità di sviluppo sostenibile. Il futuro della canapa, e di migliaia di lavoratori, dipende ora dalla capacità di far sentire la propria voce e di far valere i propri diritti.
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