Processo Luca Marola: «Importante ma non determinante»

Marco Ribechi
14 Nov 2022

Il processo a Luca Marola appena iniziato a Parma rappresenta un passo molto importante ma non tutti credono sia determinante per il futuro della Cannabis Light in Italia. Abbiamo chiesto alcuni chiarimenti agli avvocati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio


A Parma è iniziato il processo a Luca Marola, imprenditore pioniere del Cbd in Italia che nel 2019 è stato accusato di spaccio perché nel magazzino di Easyjoint deteneva circa 488.812 dosi droganti contenute in 646 kg di canapa, tutta o quasi, con il THC inferiore allo 0,2%. Marola ha definito il suo processo come rappresentativo e determinante per l’intera filiera della canapa, definendo anche un “Modello Parma” che potrebbe essere applicato anche in altre procure. A riguardo abbiamo chiesto una consulenza allo studio legale Miglio-Simonetti, i cui rappresentati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio hanno fondato www.tutelalegalestupefacenti.it.

Cosa ne pensate del processo a carico di Luca Marola dinanzi il Tribunale di Parma? 

Conosciamo Luca Marola da molti anni e abbiamo sempre provato molta stima nei suoi confronti, anzi crediamo che la stima sia reciproca. Ricordiamo ancora con piacere quando siamo stati invitati come docenti alla Cannabis School, certamente un’ottima iniziativa di comunicazione e di formazione. Conosciamo bene anche il processo che è in corso al Tribunale penale di Parma ma non riteniamo che questo processo sia il processo penale da cui deriverà il "destino" dell’intera filiera della canapa.

Però Luca Marola ritiene che il "Modello Parma" costituisca un serio problema che può essere utilizzato anche da altri Tribunali italiani.

Non esiste un "Modello Parma" ma esiste una forma di interpretazione della Legge 242/2016 e della normativa degli stupefacenti che semplicemente non coincide con i canoni della ragionevolezza del diritto. In realtà, peraltro, la modalità di calcolo delle dosi droganti che viene fatta dalla Procura di Parma esiste già dal 2016 in alcune sentenze della Corte di Cassazione. Quindi nulla di nuovo. Ad esempio, nel 2019 una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che "il quantitativo di principio attivo illecitamente detenuto va determinato facendo riferimento alla quantità complessiva della droga sequestrata e non alle singole confezioni in cui la stessa è (o può essere) ripartita".

Secondo lei il fatto che la cannabis light non è venduta per consumo umano ma per un non meglio specificato " uso tecnico" non dovrebbe smontare a priori ogni ragionevolezza della tesi accusatoria?

La destinazione "uso tecnico" non ha una giustificazione normativa. Questa dicitura era utilizzata all'inizio del fenomeno commerciale della "cannabis light". Il nostro studio legale lavora sulla tematica dei codici ateco che interessano la vendita dei fiori secchi come il fioraio che vende i fiori. Per quanto riguarda il cuore del problema però, come tante volte abbiamo dimostrato nei tribunali, la partita non è tanto la corretta destinazione del prodotto messo in vendita, quanto piuttosto il discorso giuridico e scientifico della dimostrazione dell'assenza dell'efficacia drogante proprio sui prodotti in vendita.

cbd

Quindi non c’è più niente da fare se questa è la situazione?

Assolutamente sì che c’è da fare. Abbiamo ottenuto plurimi risultati processuali di assoluzione e abbiamo dimostrato come la conta del THC non si debba fare sul totale ma in relazione alla dose che normalmente assume un consumatore. Proprio il 25 ottobre 2022 il Tribunale di Sondrio ha assolto un’importante azienda della Valtellina la quale era stata portata a giudizio dalla Procura della Repubblica sulla base di questa interpretazione che noi reputiamo assolutamente sbagliata. Quindi non sarà il processo di Luca Marola a dare la certezza o la disfatta degli operatori di questo settore: è solamente uno dei tanti in processo in corso, che gli auguriamo vada bene.

Secondo la difesa di Luca Marola solamente la procura di Parma persegue così ferocemente la commercializzazione della Cannabis Light, cosa ne pensate?

Non è assolutamente così. In Sardegna la DDA di Cagliari continua a perseguire centinaia e centinaia di agricoltori che rappresentano proprio l’inizio della filiera canapicola. Dopo due anni di battaglie giudiziarie finalmente stiamo ripristinando la giustizia nei Tribunali. Nelle Marche, poi, i grossisti sono stati presi di mira dalle Questure ma, anche lì, dopo alcuni momenti di difficoltà, si è riusciti a far dissequestrare numerosa merce. Ma proprio nelle Marche, ad oggi, si stanno celebrando numerosi processi penali che presentano identiche criticità di quello di Parma. Stessa situazione, a tratti, in alcune Procure della Campania. 

Per una persona esterna ai tribunali e alle indagini è letteralmente assurdo pensare che le dosi droganti vengano calcolate sul totale della sostanza. Cioè qualsiasi persona sa che è impossibile fumare 18 grammi di cbd per avere un effetto psicotropo e inoltre il costo sarebbe esorbitante. E' come dire che 18 litri di birra analcolica equivalgono a un litro di birra normale. Esiste una ragione per questa interpretazione o davvero costituisce solo un accanimento ai danni dei cittadini e degli imprenditori?

L'accanimento giudiziario in questione va risolto avendo la capacità tecnica, giuridica e retorica di spiegare al giudice che la tematica della "condotta unitaria della detenzione" di sostanza stupefacente (che usa la Procura di Parma per la valutazione compiuta in ordine ai 18 grammi di cbd) non legittima anche automaticamente il calcolo sul totale della efficacia drogante proprio su quella quantità detenuta. Sono due temi distinti (detenzione/efficacia drogante) con riguardo ai quali già in diversi processi penali in Italia il nostro studio legale ha avuto modo di ottenere ragione. Ma non è che abbiamo avuto "ragione", abbiamo - piuttosto - dimostrato la irragionevolezza della tesi contraria delle Procure. A volte, nei processi, basta anche solamente questo, ovvero saper evidenziare l'assenza di ragionevolezza delle tesi dell'accusa. Proprio questa ultima strategia serve ad essere vittoriosi secondo il ragionevole dubbio.

Le procure quindi possono ritenere drogante anche la cannabis light?

Rispondere a questa domanda è molto difficile perché non vi è un'unica interpretazione della scienza sul punto. Diciamo che tendenzialmente vi è chiarezza che 0,5% THC non ha efficacia drogante, ma attenzione perché stiamo seguendo un processo penale a Verona dove la Procura della Repubblica ritiene che anche un valore inferiore a 0,5% THC possa dare un effetto stupefacente nei confronti dei soggetti vulnerabili e fragili. Quindi, nonostante numerosi risultati positivi che costituiscono precedenti giudiziari in favore della filiera canapicola, la partita sul concetto di efficacia drogante è ancora in corso.

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Marco Ribechi