La vera storia di un agente antidroga. Video intervista a Alfredo Ossino
Alfredo Ossino è un ex maresciallo capo della guardia di finanza, congedato d’ufficio nel 2007, quando aveva 43 anni, per patologia al tratto cervicale dipendente da causa di servizio
Per 7 anni i medici gli prescrivono oppiacei i cui effetti collaterali, però, lo riducono in fin di vita.
Alfredo, cerca un'alternativa e chiede ai medici di utilizzare la cannabis per il controllo del dolore cronico, ma trova solo una grande disinformazione e un forte stigma nei confronti della cannabis.
Così, non avendo alternative legali, per spirito di sopravvivenza, si rivolge al mercato nero.
La cannabis gli salva la vita, “Oggi ho 59 anni e sto benissimo grazie alla cannabis” ci dice quando lo incontriamo al Canapa Caffè di Roma, durante una delle presentazioni del suo libro con cui sta girando l’Italia.
Cannabis la vera storia di un’agente antidroga (Edizioni Effetto) è il titolo del libro in cui, raccontando minuziosamente la sua storia, denuncia quelle che sono vere e proprie violazioni di legge da parte dello Stato italiano nei confronti dei pazienti.
“Mi hanno congedato perché hanno sbagliato la terapia. Già nei 18 mesi prima del congedo, sono stato tenuto in aspettativa, a pieno stipendio. La cannabis l’avrei potuta già assumere durante l’aspettativa. Invece la sanità pubblica mi ha prescritto sempre oppiacei, come il Contramal, il Toradol o altri farmaci. Non demonizzo gli oppiacei, ma utilizzarli a lungo per controllare il dolore, almeno nella mia esperienza, è stato fallimentare” ci racconta in questa video intervista in cui abbiamo cercato di ripercorrere le tappe del suo calvario.
Nel 2021 ottiene finalmente il primo piano terapeutico, non dalla sua Asl di appartenenza, quella di Catania, bensì dall’ospedale di Taormina, appartenente alla Asp di Messina che in quell’anno, quando la Regione Sicilia aveva avviato le convenzioni con le farmacie, era l’unica ad essere operativa. Questo indubbiamente è un'importante conquista per Alfredo ma significava anche affrontare 2000 km l’anno per ricevere il suo piano terapeutico.
Dopo anni costretto a nascondersi, ad avere paura delle forze dell’ordine o del giudizio degli altri, ottenere un foglio che legalizzi la sua scelta di curarsi con la cannabis, è in effetti, un grande passo avanti. Significa riconquistare la libertà e soprattutto la dignità. Almeno questo è quello che crede Alfredo. Ma purtroppo, non è così. Ancora oggi, infatti, è costretto a constatare che non è cambiato nulla.
“Come mi nascondevo prima, per usufruire della terapia, ancora oggi sono costretto a nascondermi, pur avendo una certificazione in tasca. Perché le persone non sanno nulla oppure sono plagiate dalla propaganda proibizionista del governo, senza ragione”. E senza ragione Alfredo è ancora costretto a nascondersi.
E purtroppo, come vediamo anche nel video, Alfredo non è l'unico, molti pazienti si trovano a vivere le sue stesse difficoltà e gli scrivono per avere consigli. Per questo, oggi Alfredo è diventato un vero attivista che gira l’Italia presentando il suo libro, cercando di aiutare quanti come lui si trovano a dover combattere l'ignoranza, la burocrazia e la disorganizzazione di un sistema sanitario ancora incapace di assistere coloro che scelgono la cannabis come terapia. “Da quando ho scritto il libro faccio un po’ da punto di riferimento. Ho aiutato tante persone che non conosco, ho messo in contatto pazienti e medici, perché quello che non fa lo Stato, lo deve fare il singolo o le associazioni".
La disinformazione e la discriminazione si ripercuotono, purtroppo, nella vita di tutti i giorni di molti pazienti, soprattutto nella loro dignità e libertà, appunto. Se lo Stato italiano autorizza l’uso della Cannabis medica, dovrebbe anche garantire la continuità terapeutica, dovrebbe pretendere dai medici maggiore informazione, dovrebbe stare accanto a tutti quei pazienti che l’hanno scelta e non abbandonarli in un mare di beghe burocratiche, nell’assenza di farmaco solo per chiusura mentale.
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