Rami nella cannabis medica: "Paghiamo anche gli scarti"
Cosa succede quando un paziente, con regolare ricetta medica torna a casa e aprendo le cartine appena acquistate in farmacia con la terapia scopre che non corrispondono, per peso, a quanto gli spetterebbe? Cosa succede se mischiati con i fiori trova rametti e scarti di cannabis sminuzzati?
Succede che si sente truffato.
E a truffarlo non è uno spacciatore incontrato per strada ma è lo Stato.
Sì, perché i pazienti con la cannabis curano dei disturbi seri e per farlo hanno ricevuto una diagnosi del medico, un piano terapeutico e una regolare ricetta medica che gli permette di recarsi ogni mese in una delle farmacie galeniche autorizzate e acquistare, spesso a loro spese, la terapia.
E invece nel nostro paese, oltre a mancare, spesso, la materia prima, i pazienti lottano anche per riceverne la giusta quantità.
È quello che è accaduto ad Alfredo e a Giacomo due pazienti italiani che vivono rispettivamente a Catania e a Roma.
“Questa che mostro nelle foto è la truffa che denuncio nella fornitura di cannabis Bedrocan...La mia terapia prevede 90 grammi di infiorescenze di cannabis sativa al 22% di THC (3 gr al giorno). Invece ho trovato 7 grammi di rametti, 3 grammi di “minuzzaglia” o meglio scarti che neanche gli spacciatori usano, perché temono di perdere clienti”.
È quello che ci racconta Alfredo Ossino che cura con la cannabis una patologia al tratto cervicale che gli è stata curata per anni con oppiacei. Trovando giovamento con la cannabis per molto tempo si è rivolto al mercato nero ma finalmente nel 2021 ha ottenuto un primo piano terapeutico e oggi può acquistare in farmacia la sua terapia.
Una terapia che, come scritto sul certificato, prevede 90 grammi al mese, ma di fatto gli accade di riceverne una quantità inferiore ormai quasi sistematicamente da circa un anno.
Quella che Alfredo chiama minuzzaglia è quanto resta nel fondo dei sacchetti della fornitura della farmacia e purtroppo non ha la stessa forza terapeutica del fiore. Questi scarti, come ci spiega, potrebbero essere aggiunti impropriamente per ottenere il peso esatto che la ricetta prevede, e risparmiare dei fiori su ogni preparato. Ma questo non è giusto per i pazienti la cui terapia andrebbe calcolata al netto degli scarti inutilizzabili.
“I grammi in meno si ripercuotono sul mio stato di salute fisico ed economico, quindi, visto che la terapia non basta, sono costretto ad acquistare cannabis con certificazione privata a pagamento presso un’altra farmacia. Nel caso non fosse possibile per indisponibilità della farmacia, per avere continuità terapeutica, sono costretto a rivolgermi al mercato nero di strada, con tutti i rischi connessi alla scarsa qualità del prodotto e contribuendo ad alimentare la criminalità organizzata”.
Ed è proprio questo il rischio, che oltre a sentirsi truffato, il paziente dovrà tornare per strada, lì dove non è garantita la qualità del prodotto, lì dove non vorrebbe più tornare perché ha faticato per ottenere una ricetta, perché ha lottato per arrivare a un piano terapeutico personalizzato, perché dopo anni costretto a nascondersi, ad avere paura delle forze dell’ordine o del giudizio degli altri, ottenere quel foglio che legalizza la sua scelta di curarsi con la cannabis, significa per Alfredo e molti altri pazienti, riconquistare la libertà e la dignità.
È così anche per Giacomo che con la cannabis cura da un anno il disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso, comprandola a sua spese perché purtroppo il suo disturbo nella regione Lazio, dove vive, non è rimborsabile.
“Pago di tasca mia un farmaco per un disturbo cronico e in più mi truffano con rametti nelle bustine da 1 grammo che non potrò utilizzare. Andrò all’ospedale a chiedere spiegazioni” ci racconta.
Questi rametti hanno un peso, un peso che si ripercuote in termini economici non solo sui pazienti che pagano di tasca loro il farmaco, ma anche sullo Stato che paga a caro prezzo il Bedrocan importato dall’Olanda. Ma è un peso che si ripercuote in maniera negativa anche sull’aspetto terapeutico di ogni singolo paziente.
Eppure in In Italia, il ricorso alla cannabis per uso terapeutico è consentito dalla legge ormai dal 2006 quando ancora non si produceva nel nostro paese e veniva importata dall’Olanda. Da dicembre 2016, invece, sono entrati in commercio i primi lotti di cannabis per uso terapeutico interamente prodotti in Italia, nello stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, in seguito a un progetto pilota del Ministero della Salute in collaborazione con il Ministero della Difesa. Da luglio 2018, inoltre, è disponibile anche la varietà FM1, (contenente THC in concentrazioni dal 13% al 20% e CBD in concentrazioni <1%). Ma ad oggi la sola fornitura italiana risulta insufficiente a rispondere alla crescente domanda dei pazienti.
La produzione, la preparazione, la distribuzione alle farmacie, la commercializzazione e la dispensazione ai pazienti della cannabis per uso terapeutico sono severamente regolamentata dalla legge che prevede che può essere prescritta con i costi di approvvigionamento a carico del paziente, da un qualsiasi medico per qualsiasi patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata. La ricetta deve essere di tipo non ripetibile e deve riportare tutti i dati relativi alla preparazione magistrale del farmaco, come dose, posologia, modalità di assunzione e durata del trattamento che non deve essere superiore ai tre mesi.
Il prezzo dipende dal tipo di farmaco o di preparato prescritto.
Per quanto riguarda la rimborsabilità dei farmaci, invece, la prescrizione di cannabis (DM 9/11/2015) è limitata al suo impegno nel «dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette».
L’applicazione di questo Decreto, come sappiamo, è competenza dei singoli Sistemi Sanitari Regionali, e questo è il motivo per cui spesso assistiamo a grandi disparità di accesso ai cannabinoidi medici tra pazienti di Regioni diverse.
Se oltre a tutto questo aggiungiamo quanto portano alla luce Alfredo e Giacomo, ci rendiamo conto di quanto in Italia sia messo davvero a dura prova un paziente che decida di curarsi con la cannabis.
Un uso consentito dalla legge ma osteggiato dalla burocrazia, da interessi economici e dall'incapacità dello Stato di stare dalla parte di chi soffre.
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