Studente straniero con Cannabis vive 4 anni di terrore
Trattato come un criminale nonostante avesse una borsa di studio all'università per lui l'accusa aveva chiesto quattro anni di reclusione. Un calvario lunghissimo fatto di accuse infondate, ansie, paure, solo per essere stato trovato in possesso di pochi grammi di Cannabis ad uso personale. "Anche se assolto sono costretto a lasciare per sempre la mia città"
Si è concluso il 3 marzo il processo in primo grado di uno studente straniero, in Italia da oltre 11 anni ed iscritto all’università di Cosenza con tanto di borsa di studio, che ha visto i propri progetti di vita sconvolti per il semplice fatto di fumare marijuana a scopo ricreativo.
«Sono stato costretto a cambiare casa, coinquilini, a cambiare quartiere e appena finirò l’università lascerò definitivamente Cosenza, la città in cui avrei voluto vivere ma che ora mi porta alla mente solo brutti ricordi - spiega il giovane 26enne - Purtroppo questa vicenda mi ha segnato profondamente e quando avvengono cose del genere serve un cambiamento radicale. È un peccato perché qui mi trovavo bene, la consideravo la mia casa. La mia vita è stata sconvolta per accuse infondate. Per fortuna ho incontrato l’avvocato Francesco Vetere che mi ha preso a cuore evitando che la situazione precipitasse definitivamente, senza di lui non so come sarebbe andata».
Era il 2019 quando lo studente (che per ovvie ragioni preferisce restare anonimo) subisce un controllo da parte dei carabinieri. Sospettato di trafficare armi e droga a causa di una presunta segnalazione si ritrova le forze dell’ordine in casa a cui consegna spontaneamente 39 grammi di marijuana, pura al 7,3 per cento così come scritto nel successivo verbale. «Si sono avvicinati con l’auto e mi hanno chiesto i documenti - dice lo studente - cercavano proprio me perché avevano il sospetto che trafficassi armi. Ancora non so chi ha fatto questa segnalazione, in 11 anni non ho mai infranto la legge, sono qui per studiare. Quando sono entrati in casa ho consegnato spontaneamente la mia Cannabis che tenevo in un cassetto. A quel punto hanno setacciato tutto l’appartamento senza trovare nulla, a parte una collana di bigiotteria di nessun valore che invece sostenevano fosse d’oro. Ho risposto che se valeva tanto allora potevano tenersela. Poi mi hanno portato in caserma e mandato via con un verbale. Pensavo che la cosa fosse finita lì e invece era solo l’inizio».
Infatti, nel 2020 ad un anno di distanza, arriva la comunicazione dell’accusa di spaccio e dell’inizio del processo con la pesantissima richiesta da parte del Pubblico Ministero a quattro anni di reclusione.
«Non lo avrei mai immaginato - continua il giovane - avevano già controllato tutto ed era passato un anno! A quel punto ho iniziato ad avere veramente paura, non sapevo a chi rivolgermi, c’erano un sacco di documenti che non capivo, ero solo. Ero nel panico anche perché era appena iniziata la pandemia e non potevo nemmeno tornare al mio paese dalla mia famiglia».
Per fortuna a questo punto arriva l’incontro con l’avvocato Francesco Vetere. «Dopo avergli spiegato l’accaduto mi ha tranquillizzato, mi ha sempre detto che sarei stato assolto anche se extracomunitario e senza lavoro. Era chiaro che non spacciavo perché avevo una borsa di studio e anche perché i miei genitori sostenevano i miei studi a distanza. Non c’era nessuna prova contro di me eppure potevo finire in prigione per quattro anni».
Dopo anni di paura e di sconvolgimenti nella vita del ragazzo, finalmente il 7 marzo 2023 arriva l’assoluzione perché il fatto, ovvero l’uso personale, non è previsto dalla legge come reato. «Quello è stato un momento di felicità assoluta - dice lo studente - finalmente potevo ritornare a vivere e riprendere i miei progetti di vita, è stato come riemergere dagli abissi. Ora ho un lavoro e penso solo a terminare i miei studi. Dopo lascerò definitivamente Cosenza, forse lascerò addirittura l’Italia per allontanarmi da questa triste vicenda. Ma se non fosse accaduto tutto questo, mai avrei pensato di abbandonare questa città che sento come casa mia e dove ho tutti i miei amici». Bisogna precisare che la vicenda non è totalmente chiusa poiché la procura ha fatto appello alla sentenza.
«Il processo in primo grado del mio assistito si è concluso con una piena assoluzione - aggiunge l’avvocato Francesco Vetere - tutto è nato dal fatto che, quando c’è il sospetto che all’interno di una proprietà privata possano esserci droga o armi, si può procedere a perquisizione senza l’intervento del Pubblico Ministero. Il riferimento normativo è l'articolo 41 del T.U.L.P.S. r.d. 18 giugno 1931 n. 773, che:
‘prevede l'obbligo della polizia giudiziaria di compiere perquisizioni e sequestri quando abbia ricevuto notizia, anche anonima, della presenza illecita di armi, munizioni e materie esplodenti, non denunziate, non consegnate o comunque abusivamente detenute’.
In città c’è una forte presenza nordafricana ed esiste la cattiva abitudine da parte di chi viene sorpreso in possesso di Cannabis, di dichiarare sbrigativamente di averla presa da un marocchino, se si tratta della stazione, o da qualche altro paese del nordafrica se ci si trova in ambienti universitari. Queste false dichiarazioni possono diventare un fardello enorme per chi, come il mio assistito, non ha nessuna colpa nei confronti dello stato e della società ma vive il pregiudizio della propria nazionalità. Quando si fanno certe dichiarazioni bisogna anche pensare alle conseguenze per gli altri».
Oggi lo studente è libero ma in ogni caso tutta la vicenda del processo finora avvenuta lo ha segnato parecchio, così come avviene per tante altre persone che non creano problemi sociali ma che sono trattati dallo Stato alla stregua di pericolosi criminali solo per il desiderio di fumare Cannabis, magari in contesti privati. Per lo più giovani, inesperti, che si trovano con capi di accusa pesantissimi sulle loro teste.
«Vorrei solo dire che servirebbe più attenzione quando si lanciano certe accuse - conclude lo studente - Anche se sono stato assolto la legge è stata durissima con me, e comunque devo ancora aspettare la sentenza di appello. Quattro anni di dolore per quale ragione? Perché fumo Cannabis senza fare del male a nessuno. Bisognerebbe pensare due volte prima di rischiare di rovinare per sempre la vita di una persona onesta».