Fermati con 833 grammi e 16 piante in due: assolti

Marco Ribechi
28 Nov 2022

Sospettati di spaccio i carabinieri perquisiscono la loro abitazione e trovano oltre otto etti di marijuana, 16 piante in fase vegetativa e tutto il necessario per una produzione casalinga; due anni dopo il giudice li assolve perché il fatto non sussiste


Ha dello straordinario la sentenza emessa dal tribunale di Roma l’11 novembre 2022 con cui sono stati assolti due giovani dall’accusa di spaccio nonostante l’ingente materiale ritrovato dalle forze dell’ordine.

Nello specifico il primo degli accusati veniva trovato in possesso di quattro contenitori con rispettivamente 52, 260, 63 e 215 grammi di marijuana mentre al secondo venivano contestati 45, 15 , 25, 7, 151 grammi di marjuana e 5,5 grammi di hashish. Inoltre entrambi coltivavano sedici piante così suddivise: 2 piante alte circa 100 cm, 3 piante alte 85 cm, una pianta di 60 cm, una pianta di 80 cm, 4 piante di 70 cm, una pianta di  alta e infine 4 piante di 30 cm. Infine entrambi erano in possesso di attrezzature da coltivazione (lampade, serra in alluminio e plastica, materiale elettrico vario, nebulizzatori, sistemi di ventilazione e centraline di regolazione del livello di umidità, liquidi fertilizzanti) e materiale da pesatura (bilancino di precisione) taglio (lame intrise di sostanza stupefacente) e confezionamento (bustine di cellophane di vario taglio). 

L'avvocato Lorenzo Simonetti
L'avvocato Lorenzo Simonetti

«Si tratta di una sentenza storica, non ne ricordiamo altre del genere a causa dell’elevato numero di piante di coltivate e l’ingente quantità di sostanza rinvenuta - spiegano gli avvocati dello studio Miglio-Simonetti, difensori degli imputati - in fase processuale siamo riusciti a dimostrare che non vi erano evidenti prove di spaccio, nonostante le forze dell’ordine avessero sequestrato strumenti per la pesatura e il confezionamento. Inoltre, anche la rudimentalità della coltivazione era una strada difficilmente percorribile a causa della quantità di strumentazione rinvenuta». 

Eppure gli avvocati hanno saputo attuare una difesa vincente: «abbiamo comunque dimostrato al Giudice penale di Roma che i nostri assistiti soffrivano di determinate patologie fisiche l’uno (una serie di alterazioni multisistemiche ingravescenti) e l’altro patologie più che altro psicologiche (l’altro imputato era affetto da crisi di ansia, insonnia e irrequietezza motoria). In definitiva, con il supporto del dottor Carlo Privitera, nostro consulente tecnico, abbiamo dimostrato che la somma algebrica del contenuto di THC non è espressione dell’efficacia drogante che deve essere valutata secondo i parametri di farmacodinamica in grado di descrivere le esigenze di cura degli imputati che assumono cannabis per finalità terapeutiche benché senza una prescrizione medica ad hoc».

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Marco Ribechi