Torino: il Dispensario Compassionevole di Seminiamo Principi. Intervista al presidente Simone Stara

Soft Secrets
31 Jul 2019

Delegare ai politici la risoluzione dei nostri problemi quotidiani: alla base della convivenza in una democrazia rappresentativa c'è questo concetto fondante. Spesso, però, nelle società moderne, l'onere della rappresentanza non viene svolto con determinazione dai politici ed i cittadini devono organizzarsi per dare risposte che lo Stato non trova, quando deliberatamente, a volte, nemmeno le cerca


Quando la società civile sorpassa lo Stato

Risposte urgenti a drammi non marginali perché la salute è un diritto sancito dalla Costituzione. Un diritto primario. L'Associazione Seminiamo Principi nasce a maggio 2018, nel solco di un fraintendimento. Si era capito che lo Stato avrebbe prodotto cannabis a sufficienza e che la marijuana terapeutica, riconosciuta per legge, fosse finalmente garantita ai pazienti con prescrizione. Sulla carta, però, non nella realtà. Ed ecco qui il malinteso è servito. Nonostante, infatti, la legge dovrebbe essere dalla parte dei più deboli, in questo caso i pazienti, questi non trovano con facilità i farmaci che la propria condizione clinica richiede tassativamente e lamentano la strutturale mancanza di una corretta e sacrosanta continuità terapeutica. E allora come fanno? Si organizzano. Fondata da 4 pazienti e da due medici, l'Associazione Seminiamo Principi riunisce circa 250 tesserati, più della metà sono pazienti, la maggioranza dei quali, de facto, non ha diritto alla cannabis terapeutica...

SSIT: E così nasce il Dispensario. Perché Compassionevole?

L'obbiettivo era quello di riferirsi ai dispensari stile californiani, senza il discorso di business, ma appunto compassionevole, aiutando e sostenendo i pazienti che hanno patologie gravi o che sono senza soldi. Il desiderio è quello di dare un servizio a tutti i cittadini che necessitano informazioni sulla cannabis terapeutica e a tutti coloro che soffrono di patologie invalidanti e che, in troppi casi, non vengono considerati dal Servizio Sanitario Nazionale né da quello Regionale, perché le loro patologie non rientrano fra quelle mutuabili secondo la legge del Piemonte: autismo, epilessia, endometriosi nelle donne. Il continuo aumento di richieste e la necessità di dare ai cittadini una corretta informazione ci ha portato alla decisione di affittare un locale per svolgere buona parte delle nostre attività.

SSIT: Quando avete cominciato?

A gennaio abbiamo firmato il contratto di locazione e dal 20 aprile -4/20- di quest'anno abbiamo inaugurato il Dispensario. L'intento è quello di continuare sulla strada intrapresa, mantenendo un locale con delle spese, senza però farle ricadere sugli iscritti. Andiamo avanti grazie a iniziative di autofinanziamento privato e cercando finanziamenti pubblici, attraverso il dialogo con le istituzioni. Purtroppo però, c’è ancora troppa distanza, si fingono interessati, ma quando bisogno mettere in pratica quanto promesso in pubblico diventano "desaparecidos". Dobbiamo abbattere il muro del pregiudizio e della collusione con alcuni poteri forti.

SSIT: Cosa intendi per poteri forti?

Multinazionali, mafie, e in primis la politica che alla fine decide per tutti.

SSIT: Vi siete posti degli obbiettivi a medio termine?

Uno dei nostri obiettivi primari sarà quello di lottare per ottenere i permessi, per coltivare cannabis per scopi medici, avendo competenze e professionisti preparati non vediamo il motivo di tali resistenze.

SSIT: Quali resistenze?

Siamo a conoscenza che varie realtà private hanno fatto richiesta di tali autorizzazioni, ottenendo sempre un diniego.

SSIT: Lo Stato nega questi permessi perché il Testo Unico sulla droga del 1990 non prevede la coltivazione di cannabis. Lo Stato è in regola da questo punto di vista...

No, non lo è. Anzi, è proprio lo Stato che si deve mettere in regola rispetto alla nostra volontà di assicurarci continuità terapeutica con prodotti di qualità. Noi non siamo fuorilegge, ma cittadini in stato di necessità e l'Art. 54 del Codice Penale ci tutela sotto questo punto di vista anche perché lottiamo contro il mercato nero e le mafie. La valenza scientifica è ormai ampiamente dimostrabile tramite le oltre 30 mila ricerche, eppure in Italia esiste ancora il falso mito che non è mai abbastanza quello che dimostrano gli altri Stati, quindi ci batteremo per conquistare il diritto sancito dalla Costituzione all’art.32, rivendicandolo e pretendendolo come cittadini.

SSIT: Nel concreto quali servizi offrite ai pazienti?

Innanzitutto una prima consulenza: durante l'incontro è presente almeno uno dei nostri due medici volontari, garantendo fin dal primo momento un approccio "compassionevole" appunto, senza una transizione economica obbligatoria. Inoltre, nel nostro Compassionate Staff abbiamo altre figure professionali come la Dott.ssa Sociologa Gabriella Balma, un biologo ed un consulente in legge nonché giornalista d'inchiesta. Lo staff è disponibile sia a ricevere su appuntamento che durante gli eventi che presenteremo.

