Perantoni sul caso dell'insegnante: troppi processi inutili VIDEO
La sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano qualche giorno fa, nei confronti della donna accusata per possesso di 750 grammi di cannabis e tre piante in fase di fioritura è sicuramente una sentenza importante destinata a creare un grande dibattito in Italia.
Per questo ne abbiamo parlato con Mario Perantoni, ex Presidente della II Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, che nella legislatura che si è appena conclusa, si era impegnato, insieme al Movimento 5 Stelle, a far approvare in Commissione Giustizia, un testo base che prevedeva la legittimità della coltivazione di quattro piante di cannabis e la legittimità della detenzione del prodotto.
La sentenza di Milano è sicuramente un ulteriore tassello in quello che è il percorso iniziato con le sentenze della Cassazione e con altre pronunce giurisprudenziali che ci sono state precedentemente, anche perché arriva da un giudice di secondo grado, da una corte di merito. È quindi un ottimo viatico per una valida prospettiva affinché si consolidi questa giurisprudenza.
Ma l’ex presidente pone l’accento sul fatto che, il grande problema, resta quello di continuare a fare questo tipo di processi.
“Il punto è che bisognerebbe evitare che si facciano i processi per queste cose, bisognerebbe avere una norma che impedisca l'iscrizione al registro dei reati, che impedisca che le forze di polizia siano obbligate a sequestrare e a denunciare, e il Pubblico Ministero a fare le indagini. Tutto questo si potrebbe evitare semplicemente se la politica prendesse atto di quello che è il reale sentire, non solo dei giudici, non solo della Suprema Corte, ma anche e soprattutto il comune sentire dei cittadini” ci spiega.
In primo grado la donna, un'insegnante di 52 anni, era stata condannata a 16 mesi e 800 euro di multa, sentenza ora ribaltata in appello con l'assoluzione con formula piena perché la difesa ha dimostrato che lo stupefacente che deteneva, e soprattutto coltivava nel suo appartamento di Milano, era destinato ad uso personale.
E la difesa, è riuscita a raggiungere questo risultato, senza dover ricorrere, in appello, all’uso terapeutico che la donna aveva dichiarato al momento del fermo. Il difensore infatti ha posto l’accento sul fatto che non ci fossero prove a sostegno che la donna cedesse la Cannabis a terzi. Senza queste prove, infatti, il reato non sussiste e ogni cittadino italiano è libero di coltivare e detenere Cannabis a patto che si rispetti il principio di non cessione a terzi.
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“La condotta penalmente rilevante è la condotta di cessione a terzi” commenta infatti Perantoni. ”Fino a poco tempo fa era considerata penalmente rilevante anche la coltivazione. Ma come sappiamo, la Corte di Cassazione, con un'elaborazione giurisprudenziale, ha stabilito che la coltivazione in forma domestica di minime quantità di cannabis, non è prevista dalla legge come reato, perché non è offensiva. Non essendo offensiva la coltivazione, sia per finalità terapeutiche che per uso personale, non può essere considerata reato. Si prescinde, quindi dalla finalità della coltivazione. Il reato si ha nel momento in cui c’è la cessione a terzi della sostanza coltivata. Fintanto che non c’è questa ulteriore condotta di cessione, il reato non è configurabile. Rimane l’illecito amministrativo della detenzione”.
Questo è quello che l’ex Presidente della II Commissione Giustizia, insieme al suo gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, volevano superare con la proposta di Legge sulla coltivazione domestica, portata in Aula alla Camera, per regolare e dettagliare meglio, questo tipo di condotta, che appunto, già la giurisprudenza ritiene non costituire reato, ma che evidentemente ha bisogno di una migliore specificazione in un contesto normativo.
Ma purtroppo nel nostro Paese la giurisprudenza va più veloce rispetto alla politica, che continua a rimanere ancorata a posizioni antiproibizioniste miopi e dannose per i cittadini. Una politica che probabilmente, con il nuovo governo, difficilmente osserverà e seguirà questo tipo di evoluzione e di indirizzo della giurisprudenza.
“Per quanto riguarda il futuro? Staremo a vedere. Io spero vivamente che non ci siano delle forze reazionarie che cerchino di andare a contrastare quella che è non solo l'evoluzione giurisprudenziale, ma quello che è oramai il sentire comune sociale dei cittadini” conclude Mario Perantoni.
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