Light vietata per legge, enoteche aperte per sicurezza
La recente proposta dell’europarlamentare della Lega Silvia Sardone di chiudere i negozi che vendono prodotti a base di CBD, per sostituirli con delle enoteche per bere consapevolmente è l'ennesima dimostrazione di poca conoscenza dell'argomento
Due pesi e due misure, entrambi dominati dalla scarsa conoscenza.
È ciò che viene da pensare quando un europarlamentare, seppur in una trasmissione radio (La Zanzara) propone di eliminare una sostanza praticamente innocua per sostituirla con un’altra ben più pericolosa. Quella innocua, inutile dirlo, è il CBD.
Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità infatti l’alcol in Italia causa ogni anno circa 48 decessi al giorno. È una realtà difficile da ignorare: l’alcol è implicato in una vasta gamma di malattie, incidenti e decessi legati alla guida, mentre non ci sono prove scientifiche di alcun rischio mortale connesso ai prodotti a base di CBD. A far da padrona però è l’ormai obsoleta tiritera della scalata alla droga, per cui da una sostanza senza effetti psicotropi si arriverebbe addirittura all’eroina.
Dichiarazioni, quelle della Sardone, che hanno sollevato interrogativi pressanti e qualche perplessità: si intende realmente aumentare la sicurezza pubblica e stradale incentivando il consumo di alcol? E il CBD, un prodotto che non causa decessi e che oggi è regolamentato, può davvero rappresentare una minaccia maggiore dell’alcol, responsabile di oltre 17.000 morti l’anno solo in Italia?
La proposta che mira a chiudere negozi che vendono canapa light, camomilla e derivati non psicotropi, a favore di punti vendita di alcol è quindi la solita propaganda che solo in un paese come l’Italia può ancora attecchire. Sarebbe molto più logico rafforzare la regolamentazione sui prodotti già presenti, per garantire sicurezza e tracciabilità di un mercato da 990 milioni di euro messo in ginocchio dal Governo Meloni-Salvini.
«La chiusura di un simile settore rappresenterebbe una perdita notevole in termini di posti di lavoro e di gettito fiscale - spiega l’Associazione Nazionale Canapa Sativa Italia - In un periodo in cui molte piccole aziende faticano a rimanere in attività, eliminare un settore fiorente come quello del CBD rischia di compromettere intere realtà produttive e artigianali».
La proposta sembra puntare a una maggiore tutela della salute pubblica. Ma la chiusura dei negozi di CBD e l’invito a puntare su enoteche vanno davvero in questa direzione? L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte evidenziato l’importanza di regolare prodotti come il CBD piuttosto che vietarli, perché è tramite una regolamentazione chiara che si combattono il mercato nero e le attività criminali.
«Chiediamo un dialogo aperto e basato su evidenze scientifiche - proseguono i rappresentanti di Canapa Sativa Italia - Il CBD è un’opportunità di sviluppo economico e un’alternativa sicura per chi cerca un prodotto naturale. Alla luce di queste considerazioni, appare difficile comprendere le ragioni di una proposta che intende sostituire la canapa light, un prodotto non pericoloso, con l’alcol, sostanza riconosciuta come nociva da ogni istituto scientifico internazionale. Una decisione politica che va ripensata per il bene del tessuto economico e sociale e per garantire una reale tutela della salute pubblica».