SSIT: Avete relazioni con le ASL e la sanità regionale?

Al momento, con le ASL del territorio non abbiamo alcuna relazione, se non come pazienti singoli. Abbiamo cercato di intessere dei rapporti invitando medici ed alcuni responsabili di servizio che evidentemente considerano l'argomento ancora tabù. Per quanto riguarda la Sanità Regionale invece, siamo in contatto con il Servizio Farmaceutico della Regione Piemonte che è il diretto interessato per quanto riguarda la cannabis terapeutica. Il responsabile, Dott. Loredano Giorni, è anche stato uno dei relatori nel convegno presentato a giugno 2018, ma ahimè come spesso accade, le promesse fatte in pubblico ad oggi non hanno ancora trovato un seguito nella realtà.

SSIT: Quali sono i problemi che affrontate quotidianamente?

Come avviene in tutte le Regioni d'Italia, si combatte contro la mancanza di continuità terapeutica e con la scarsa qualità dei prodotti in commercio. Le poche genetiche a disposizione, non permettono a tutti i pazienti di trarre benefici, in quanto differenti patologie non trovano riscontro con quanto attualmente in commercio. C'è poi, un discorso di assuefazione che si crea nel consumo della stessa genetica per lungo periodo, per questo motivo noi pazienti avremmo necessità di maggior possibilità di scelta proprio per contrastare questo fenomeno e cioè che col lungo andare con la stessa quantità di medicamento il riscontro terapeutico è minore. In secondo luogo, i coltivi delle multinazionali prevedono una serie di protocolli da seguire, tra questi la procedura di sterilizzazione con raggi gamma per ucciderne i microrganismi. Crediamo che tali gammature possano essere dannose per l'organismo e molti pazienti non le tollerano, sviluppando addirittura sintomatologie differenti come nausea, dolori addominali o manifestazioni cutanee. Poi manca ancora la struttura organizzativa per poter formare i medici ed infatti, seppur le regioni siano obbligate a formare periodicamente i propri professionisti, questo non è ancora mai avvenuto in maniera continuativa e strutturata. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, quando viene chiesto al proprio medico di famiglia o specialista di voler provare un percorso terapeutico con la cannabis, sgranano ancora gli occhi scambiando l'interlocutore per qualsivoglia entità terrestre. Nel 2019 è inaccettabile! Se, infine, aggiungiamo la somministrazione di posologie quasi sempre ridicole non possiamo aspettarci chissà quali risultati terapeutici. Questo è il quadro che affrontiamo.

SSIT: Cosa intendi con posologie ridicole?

Il problema sono gli scarsi dosaggi che vengono prescritti dalla maggior parte dei medici italiani attraverso posologie fini a sé stesse, il contentino che permette al sistema di dire "noi però ve la prescriviamo". Si parla anche di 0,10 milligrammi al giorno, magari consigliati in decotto, sfido ad ottenere un effetto terapeutico.

SSIT: Lavorate in collaborazione con farmacie del territorio?

Le farmacie che trattano la cannabis nel territorio torinese sono tre e come a livello nazionale devono fare i conti con gli scarsi approvvigionamenti. Ad oggi, abbiamo preferito non entrare in contatto direttamente come Dispensario, anche perché non abbiamo garanzia di qualità così come di quantità e un aspetto da non sottovalutare è il costo assurdo della terapia: molti dei pazienti, avendo un reddito sotto la soglia del minimo ed essendo affetti da patologie che il più delle volte li costringono all'inattività, semplicemente non possono permettersela.

SSIT: Cosa auspicate per il futuro?

Primo che lo Stato affronti finalmente l'argomento in maniera seria, coinvolgendo le realtà associative ed ascoltando ciò che abbiamo da dire, ma soprattutto che tolga una volta per tutte la cannabis dalla tabella collegata al sistema sanzionatorio per gli usi illeciti e la lasci esclusivamente in quella dei medicinali, altrimenti ogni discorso risulterà inutile. Secondo, invece, speriamo che lo Stato non decida di continuare sulla linea del monopolio dando solo a pochi adepti la concessione per coltivare. Se dovesse avverarsi quanto detto, allora potremmo davvero affermare di avere un "Governo del cambiamento" altrimenti vorrà dire che non solo non lo è, ma anche che dopo 12 anni dalla prima legge siamo al palo e per poterlo abbattere sarà necessario rivolgersi agli organi di competenza, sia nazionali che internazionali.

SSIT: Riguardo la mozione approvata dal Consiglio Comunale rispetto alla coltivazione cosa hai da dire?

La mozione presentata dal M5S nelle aule del Consiglio del Comune di Torino ed approvata all'unanimità dai 23 consiglieri presenti è stato un motivo di orgoglio per la nostra Associazione. Adesso la palla passerà inevitabilmente al Ministero, che vede aumentare le richieste di autorizzazione alla coltivazione da parte di già 3 comuni italiani: Milano che è stata la prima, Torino e notizia degli ultimi giorni anche a Bolzano (un plauso al Cannabis Social Club di Bolzano). Il Ministero non potrà tenere la testa sotto la sabbia ancora per molto tempo, lo stato di necessità spinge le persone a rivolgersi al mercato nero o ad autoprodurre la propria terapia. Regolamentare tutto ciò è un dovere delle istituzioni, oggi più che mai. di Fabrizio Dentini

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