Come il processo Marola può ferire il Decreto Sicurezza

Il processo a Luca Marola fondatore dell’azienda di Cannabis Light Easyjoint sta volgendo al termine e potrebbe aprire scenari interessanti per l’intero dibattito sulla canapa poiché le tematiche sono analoghe a quelle messe in campo dal Decreto Sicurezza
"Per fare tutto ci vuole un fiore". Così cantava nel 1974 Sergio Endrigo in uno dei suoi brani più famosi dedicato all’educazione dei bambini. Un fiore, simbolo di amore e pace, necessario affinché tutto esista nel mondo.
A distanza di 50 anni da quella famosissima canzone un fiore torna protagonista delle cronache, il fiore di canapa. Infatti, al tribunale di Parma nelle prossime settimane potrebbe essere pronunciata una sentenza storica non solo per Luca Marola e la sua Easyjoint ma più in generale per tutto il comparto della Canapa, messo in ginocchio dalle decisioni poco condivisibili del Governo Meloni.
Le strade dell’accusa verso Marola e della distruzione della filiera della canapa industriale in generale infatti sembrano procedere su binari paralleli poiché le tematiche esposte sono, se non identiche, quantomeno molto simili.
«Senza entrare negli aspetti tecnici del processo a Luca Marola - spiega l’avvocato Giacomo Bulleri, tra i massimi esperti in Italia sul tema e tra i difensori dello stesso Marola - possiamo notare come le accuse a lui rivolte siano analoghe a quelle messe in campo dal Decreto Sicurezza».
In particolare gli aspetti di contatto riguardano la liceità del fiore di canapa: «Proprio quello del fiore è un tema su cui i tribunali si sono espressi nei vari casi di sequestro avvenuti in Italia - prosegue l’avvocato - La distinzione tra il fiore di canapa agricola e quello di cannabis stupefacente esiste anche per la Corte Europea ed è questo aspetto che potrebbe emergere con maggiore chiarezza, fermo restando che la responsabilità penale è soggettiva. Però. per il peso mediatico del processo a Luca Marola e per il suo attivismo politico, la questione potrebbe avere una portata più ampia».
Tre anni di processo alla Easyjoint produttrice di Cannabis Light hanno infatti posto l’accento in maniera estremamente evidente sulla natura del fiore di canapa e sulle differenziazioni del suo uso, aspetto che invece in particolare il Decreto Sicurezza vorrebbe azzerare, eliminando ogni distinzione tra canapa industriale e Cannabis.
Tra gli obiettivi di Marola c’è sempre stato anche l’attivismo politico e il desiderio di mostrare il corto circuito legale. Gli sviluppi delle varie fasi sono sempre stati diffusi mediaticamente anche con le dirette dei processi su Radio Radicale e con i puntuali resoconti delle riviste specializzate di settore come Soft Secrets Italia. Se il Decreto Sicurezza vuole uniformare per evitare zone grigie, dal tribunale di Parma sta emergendo proprio il contrario, come hanno sostenuto gli stessi RIS proprio nell’ultima udienza e come afferma anche l’Europa che in questi giorni ha accolto la petizione degli operatori della filiera italiana.
«La storia della Cannabis - conclude Bulleri - anche per le esperienze di altri paesi come ad esempio Canada e Francia, insegna che i cambiamenti arrivano tramite i processi. Alcuni processi hanno più attenzione e quello a Luca Marola è uno di questi, anche per le enormi conseguenze che ha subito in primis come imprenditore. Da questo punto di vista possiamo affermare che il suo attivismo politico ha raggiunto gli obiettivi prefissi portando l’attenzione lì dove voleva direzionarla».
Il processo a Luca Marola potrebbe concludersi il 29 maggio con l’ultima udienza.
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