“Bisogna tornare alla pianta nella sua integralità”. Intervista al Dott. Lorenzo Calvi

Fabrizio Dentini
14 May 2025

Il Dottor Lorenzo Calvi, specialista in anestesia, terapia antalgica, etnofarmacologia e fitoterapia, ha prescritto cannabis per la prima volta nel 2007. Dal quel momento ha seguito migliaia di pazienti ed oggi ascoltiamo il suo punto di vista sulla situazione della cannabis terapeutica in Italia


SS: In passato i pazienti hanno spesso sofferto l'interruzione delle forniture, com'è andato il 2024?
Sarà che il posto di direttore dell'Ufficio Centrale Stupefacenti è vacante, ma la situazione è più stabile e non, come in precedenza, che arrivati al mese di ottobre non si trovava più cannabis. Adesso la cannabis c'è, credo anche in sovrabbondanza, nel senso che non ho più sentito una farmacia dirmi di non aver più magazzino.

SS: Quali sono le genetiche dal lei più prescritte?
Bedrocan, Bedica, Bediol [Ndr. Olandesi] e Linneo [Ndr. canadese].

SS: Nemmeno una genetica italiana insomma...come giudica il nostro sistema alla prova degli anni?

Se dovessi dare un giudizio sulla situazione italiana è di totale delusione. Quando ho cominciato ero da solo e mi sono dovuto inventare tutto: come fare il metodo, come fare l'estrazione, come somministrare al paziente. La fase clinica insomma. Grazie agli strumenti, quindi, che ho studiato apposta, ho creato la clinica che in quell'epoca mancava perché nessuno dava la cannabis ai pazienti, se non in condizioni sperimentali. Comunque, lo dico da venti anni, il problema è che la farmaceutica spezzetta la pianta in tutti suoi componenti.

SS: Cosa vuole dire?
Si prende la pianta e si isolano le sostanze che la compongono, per vedere se hanno un significato medicinale dal punto di vista biologico e fisiologico. Corretto nel momento in cui eseguo una ricerca. Però ci si dimentica che l'applicazione clinica è differente dalla ricerca scientifica. Quello che importa nella fase clinica e, quindi alle persone che trattiamo, è il risultato. Devo lenire un sintomo, devo cambiare una situazione di sofferenza fisica. Con la cannabis, infatti, l'effetto clinico che da il risultato è dato dalla sinergia dei componenti e non dalla loro azione separata. Per questo bisogna tornare alla pianta nella sua integralità perché se la spezzettiamo, ne inficiamo l'efficacia e mi serviranno più gocce e più prodotto per avere, nella pratica, lo stesso effetto.

SS: E invece che succede?
Al giorno d'oggi i miei colleghi fanno prescrizioni per il THC o per il CBD e non una prescrizione della pianta di canapa. Questa parcellizzazione dei componenti ne mortifica profondamente le potenzialità mediche. È una stortura italiana.

SS: Ma cosa intende con stortura?
Che oggi si acquista il THC o il CBD attraverso delle brodaglie universali già pronte. Si sta passando al non voler più il fiore per semplificare la vita al farmacista, al Ministero e tutti i burocrati che preferiscono avere dei prodotti già pronti ed eventualmente mescolarli poi fra loro, come se ci fosse un olio al THC o al CBD universali che possano abbracciare tutte le patologie.

SS: Sta dicendo che i vari oleoliti in commercio non sono full spectrum, ma estratti di un singolo cannabinoide?
Senz'altro dovrebbero essere full spectrum, ma, nella pratica e li ho provati tutti, il risultato clinico è che funzionano davvero poco e quindi devo aumentare talmente la dose che alla fine diventa poco conveniente. Allo stesso tempo si sta perdendo il senso di fare una medicina con la pianta di
cannabis nella sua integralità. Da una parte c'è il mondo del CBD dove non si può usare assolutamente il THC e quindi si è creato una sorta di “mercato nel tempio”. Una sorta di commercializzazione totale di tutti i gusti possibili immaginabili, ma senza reale caratterizzazione.
Tra l'altro a volte i prodotti che trovo nei canapai sono anche validi, perché prodotti tramite estrazioni ben eseguite su piante di qualità. Ma se voglio sapere di quale pianta si tratta non è dato saperlo e quindi non è dato riprodurlo.

SS: Che paradosso, non crede?
Certo, perché frequentemente presso i canapai trovo prodotti buoni perché hanno rispettato la pianta nella sua interezza, mentre quelli che acquisto in farmacia hanno un'efficacia relativa. Questi sono pasticci italiani perché manca una vera cultura della clinica medica. Al contrario, possiamo trovare i
più svariati servizi collaterali a questo contesto.

SS: Cosa intende?
C'è chi vende la ricetta con il THC, chi la spedisce a casa così puoi guidare il motorino, chi fotocopia la ricetta col THC, così puoi mostrarla alle forze dell'ordine in caso di controllo...tutte queste opportunità, dietro, non hanno nessuna logica clinica. Sono servizi che portano avanti il mercato, ma che hanno inquinato la volontà di fare medicina con la cannabis perché manca un punto di unione, una scuola condivisa. Ognuno si butta nel libero mercato, ma in maniera deleteria e questo ci allontana dal risultato clinico che è l'unica cosa che dovrebbe interessare al medico.

