Perché non abbiamo mai abbastanza cannabis terapeutica?

Soft Secrets
21 May 2019

Come monitorare il fenomeno. Intervista al Dott. Lorenzo Calvi


Il Decreto Ministeriale del novembre 2015 che ha istituito la produzione di cannabis su territorio nazionale, prevede la registrazione dei dati relativi alle prescrizioni di tale medicamento, con la predisposizione di una scheda ad hoc condivisa con le Regioni per ottenere un monitoraggio del suo utilizzo a scopi medici. La trasmissione dei dati all’Istituto Superiore di Sanità, deve essere fatta da ciascuna Regione, dalle ASL e dai medici prescrittori, previa registrazione alla piattaforma web dedicata. Ma, nel concreto, come vengono raccolti questi dati? Che affresco rappresentano? Quale realtà ci raccontano e soprattutto come possiamo rendere tali statistiche utili alla comprensione del fenomeno? Sul finire del 2018, l’Istituto Superiore di Sanità ha presentato un bilancio annuale, in un incontro pubblico presso l’Ospedale di Careggi, a Firenze. La realtà descritta però, è davvero aderente a quanto avviene nella quotidianità dei malati? Come si potrebbe organizzare una raccolta dati più efficace nel riportare ai professionisti del settore un quadro completo di questa ormai, più che consolidata, realtà? Abbiamo deciso di chiederlo al Dott. Lorenzo Calvi, uno dei medici italiani più preparati sull’argomento. Lorenzo Calvi, infatti, è un medico chirurgo, specialista in anestesia e terapia del dolore che si occupa, in collaborazione con il Dipartimento di Chimica organica dell’Università di Pavia, del progetto di reintroduzione della cannabis nella Farmacopea Italiana. Dopo avergli inviato il materiale diffuso al convegno, lo abbiamo contattato per commentare proprio i dati presentati dall’Istituto Superiore della Sanità.

SSIT: Cosa pensa delle slides presentate dai medici dell’Istituto Superiore di Sanità?

Sono confuse, ci sono troppe imprecisioni e cavilli statistici inutili, che di fatto, in base alla mia esperienza clinica, non rappresentano in alcun modo la realtà che vivo tutti i giorni con i miei pazienti. La scheda di monitoraggio prevista, nella raccolta e nello studio dei dati, per come è stata formulata, dimostra nei fatti la sua incompletezza, la sua debolezza ed approssimazione. Si vede che chi l'ha scritta non aveva la minima idea dell'argomento trattato.

SSIT: Ci può fornire qualche esempio?

Stiamo ancora a dividere tra cannabis FM2 e cannabis di importazione facendone tutta un fascio simile. Il campanilismo del Ministero e la sua illusione di monopolizzare il mercato sono sotto gli occhi di tutti nelle sole percentuali di utilizzo dei due prodotti [Ndr. secondo i dati dell’ISS solo il 9% delle prescrizioni riguarda il farmaco prodotto in Italia. Il Bedrocan è al 58% e 25 % per il Bediol. Entrambi di provenienza olandese]. Richiedere poi la “posologia in peso di cannabis giornaliera” suddivisa in dose/die non ha alcun senso. In quella scheda si pretende di indicare un peso di una sostanza, di cui di fatto non si conosce la concentrazione dei principi attivi, fenomeno ancor più evidente nelle varietà ministeriali, in cui la variabilità della sostanza supera anche il 50%, contro una variabilità prevista per i prodotti ad uso farmaceutico accettabile al massimo al 10%.

SSIT: Può essere più chiaro?

