La cannabis nel Covid-19

17 Aug 2020

All’inizio di aprile 2020, è stato confermato oltre un milione di casi di coronavirus in tutto il mondo. Il COVID-19 sta provocando chiusure senza precedenti in tutto il mondo e nessuno sa esattamente quando l’epidemia raggiungerà il suo picco e quando si ridurranno gli effetti collaterali.


 

L’impatto dell’epidemia si sta facendo sentire in tutti gli angoli dell’industria e del settore a partire da multinazionali, imprese locali, sistemi educativi, ricettività, viaggi, turismo, grandi eventi pubblici e l’industria della cannabis, che non fa eccezione. C’è da chiedersi dunque come questa crisi di salute pubblica internazionale senza precedenti abbia cambiato e cambierà il volto dell’industria legale della cannabis, in peggio e in alcuni casi in meglio! La maggior parte dei consumatori di cannabis ne hanno mantenuto o aumentato l’utilizzo durante l’isolamento. Una ricerca condotta su consumatori adulti di cannabis di età compresa tra i 16 e i 65 anni negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, ha dimostrato come i consumatori di cannabis per uso medico fossero più propensi a mantenere i consueti livelli di consumo, mentre i consumatori per uso ricreativo fossero più propensi ad aumentarne il consumo nel tentativo di rendere l’isolamento meno noioso o stressante. Tale aumento della domanda ha portato a vendite da record in ambito legale, nonché a un aumento dei prezzi sul mercato nero sia in Nord America che in Europa. È giunta notizia da Spagna e Francia che il prezzo della cannabis e dell’hashish sia raddoppiato o triplicato rispetto al livello abituale, semplicemente a causa della domanda. I governi di aree come il Quebec e i Paesi Bassi hanno deciso di tenere aperti i negozi di cannabis durante il lockdown per mantenere non solo le prescrizioni mediche, ma anche, almeno nel caso dei Paesi Bassi, per evitare simili aumenti dell’attività del mercato nero e dei prezzi. I dispensari legali di cannabis negli Stati Uniti e in Canada hanno registrato un boom di vendite dopo essere stati classificati come attività “essenziali” ed essere stati autorizzati a rimanere aperti. Questo, già di per sé, è stato visto come un importante momento di progresso e di riconoscimento da parte dell’industria della cannabis. Il fatto che i dispensari della cannabis siano stati classificati come “essenziali” accanto a farmacie generiche e negozi di alimentari dimostra quanto sia cambiata in meglio la visione generale della cannabis. Non c’è dubbio che questo nuovo status elevato contribuirà a rafforzare gli appelli e le campagne in favore di un incremento della legalità. Alcuni Stati legali tra cui California, Colorado, Illinois, Maryland, Michigan, New Jersey, Nuovo Mexico, New York, Ohio, Oregon, Washington Chicago, Denver e San Francisco, hanno registrato una ripresa delle vendite. Per darvi un’idea dell’aumento della domanda, le vendite a Denver il 23 marzo sono aumentate del 392% rispetto allo stesso giorno della settimana prima che venisse “ordinato di stare a casa”. Non è stata comunque una buona notizia per tutti, perché mentre in alcuni Stati si è verificato un aumento le vendite, altri Stati in cui le vendite di cannabis sono strettamente legate al turismo ne hanno risentito. Mercati come quello di Las Vegas hanno infatti pagato un caro prezzo per la situazione. Laddove le aziende sono rimaste operative, tuttavia, molte si sono adattate per soddisfare la domanda offrendo servizi come il take-away e la consegna e adeguando le applicazioni di telemedicina per ridurre al minimo le interazioni interpersonali. Persino il gigante della cannabis “Leafly” è entrato in azione e ha lanciato un servizio di consegna di cannabis per Arizona, Florida, Maryland, Michigan, Nevada, New York e Oregon. Nonostante ciò, i proventi possono andare perduti a causa di fattori quali le filiere perturbate, la chiusura dei negozi, la limitazione dei movimenti e il rallentamento dell’economia. Il “Lockdown” può anche essere considerato un momento d’innovazione per le aziende della cannabis, con la creazione di nuovi sistemi operativi che potrebbero migliorare l’operatività futura. I servizi di consegna sono un perfetto esempio di questo. Anche se al momento i dispensari devono effettuare i propri servizi di consegna, potremmo continuare a vedere questo modello di business diventare “la regola” nello stesso modo in cui avviene per i servizi di consegna di alimenti come Deliveroo. Questo si addice alla vita al di fuori dell’isolamento e va a beneficio di chi ha una mobilità limitata o vive in zone più isolate e con scarso o nessun accesso ai trasporti. La filiera è un’altra area che si sta rivelando una sfida per continuare a muoversi in questi tempi incerti. Le risorse mediche, ivi inclusi il tempo e le ure degli operatori sanitari, sono limitate e si stanno concentrando sulla lotta contro il virus. Anche le regioni che dipendono dalle importazioni si trovano ad affrontare difficoltà, poiché le restrizioni alle frontiere si fanno sempre più severe e il personale addetto alla logistica non è più disponibile. I regolatori si sono dovuti adattare per garantire che le linee di fornitura fossero aperte e che i distributori potessero soddisfare la domanda. In Pennsylvania, per esempio, i pazienti possono ora ottenere ricette online valide per 90 giorni anziché 30. Anche nel Regno Unito, un gruppo del settore della cannabis medica con sede nel Regno Unito ha concordato misure d’emergenza con il Ministero dell’Interno per importare per la prima volta farmaci sublinguali a base di cannabis. Senza dubbio il COVID-19 sta comportando alcuni colli di bottiglia nella fornitura, provocati dai complessi processi legati