 

SS: Ha mai prescritto le genetiche italiane?
La Fm1 non ho mai avuto l'onore di vederla. Ho visto una volta la Fm2 perché me l'aveva portata un paziente ed effettivamente, quando mancava il Bediol, ho provato a prescriverla. Ma per come si presenta, macinata, è un prodotto adatto solo per l'estrazione, quindi la colpa non è nemmeno di chi
la coltiva. Credo che i militari non dovrebbero rovinarla dopo la raccolta.

SS: Quando è stata l'ultima volta che ha prescritto Fm2?
Direi che quando è uscita l'avrò prescritta tre volte per vedere come funzionava, ma dopo averla provata non l'ho più prescritta.

SS: Le sue parole confermano il perché a Firenze i magazzini sono pieni di Fm2 che nessuno prescrive, che frustrazione...
Il punto è che quando questa genetica mancava i farmacisti ed i medici si sono fatti la mano sul Bediol. Quindi adesso continuano a prescrivere un medicamento che conoscono meglio e che funziona. Credo anche che i militari, arrivati a un certo punto, debbano gettare quanto prodotto senza essere venduto e quindi in scadenza. A questo punto conviene non produrla più visto che possiamo contare su un prodotto che compriamo a 87 centesimi e che viene rivenduto a 12 euro. Se la scadenza è annuale, come da Master File, se la tengo in magazzino per 12 mesi perché non ci sono prescrizioni, il prodotto scade. A quel punto le possibilità sono due o la bruciano, con tutti i costi connessi allo smaltimento di una sostanza stupefacente, oppure fanno le analisi e se i principi attivi sono ancora stabili, ne confermano la validità per un periodo successivo.

SS: Cioè la rititolano?
Esatto.

SS: In teoria il progetto era sostituire i produttori esteri, purtroppo dal 2017 ad oggi seppur il Ministero abbia autorizzato lo Stabilimento a produrre 2.550 kg di cannabis, i militari sono riusciti a produrne meno di 900 chili. Come giudica questi numeri?
Intanto, il punto è che le genetiche estere, penso al Bedrocan, non dovrebbero comunque mai essere eliminate dal mercato, perché sono piante che conosciamo e alle quali molti pazienti sono legati per i loro riscontri positivi. Poi, a fronte di questi dati, è evidente che se produco meno del previsto, ma
quanto produco mi resta in magazzino, il Ministero può sempre affermare di aver fatto la sua parte. Quello che sarebbe interessante sarebbe sapere che percentuale di mercato ha l'unica genetica prodotta in Italia. Sarebbe una maniera concreta di capire in che misura il progetto made in Italy stia o non stia funzionando. Bisognerebbe anche fare un ragionamento da Corte dei Conti, facendo i conti in tasca allo Stato.

SS: In che senso?
Nel senso, quanto spendono i militari per produrre la Fm2 che non vendono? Chi è responsabile di questo cortocircuito? Qualcuno deve pagare o solo i contribuenti? Ma soprattutto, questo progetto nasceva per fornire un'alternativa e quindi per diminuire i costi d'importazione dei farmaci prodotti
all'estero, adesso che l'alternativa prodotta, di fatto, non interessa al mercato, che conclusioni vogliamo trarre?

SS: Come valuta la politica di prezzi delle genetiche italiane?
Il costo è tenuto alto dalle regole che abbiamo in Italia. Perché devo comprare il Bedrocan in Olanda a 4,5 euro e qui lo devo compare a 13 euro? Perché è stato fissato il prezzo dal Ministero? Perché il Linneo viene comprata a 87 centesimi al grammo e viene venduta A 12 euro? Chi è il più
furbo? Chi è lo spacciatore? Lo Stato che compra al minimo possibile e vende al massimo possibile? L'altra stortura folle è che se prendo una pianta e devo fare un'estrazione devo aggiungere 60 euro di analisi, per una decisione fuori da ogni logica imposta dal Decreto Ministeriale del 2015.
Una tassa aggiuntiva che il paziente deve pagare per entrare nel sistema.

SS: Perché fuori da ogni logica? Non è importante sapere cosa contiene l'estratto?
Perché se io prescrivo l'olio già pronto di cui sopra, non ho necessità di questa tassa e quindi si ha solo l'illusione di risparmiare. Peccato che poi se ne debba usare una quantità talmente alta che il risparmio è inficiato. E chi ci guadagna? La casa farmaceutica.

SS: Ma perché tutte queste criticità?
Quando prescrivono il THC o il CBD significa che i medici non capiscono nulla. Nella canapa bisogna proporre terapie personalizzate, ascoltare i pazienti, cosa che ormai non fa nessuno.
Bisogna sentirli nel corso della terapia per comprendere i risultati ed, eventualmente, aggiustare il tiro fino a quando non si trova un equilibrio e si procede a richiedere un piano terapeutico a carico del SSN. In quel momento, come medico privato, perdo il paziente, ma l'importante è che questi
abbia trovato un beneficio concreto e, tanto meglio se riusciamo a fargli mutuare la terapia perché a me non interessa mungere i pazienti. Sai in quanti mi hanno proposto ti porto un X numero di pazienti e tu mi dai la percentuale sui pazienti che ti porto?

SS: Cosa ha risposto a queste proposte?
Che i pazienti non sono figurine, ma persone in stato di necessità.

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Dott. Lorenzo Calvi. Foto Maria Novella De Luca
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Fabrizio Dentini