In pratica, per essere accettabile, normalmente qualunque tipo di materiale di grado farmaceutico presenta una variabilità di titolazione del 10%. Pedianios e Bedrocan sono obbligati a restare entro questi limiti. Al contrario, le varietà made in Italy presentano una variazione che sale sino al 50% come ad esempio la titolazione del FM1 per la quale il Ministero dichiara un THC compreso fra il 13% e il 20% ed il CBD sotto l’1% o quella della FM2 con il THC dichiarato fra il 5% e l’8% e il CBD compreso fra il 7,5 % e il 12%. In questi casi il medico non conoscendo, con certezza la concentrazione del prodotto, ha difficoltà nella prescrizione, perché calcola senza conoscere le dosi corrette che assumerà il paziente con la terapia. Inoltre non si tiene in considerazione la normale dinamica di assunzione da parte del paziente. Tale consumo avviene lentamente, per gradi, sino a titolazione dell'effetto terapeutico soggettivo, impossibile da prevedere a priori sulla carta, perché basato sulla clinica individuale. La scheda, evidentemente, prevede una somministrazione fissa come un farmaco classico in mg/die. In più è comune che i dosaggi varino nel tempo e nelle diverse giornate, per rispondere a diverse esigenze: pensiamo al dolore, anche nello stesso soggetto, ad esempio, non è sempre uguale tutto il giorno e tutti i giorni.

SSIT: Riscontra altre perplessità?

La diversa forma farmaceutica (oleolita/fiore) non è nemmeno presa in considerazione. Se sul fiore è più facile fare una media di consumo, con l'olio questo non accade. Prima di vedere il risultato dell'analisi chimica obbligatoria, diventa difficile sapere la concentrazione (che si basa su diversi fattori pratici di estrazione), quindi il numero di gocce per somministrazione, tanto meno la quantità esatta in milligrammi.

SSIT: Sembra che la sua impressione generale sia molto negativa...

Come al solito, per ignoranza sul tema, si tratta la terapia con i cannabinoidi alla stregua di qualsiasi altra terapia farmacologica classica, senza considerarne gli aspetti peculiari e a volte unici, che differenziano i due approcci. Parlo di personalizzazione della dose e diverse posologie nel corso della giornata e nei diversi giorni, di eventuali sospensioni o riacutizzazioni con aumento di dose ecc.

SSIT: Quindi fondamentalmente la scheda di monitoraggio è mal concepita?

In pratica con queste limitazioni, leggendo la scheda, risulta impossibile determinare quanta sostanza viene effettivamente prescritta e consumata, inficiando il numero finale che viene raccolto dall'ISS. Personalmente scrivere 20 o 30 gocce/die (di un estratto non altrimenti caratterizzato) è un'informazione inutile e che, in realtà, viene persa. I dati statistici che seguono come dosi massime e minime o giornaliere, distribuzione prima o seconda prescrizione appaiono falsate per gli stessi motivi.

SSIT: C’è qualche dato che l’ha stupita più di altri?

Mi stupisce molto che le prescrizioni per più dell’80% siano in forma orale, come decotto, e che l'oleolita (tra l’altro il cui metodo più avanzato e completo è frutto delle mie ricerche e pubblicato dal mio gruppo) raggiunga solo il 12% delle prescrizioni. Credo che qui si possa leggere il dato dell'inesperienza del prescrittore nel gestire la terapia e nella scarsa conoscenza delle procedure e della sostanza. Un altro dettaglio che mi balza subito all'occhio, soprattutto dopo aver compilato personalmente così tante schede, è che il paziente viene registrato sotto la scheda di ogni singolo medico e quindi associato all'ASL di appartenenza del prescrittore e non di effettiva residenza. Nella mia casistica, i pazienti che seguo, saranno un 10% appartenenti alla mia ASL, la maggior parte provengono da altre regioni e spesso vengono anche da molto lontano. Se si guarda la distribuzione delle regioni, in realtà il dato è completamente falsato.

SSIT: E in rapporto alla distribuzione della cannabis attraverso le farmacie?

La distribuzione delle farmacie che preparano attivamente e che, soprattutto in passato avevano accesso alle forniture (pensiamo al 2017 in cui a maggio è esaurito tutto), è molto frammentaria e mal distribuita sul territorio. I dati presentati rispecchiano molto anche questo fattore e dunque ulteriormente non sono realistici. Stesso discorso sulle percentuali di utilizzo delle diverse varietà (Bedrocan copre più del 70% dell'import, rispetto ad un Bedica o Bedrobinol), ovvio che le distribuzioni siano diverse, anche perché se il Bedrocan è il medicamento importato maggiormente è naturale che le altre varietà siano più rare e più facili da esaurire.

