Ex Finanziere ora pro Cannabis: "Mi ha salvato la vita"

Marco Ribechi
11 May 2023

Alfredo Ossino ha prestato servizio per 30 anni nella Guardia di Finanza fino a quando ha iniziato a soffrire di una grave patologia che gli impediva anche i movimenti più ordinari. Un calvario durato anni fino a quando ha scoperto la Cannabis terapeutica: “Sono rinato, lo Stato deve capire che può salvare molte vite come la mia, ero giunto al capolinea”. La sua storia raccontata nel libro : “Cannabis la vera storia di un agente antidroga"


Da agente del Gruppo Operativo Antidroga di Roma ad attivista per i diritti della Cannabis terapeutica. Può succedere quando si vive sulla propria pelle i benefici di una terapia salvavita, che ti porta dall’inferno ad una nuova rinascita.

È la storia di Alfredo Ossino, 59enne, nato a Genova, ma vissuto a Catania. 30 anni di servizio nella Guardia di Finanza ed oggi attivista che gira l’Italia presentando il suo libro fresco di pubblicazione (data ufficiale 15 maggio) "Cannabis la vera storia di un agente antidroga", dove racconta con dovizia di particolari le violazioni di legge perpetrate dallo Stato italiano verso i pazienti in Italia.

«Ero diventato uno zombie, non riuscivo a muovermi, non potevo fare le scale, portare pesi o anche fare dieci metri senza restare piegato dal dolore. Non uscivo più di casa a causa del dolore lancinante che provavo - spiega Ossino - oggi sono rinato, a piedi percorro 30 chilometri al giorno, salto la corda, non mi fermo un attimo. La Cannabis mi ha permesso di tornare a vivere ma lo Stato ancora è negazionista verso le infinite testimonianze di medici e pazienti che ne attestano l’efficacia terapeutica. Devono essere difesi i diritti dei pazienti e denunciati i discrimini dello Stato perpetrati al settore della Canapa industriale e delle rivendite di Cannabis light, che si ripercuotono a danno dell’economia italiana». 

La prima vita di Alfredo, prima della malattia, era completamente assorbita dagli impegni di lavoro nella Guardia di Finanza. «È sempre stato un mio desiderio fin da quando ero bambino - racconta Alfredo – sono entrato nelle Fiamme Gialle a 17 anni con l’autorizzazione dei miei genitori. A 18 anni nel reparto di istruzione per Finanziere di Rovigo (Primo Corso Piave) e poi, secondo le esigenze di servizio, in diversi reparti operativi tra cui il Gruppo Operativo Antidroga di Roma con sede al Nucleo Centrale di Polizia Tributaria di Roma e Napoli dove contrastavamo droga, armi, contrabbando di sigarette e tantissimo altro ancora. Una realtà estrema e molto pericolosa, che non scorderò mai».

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A causa del servizio operativo Ossino fa uno stile di vita molto impegnativo e faticoso che poi causerà la patologia: «Dormivamo in strada, in auto. Le condizioni di vita erano a volte pessime. Non esisteva vita privata. La gente lo ignora ma ci sono oltre 60 suicidi l’anno tra Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Carabinieri, Forestale e Polizia Penitenziaria e anche nell’Esercito Italiano. 60 suicidi all’anno significa più di 4 suicidi al mese, abilmente occultati all’opinione pubblica. Nel mio caso è subentrata una stenosi acquisita alla cervicale, provocando una marcata negativa incidenza funzionale al tratto cervicale, in pratica le ernie fuoriuscite dalla loro sede, comprimevano il midollo osseo e le radici nervose, provocando fortissimo dolore e addormentamento agli arti. All’inizio, nel 2001, non mi sembrava una patologia grave, poi, giorno dopo giorno, mi ha distrutto la vita». 

Nel 2006 la Commissione Medico Militare lo pone in aspettativa per tre mesi per patologie dipendenti dal servizio ma ormai è troppo tardi, la situazione continuerà a peggiorare.

«Nel 2007, dopo 18 mesi di aspettativa, sono stato congedato perché avevo addirittura difficoltà a maneggiare in sicurezza l’arma d’ordinanza - spiega Ossino - avevo un deficit algo-funzionale del rachide in toto, è scritto nei referti. Nel 2012, chiamato nuovamente a visita presso la Commissione Medico Militare, risulta che ero afflitto da discopatie multiple a livello dorso – lombo – sacrale ad incidenza medio lieve e segni clinici di radicolopatia periferica, sempre dipendenti dalla causa di servizio. Via via stavo perdendo le mie funzioni motorie. Non riuscivo a camminare, ero emarginato, sono caduto in depressione, nella solitudine, la notte non dormivo. La mia vita era finita. Ho trascorso sei anni guardando la morte in faccia, per i tremendi effetti collaterali dei farmaci oppiacei che mi venivano prescritti e somministrati dai medici, che nel mio caso, non mi davano alcun giovamento, anzi, oltre a non alienare il dolore mi portavano a una forte depressione e intossicazione da farmaci. Nel mio caso, quei farmaci andrebbero cancellati dalla faccia della terra». 

