Premier Meloni: fra consumo di marijuana e devianza

Fabrizio Dentini
28 Dec 2022

Pietro Saitta è professore associato di Sociologia Generale presso l'Università degli Studi di Messina. Perplesso dalle prime dichiarazioni della Premier, in merito alla devianza e al consumo di cannabis, ho deciso di contattarlo telefonicamente per disinnescare una narrazione governativa che, facendo perno su famosi concetti sociologici, snaturati semanticamente, se ne appropria per giustificare una politica sulle sostanze disinformata ed arbitraria


SSIT: La sensazione è che la nuova Premier abbia incluso il concetto di devianza all'interno della narrazione governativa in maniera tendenziosa e semplicistica. Cosa intendiamo veramente quando si parla di devianza?

Il termine devianza è più sfumato di quanto si pensi e nasce per riferirsi a comportamenti che non sono esattamente criminali e nemmeno sono praticati dalla maggioranza. È importante ricordare che i comportamenti non sono devianti in sé, quindi, il primo aspetto che emerge dal discorso di Meloni è che mette insieme cose molto differenti e soprattutto mette nel mezzo cose che possono essere problematiche, ma problematiche per chi? Quando un comportamento è diffuso, quando è praticato da un ampio numero di persone, smette di essere deviante e diventa normalità. 

SSIT: Se è vero che quando un comportamento diventa diffuso non ha più senso parlare di devianza, crede che il consumo di cannabis - attestato in Italia a circa 4-5 milioni di persone - possa essere ancora definito tale? 

Secondo vecchi dati, ben oltre il 30% della popolazione italiana l'ha consumata nel corso della sua vita. Ciascuna sostanza, poi, gode di una circolazione, di una familiarità e di una reputazione differente. Con questo voglio dire che parlando di erba è molto difficile dire che in una fascia di età compresa fra i quindici e i sessantacinque anni, possa esistere qualcuno che sostenga seriamente che oggi la marijuana rappresenti un problema. 

SSIT: Se a suo parere il rapporto fra popolazione italiana e consumo di cannabis non è deviante, allora come lo descriverebbe? 

Per alcuni aspetti come un rapporto ormai tradizionale, nel senso che per chiunque non abbia avuto un'adolescenza blindata fa parte di quelle esperienze che in qualche momento della vita si trova a fare. Per alcuni può rappresentare un consumo di tipo culturale e quindi di riconnessione con orizzonti culturali ed una letteratura e ad un immaginario che include cose molto vaste a partire da Jack Kerouac per arrivare ai viaggi in Messico. Per altri è un comportamento che viene svolto senza particolare riflessione proprio perché non è particolarmente deviante, ovvero, è qualche cosa che si può accompagnare o alternare al consumo di alcol e che si lega ad una dimensione di socialità e dello stare insieme alle persone. Credo che nel giudizio sulla cannabis sia importante tenere in conto l'educazione ed il dato biografico e cioè quanto sia stata più o meno repressiva l'esperienza di chi lo formula.

Pietro Saitta
Pietro Saitta

SSIT: Perché mentre i nostri vicini tedeschi stanno ragionando intorno alla legalizzazione, qui in Italia la regolamentazione di questa pianta risveglia le posizioni più antistoriche? 

La questione è demografica e legata ai bassissimi livelli di istruzione. 

SSIT: Sappiamo che i paesi che hanno regolamentato l'accesso alla cannabis lo hanno fatto soprattutto per salvaguardare i più giovani. In questo senso lasciare la cannabis in mano al mercato nero non rappresenta un'azione che nuoce in primo luogo proprio ai giovani stessi? 

Penso che sia vero, così come penso che quando nasce un mercato legale, quello illegale si specializza in fornire prodotti che non si trovano nella legalità, come, ad esempio qualità di cannabis più potente. Difficilmente la disponibilità di una sostanza sul mercato ufficiale annulla la sua presenza nel mercato nero. 

SSIT: In Canada, ad esempio, dove il 17 ottobre scorso hanno celebrato il quarto anniversario della legalizzazione, il mercato nero non è stato eradicato, ma i suoi proventi sono scesi della metà. Un buon passo in avanti per chi crede, come la Meloni, che legalizzare sia la soluzione più semplice e perciò meno auspicabile… 

I due mercati possono convivere e non si escludono, automaticamente, grazie all'installazione della legalità. L'aspetto interessante è che la legalizzazione spinge tanti consumatori a smettere di vivere intorno alla sostanza, a smettere di impostare la loro quotidianità intorno al suo reperimento. Il consumo di una sostanza proibita, soprattutto in certi momenti della vita, diventa interessante perché occupa il tempo, gli attribuisce un senso, quando si è adolescenti può diventare un'avventura. Ma come nessuno si sbatte per andare a cercare il tabacco al tabaccaio, una volta che la cannabis viene legalizzata ed è disponibile alla luce del sole, tale componente viene a decadere. 

SSIT: Una compagine di governo che indica nella legalizzazione la scelta da osteggiare, in un paese nel quale l'accesso alla marijuana è certamente poco complicato, non crede che si faccia beffe della tutela dei consumatori? 

Mi viene molto difficile pensare che certi personaggi abbiano a cuore la popolazione ed i giovani. Più semplicemente hanno a cuore la mobilitazione emotiva di fette di popolazione. Quello che conta è il registro emotivo di alcuni segmenti della società, un registro stimolato quando si va a citofonare a casa di una persona domandandole se spaccia.

 

 

Questo articolo è tratto dal numero 6/2022 della Rivista cartacea Soft Secrets.

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Fabrizio Dentini