all’ottenimento delle ricette, alle farmacie che distribuiscono cannabis e ai distributori che la forniscono. In Spagna, circa 200.000 pazienti che normalmente otterrebbero i farmaci da club semilegali della cannabis, ora non riescono ad accedere ad alcun prodotto. Questa crisi della salute pubblica ha senza dubbio messo in evidenza come l’attuale sistema di fornitura di cannabis medica nella maggior parte delle regioni sia eccessivamente complicato, inadeguato e vulnerabile a shock come l’attuale epidemia e debba dunque essere sostituito da sistemi di accesso ai farmaci completi in grado di garantire un soddisfacimento completo della domanda. Il COVID-19 ha messo in ginocchio l’economia mondiale e gli analisti del FMI e dell’ONU prevedono che è praticamente inevitabile una recessione globale. Di conseguenza, alla luce di tale incertezza, come possiamo aspettarci che sia il futuro dell’industria della cannabis? Per rispondere a questa domanda è utile guardare alla crisi finanziaria del 2008, che non solo ha cambiato il panorama economico globale, ma ha anche visto modificarsi i comportamenti dei consumatori in maniera tale che non erano più riconoscibili. C’è stato un allontanamento dai servizi professionali in quanto i consumatori hanno adottato un atteggiamento ‘fai da te’, abbandonando l’iscrizione in palestra e le visite dal parrucchiere, per tingersi i capelli e allenarsi a casa. Allo stesso modo, i consumatori hanno smesso di acquistare prodotti nei negozi di marca premium e si sono orientati verso un maggior numero di discount. Questo potrebbe verificarsi anche nel settore della cannabis man mano che i consumatori si allontanano dalle marche di cannabis di lusso per optare per alternative più economiche, soprattutto visto che l’acquisto in massa è ancora diffuso a causa delle misure di distanziamento sociale in corso e dell’autoisolamento. Una forte recessione a seguito della crisi del COVID-19 implica un rallentamento dell’attività economica a livello internazionale e una diffusa perdita di posti di lavoro. La risposta dei governi di Stati Uniti, Australia e Regno Unito è stata quella di rilasciare massicci pacchetti di assistenza economica a tutta la popolazione, il che è straordinario, ma molto probabilmente tornerà a morderci in futuro sotto forma di aumento dell’imposizione fiscale. La possibile legalizzazione della cannabis rappresenta ora più che mai un’opportunità per questi governi per recuperare parte della spesa che il COVID-19 ha imposto loro senza dover applicare aumenti impopolari di tasse obbligatorie come l’imposta sul reddito e la tassa comunale. La prova è visibile nei Paesi e negli Stati che già beneficiano della riscossione delle imposte sul mercato legale della cannabis. Per esempio, Colorado e Washington riferiscono di 303 milioni di dollari e 400 milioni di dollari rispettivamente, in imposte sulle vendite di cannabis nel 2019. Considerando questi dati e la stima secondo cui un’industria della cannabis ‘legale’ potrebbe valere fino a 3 miliardi di sterline per il Regno Unito entro il 2024, sembra che i benefici fiscali potrebbero rendere la legalizzazione un’opzione molto interessante per il ‘fast tracking’ per molti Stati del mondo sviluppato. Sarebbe una mossa assolutamente realizzabile, considerando che abbiamo già visto i governi, i sistemi sanitari e il commercio globale cambiare radicalmente il loro modo di operare e di adattarsi rapidamente di fronte al COVID-19. Le regioni legali pioniere come il Canada e gli Stati Uniti hanno già gettato le fondamenta di un sistema responsabile di controllo della cannabis e sanno cosa funziona e cosa non funziona a livello di sistemi di licenze, conformità, standardizzazione e logistica al dettaglio. Tutto ciò potrebbe essere utilizzato come progetto e applicato rapidamente in altre regioni. Il COVID-19 ha inoltre aperto ancora una volta l’argomentazione legata alla penalizzazione della cannabis a causa dell’elevato numero di decessi dovuti al COVID-19 nelle carceri di tutto il mondo dove i detenuti con imputazioni legate alla cannabis, che possono avere condizioni di salute sottostanti, si trovano in realtà ora ad affrontare una potenziale ‘pena di morte’ derivante dalla diffusione del virus nel sistema carcerario. Il divieto della cannabis criminalizza milioni di persone comuni. Per esempio, negli Stati Uniti, nel 2018 sono state arrestate più di 609.000 persone per semplice ‘detenzione’, mentre nell'UE, nel 2017, sono stati registrati più di 840.000 reati di detenzione. La necessità di cancellare queste pene è rafforzata dalla contraddizione secondo cui i dispensari di cannabis sono stati ampiamente autorizzati dai governi come “servizi essenziali” che devono rimanere aperti durante l’epidemia, tuttavia quegli stessi governi stanno tenendo le persone rinchiuse per attività “criminali” legate alla cannabis che potrebbero finire per costar loro la vita! Al di là dell’elemento dell’ingiustizia umana, c’è il fattore finanziario! 7,7 miliardi di dollari dei contribuenti vengono sprecati ogni anno nell’applicazione di leggi antidroga obsolete, solo negli Stati Uniti. Nel contesto del rallentamento dell’economia e dell’enorme spesa pubblica sulla scia del COVID-19, la riduzione di questo onere per il sistema giudiziario sbloccherebbe più fondi per rimpinguare il piatto che ha dovuto salvare interi Paesi dalla miseria finanziaria. Anche se si spera sia finalmente giunto il picco di questo terribile virus, gli effetti derivanti si faranno sentire ancora per molto tempo e il mondo a cui eravamo abituati e il modo in cui abbiamo condotto la nostra vita saranno considerevolmente diversi. Per qualche verso in peggio, ma speriamo anche per qualche verso in meglio!