Nel 2013, fallita la terapia conservativa della patologia, si sottopone all’intervento chirurgico con l’innesto di due protesi al tratto cervicale. Il problema delle stenosi acquisite e delle parestesie agli arti era risolto ma restava il dolore cronico neuropatico che avrebbe dovuto combattere per tutta la vita con dei farmaci oppiacei totalmente inefficaci verso il dolore, contribuendo solo ad aggravare la sua situazione generale di salute fisica e mentale.

«Ovviamente conoscevo la Cannabis per motivi di servizio ma non mi ero mai avvicinato ad essa da un punto di vista terapeutico - prosegue Ossino - informandomi scopro che poteva aiutarmi, non avevo più altre opzioni e lo spirito di sopravvivenza prevalse su tutto e tutti. Prendo la decisione di provare la Cannabis per vedere gli effetti sul dolore neuropatico. Da allora, da quando ho iniziato a curarmi con la Cannabis la mia vita è immediatamente rifiorita. Da allora, ovvero a metà dell’anno 2013, non ho più avuto bisogno di altri farmaci, sono forte e senza il dolore neuropatico. All’inizio ero costretto a rivolgermi al mercato nero, la mia famiglia era contraria ma in me lo spirito di sopravvivenza era ancora più forte».

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La critica di Ossino è rivolta senza alcun dubbio allo Stato: «Le forze dell’ordine eseguono dei comandi, non hanno e non dovranno mai avere il libero arbitrio di interpretare le leggi. È Una garanzia per tutti. Se lo Stato italiano con legge 9 novembre 2015 autorizza le 20 regioni d’Italia all’uso della cannabis medica, perché da allora, come previsto nella legge, non forma e informa i medici di base di tutta Italia? Se lo Stato italiano autorizza l’uso della Cannabis medica, perché sistematicamente dal 2015 ad oggi, non garantisce il fabbisogno nazionale? Perché bisogna lasciare i pazienti nel dolore solo per chiusura mentale? La Cannabis mi ha salvato, da subito ho sentito i benefici, un rilassamento fisico e mentale. In soli tre o quattro mesi ho avuto risultati sorpendenti ma a causa della propaganda proibizionista verso la Cannabis le persone mi vedevano di cattivo occhio, anche quelle a me vicine. Pensavano fossi uno sballato, si chiedevano come potessi farne uso dopo un passato nella Guardia di Finanza. Ma io vedevo i risultati sul mio fisico e quindi andavo avanti». 

Fino al 2020 Ossino è stato costretto a pagare la terapia di tasca propria, sopportando elevati costi di circa 400 euro o più al mese.

«Rifornirsi con il sistema pubblico in alcuni luoghi d’Italia è un’odissea - continua Ossino - i medici sono disinformati, le forze dell’ordine sono disinformate, la società tutta è disinformata e chi si cura con la Cannabis viene visto come uno sballato. Non esistono spazi per usare la terapia in libertà e si ledono i diritti costituzionali, tra cui quello alla dignità e la libertà di movimento. Lo Stato mantiene lo stigma verso il THC e, non valuta, come dovrebbe, gli effetti terapeutici. Ma non solo terapeutici, perché lo stigma di Stato è anche rivolto a tutto il settore della Canapa industriale e le rivendite di Cannabis light, mantenendo loro una roulette russa puntata alla tempia. Non esistono linee guida per le forze dell’ordine. Ad esempio la mia prescrizione da piano terapeutico emesso da ospedale pubblico è di tre grammi al giorno di infiorescenze al 22% di THC, questo mi permette di non sentire il dolore, di vivere una vita dignitosa. Resta il fatto che non esistono spazi pubblici ove usufruire della terapia e quindi ad un eventuale controllo delle forze dell’ordine, sono costretto a giustificare il possesso di Cannabis e la positività al THC, quindi a mostrare la prescrizione medica, a spiegare i miei fatti privati, e nel caso di pattuglia disinformata alla Cannabis medica o nel caso io dimenticassi il certificato a casa, scatterebbero il sequestro della patente, la segnalazione alla Prefettura o anche perquisizioni personali e locali. Il contrasto alle sostanze stupefacenti è uno specchietto per le allodole, non si ottengono risultati e ha dei costi enormi sia in termini di risorse umane sia in termini di risorse economiche. Un totale fallimento. Serve uno Stato che capisca, non che punisca alla cieca. La cannabis è un prodotto naturale, un salvavita che deve essere divulgata in tutta la società. Per questo ho deciso di raccontare la mia storia in un libro che inizierò a portare a più gente possibile come testimonianza».

 

Il 22 maggio Alfredo Ossino sarà ad Altavilla Micilia (PA), presso l’azienda BioWeed Sicilia, mentre il 23 e 24 maggio sarà a Cosenza al Festival Calabria in fiore. Il 17 giugno invece sarà la volta di Milano presso l’Associazione The Hemp Club Milano.

 

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Marco Ribechi