SSIT: Leggendo questi dati dove risaltano le principali criticità nella loro raccolta?

La maggior criticità è nel numero di prescrizioni e di pazienti. Conosco tanti medici prescrittori, anche nomi noti e famosi, che non hanno mai compilato nemmeno una scheda, quindi senza una raccolta dati vera diventa impossibile fare alcuna statistica. A mio parere bisognerebbe riscrivere la scheda da capo, ampliare e correggere molte parti ed introdurre dettagli diversi, con un senso clinico e scientifico più rigoroso. Sembra quasi che questa del monitoraggio sia più una “complicazione” per far passare la voglia di prescrivere ed usare questa terapia, più che per creare uno strumento utile ed in realtà indispensabile per la ricerca e la successiva ottimizzazione del processo. Come al solito l'approssimazione e la superficialità con cui sembra essere trattato questo tema, rappresenta in realtà, dolosamente, l'intenzione politica di reprimere e soffocare questa possibilità terapeutica, più che migliorarla e renderla veramente fruibile alla popolazione. La migliore legge del mondo è come al solito in Italia, applicata nel peggiore dei modi, con danno per tutti.

SSIT: Perché è così convinto che l’Italia disponga della migliore legge al mondo per quel che riguarda la cannabis medica?

Perché sulla carta la nostra legge dice che qualunque paziente, per qualunque patologia, per la quale esista un corpus di ricerche scientifiche, può ricevere senza pagare cannabis per motivi terapeutici prescritta da qualunque medico e comprarsela poi in qualunque farmacia del territorio. Nessuno ha una legge tanto aperta e a misura di chi soffre. Il problema sono gli ostacoli imposti dall’Ufficio Centrale Stupefacenti. Non dimentichiamoci, tra l’altro, che il dolore cronico è o sarà una condizione che più o meno tutti noi affronteremo e possedere un'arma così efficace e con così pochi rischi rappresenta un vantaggio importante, anche dal punto di vista economico. Abbiamo già sprecato anni in questo e il resto del mondo, copiandoci, sta già facendo molto, molto meglio di noi. Un' ennesima occasione sprecata, e questi dati non sono altro che la rappresentazione statistica di questo fenomeno.

SSIT: E allora cosa suggerisce di fare?

Ascoltare le persone che sono veramente preparate sull'argomento, puntare sulla eccellenza della ricerca italiana, al posto che soffocarla e ostacolarla in ogni modo come fatto finora. Penso alle nostre 7 richieste di progetti di ricerca con le università di Pavia, Milano e Siena, bocciate senza motivazioni dal Ministero e agli ultimi 3 anni persi completamente in questa direzione.

SSIT: Che autorizzazioni vi hanno negato?

Avevamo chiesto di poter coltivare sperimentalmente nuove genetiche. Autorizzazione negata. Abbiamo chiesto di poter lavorare sulla Bedrocan e sulla Pedanios per fare ricerca e ci è stato risposto negativamente con la scusa che avremmo sottratto la medicina ai pazienti! L’unica opportunità era lavorare sulle varietà prodotte in Italia, ma i risultati avrebbero dovuti essere vagliati e scrutinati dal Ministero che aveva comunque diritto di veto sulla loro eventuale pubblicazione. La situazione italiana sulla cannabis è unica nella intera storia mondiale del farmaco e della medicina e l'atteggiamento delle autorità italiane è a dir poco folle e anacronistico.

SSIT: Ne verremo mai a capo?

Probabilmente no. Anche perché sino ad oggi, manca ancora la previsione adeguata del fabbisogno nazionale e di conseguenza, di anno in anno, manca il prodotto per i pazienti e questo è davvero imbarazzante. di Fabrizio Dentini

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