Cannabis e salute mentale: intervista al Dott. Carlo Privitera
Nel mondo delle applicazioni terapeutiche della cannabis il rapporto fra questa e la salute mentale è spesso fonte di discordia. Da una parte chi sostiene, con ragione, che la cannabis possa slatentizzare situazioni pregresse di schizofrenia (soprattutto in soggetti giovani) e, dall’altro, chi sostiene, altrettanto giustamente, che questa pianta sia un’ottima alleata anche e soprattutto nella terapia psichica e di sostegno al paziente con problematiche mentali complesse.
Oggi abbiamo deciso di fare chiarezza insieme al Dott. Privitera del progetto MediCOmm per ascoltare il punto di vista di un medico in prima linea nella prescrizione di terapie a base di cannabis.
SSIT: Grazie alla sua sensibilità professionale ed al suo progetto di medicina teleassistita lei ha visitato migliaia di pazienti. Quanti si sono rivolti a lei per problemi psicologici?
Le indicazioni di intervento con la cannabis riguardano in particolar modo il trattamento di malattie croniche e cronicodegenerative. Dal punto di vista della Psico - Neuro - Immuno - Endocrinologia (PNEI) qualsiasi condizione cronica determina un impegno dell'asse psichico. Un paziente con dolore cronico o malattia di Parkinson, ad esempio, mostra i sintomi tipici della sindrome ansioso–depressiva. In questi casi, la cannabis, soprattutto il CBD, pone in essere il suo potenziale farmacologico multisistemico, comportandosi come uno stabilizzatore dell'umore, oltre che esercitando la propria azione immunomodulatoria e neuroprotettiva. Un'altra coorte di pazienti ci contatta per richiedere aiuto nella gestione di una sindrome ansioso-depressiva, ma in assenza di malattie organiche. Dopo una valutazione psicologica, viene intrapreso un percorso multidisciplinare (medico e psicologico) che porta ad un miglioramento globale della qualità di vita, grazie all'azione dei cannabinoidi sui centri sottocorticali dell'umore. I pazienti con disturbi psichiatrici maggiori vengono selezionati sulla base di una valutazione multidisciplinare che viene estesa anche al tessuto di supporto al paziente (dalla famiglia alla comunità più prossima). Questa selezione si rende necessaria soprattutto per il fatto di dover essere certi di un monitoraggio ed un controllo attivi e costanti, data la complessità clinica di questi quadri patologici alla quale si aggiunge la complessità d’interazione farmacologica che si viene a determinare.
SSIT: L’applicazione della cannabis nel campo della salute mentale lascia spazio a numerosi interrogativi dovuti alla specificità del medicamento ed alla sua necessaria personalizzazione. Utile nel trattamento dello PTSD, dell’ansia, per il trattamento dell’appetito e del sonno, ma anche possibile foriera di slatentizzazioni schizofreniche in pazienti predisposti. Come ottimizzare un medicamento tanto potente e tanto versatile?
Nel paziente psichiatrico, la funzionalità del Sistema Endocannabinoide è compromessa e, di conseguenza, la sua risposta agli stimoli interni ed esterni. Il reintegro dei fattori (gli endocannabinoidi) attraverso l'utilizzo di fitocannabinoidi (i cannabinoidi che otteniamo dalla pianta) non rappresenta, tuttavia, un rimedio completo, quanto, piuttosto, un ausilio per il paziente e per i sanitari che lo hanno in cura, infatti, attraverso un approccio equilibrato ed integrato, è possibile migliorare gli aspetti cognitivi, comportamentali e, globalmente, l'impatto delle patologie psichiatriche maggiori sulla quotidianità del paziente. Approcciarsi al paziente quale persona è l'aspetto più importante per ottenere un buon risultato clinico. Tuttavia, spesso, i sistemi di supporto e di integrazione rimangono ancorati ad approcci farmacologici e assistenziali che male si sposano con una terapia cannabica, a causa di un elevato rischio di effetti collaterali. Le interazioni farmacologiche tra cannabinoidi e farmaci di sintesi possono determinare un incremento degli effetti collaterali di questi ultimi, rendendo difficoltosa la gestione del paziente.
SSIT: In una società come la nostra che con i suoi ritmi produce stress e alienazione, la cannabis non dovrebbe essere considerata come un trattamento strategico per ridurre gli stati d’ansia e nervosismo?
Il Sistema Endocannabinoide è il principale sistema biologico di risposta allo stress. La costante esposizione allo stress determina, nel tempo, un impegno progressivo del Sistema Endocannabinoide che, come tutti i sistemi biologici, tende a ridurre la propria funzionalità con il progredire dell'età. Questa premessa per dire che, a mio avviso, sarebbe opportuna per tutti un'integrazione con CBD dopo i 40 anni di età, così come per la melatonina, la cui produzione si riduce fisiologicamente varcata la soglia degli "anta".
SSIT: La stragrande maggioranza delle persone che assumono cannabis ricercano un allentamento delle tensioni prodotte su base quotidiana. Crede che il fatto che la maggioranza di esse non sia in possesso di una prescrizione medica faccia di loro dei criminali?
L'utilizzo "a scopo ludico" della cannabis può essere inquadrato quale "rimedio ex juvantibus". Prescindendo dal principio attivo, quindi dall'effetto psicotropo del quale è responsabile il solo THC, ed includendo anche la cosiddetta "cannabis light" (quella con elevato CBD) dopo una prima esperienza, il consumatore "ludico" tende a ricercare la sostanza per esperire nuovamente un effetto che ha valutato come benefico. Pertanto, considerando l'effetto ansiolitico e antidepressivo del fitocomplesso della cannabis, lo stesso consumatore "ludico" può e deve essere individuato in un paziente che utilizza un rimedio contro lo stress quotidiano. Questa tesi, peraltro, è stata enunciata in diversi casi giurisprudenziali: i profili psicologici degli imputati deponevano per un habitus di tipo ansioso - depressivo.
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