Cannabis e dipendenza. Intervista al Dottor Federico Tonioni
Il dottor Federico Tonioni, medico psichiatra al Policlinico Gemelli di Roma, coordina l'ambulatorio per la dipendenza da cannabis. Lo abbiamo intervistato per capire come gli adolescenti di oggi consumino questa sostanza
Benvenuti nel 2019. Viviamo in un mondo generatore di stress ed ingiustizie, dove spesso il primo cresce nell’impotenza di poter risolvere le seconde. Chi è adulto, conoscendo ormai i propri limiti e compromessi, agisce di conseguenza alleviando questa sensazione di sofferenza con una camminata in montagna, con una cena conviviale e qualche bicchiere di vino o con uno spinello distensivo a fine giornata. Ma gli adolescenti come si relazionano al ritmo della società contemporanea? Come si interfacciano con le sostanze? La cannabis crea dipendenza? O forse riveste un ruolo particolare nello sviluppo e per quale motivo? Lo abbiamo chiesto al Dott. Tonioni, psichiatra al Policlinico Gemelli, coordinatore dell'ambulatorio per la dipendenza da cannabis. SSIT: Dott. Tonioni prima di parlare di dipendenza da cannabis, cosa significa " dipendenza" in senso lato? Esistono due livelli di dipendenza, quello sano e quello patologico. Le dipendenze sane sono fondamentali per formare la nostra struttura mentale e identitaria: penso al rapporto con la madre e all’angoscia del bambino di fare tutto per la prima volta. Questa dipendenza attesta la nostra capacità di entrare in contatto con il prossimo, il sapere stare soli e il sapere attendere. Proprio questa capacità, quella di saper aspettare, si forma con una sana dipendenza nel rapporto materno. Quando questo percorso fallisce la dipendenza sana non si forma e si forma quella patologica che è una sovrastruttura che copre un’angoscia o dolore mentale. Per questo motivo bisogna stare attenti a non svolgere operazioni troppo costrittive sui tossicodipendenti, perché togliendo coattivamente lo sfogo delle loro ansie, si rischia di fare loro male. L’angoscia sta sotto la sostanza e quando si interrompe il consumo, per qualsiasi motivo, può diventare non più contenibile. Le dipendenze non vanno attaccate in quanto tali perché sono difese e quindi la loro interruzione non deve essere imposta, ma deve dipendere dai tempi del paziente e non da quelli burocratici. SSIT: Perché chi si schiera contro le sostanze stupefacenti spesso lo fa con un approccio che stigmatizza le dipendenze in quanto tali? Ammettere che viviamo in una società composta da soggetti dipendenti è un tabù, un'imprecisione o un'affermazione senza riscontri? Credo che lo facciano perché non conoscono le dipendenze e non voglio pensare alla malafede e poca esperienza, poi comunque la politica strumentalizza tutto altrimenti non sarebbe politica. Deve essere chiaro che non si può vivere senza legami e senza dipendenze, la differenza la fa il dolore mentale, anche perché il confine fra dipendenza sana e dipendenza patologica è molto sfumato. La nostra società più che di dipendenze è piena di legami, ma per essere più chiaro farò l’esempio della torta.
L'esempio della torta
Nelle dipendenze sane questa torta ha varie fette alle quali posso attingere, se ne manca una ne ho a disposizione tante altre. Nella dipendenza patologica, invece, la torta è intera, una fetta unica che occupa interamente lo spazio mentale della persona. Quando quindi manca, si crea è un problema, a differenza della torta con le fette che quando ne manca una vi restano le altre. SSIT: Dottor Tonioni cosa emerge dalla sua esperienza di ambulatorio in relazione alla dipendenza da cannabis? Come vivono gli adolescenti nel 2019, ci sono cambiamenti rispetto agli adolescenti degli anni '90? Gli adolescenti non sono meno attrezzati degli adulti, ma a loro differenza, sono in movimento, in divenire, non devono mantenere un equilibrio come gli adulti, devono crearselo. In questo senso la dipendenza patologica è piuttosto una fase di abuso che può sparire senza bisogno di intervento alcuno.
Lo spinello ricreativo pur essendo illegale, non giustifica nessun intervento clinico e da questo punto di vista noi più che altro ci occupiamo di rassicurare i genitori più che di seguire i figli.
SSIT: Quindi non bisogna preoccuparsi esageratamente se i ragazzi consumano cannabis o bisogna comunque essere attenti? La vera pesantezza di uno spinello non sta nel suo contenuto di principio attivo, ma nella funzione mentale che svolge per chi ne fa uso. Il ragazzo che tutti i giorni prima di entrare in classe fuma uno spinello e beve una Ceres ha un problema, perché significa che mette qualcosa fra lui e la realtà che non è il pensiero, quindi questo non è un consumo ricreativo, ma è il bisogno di pensare la realtà tramite un filtro. C’è da dire che questi ragazzi sono la minoranza rispetto alla mia esperienza e vengono dai noi da soli. La maggioranza invece, che viene accompagnata dai genitori, difficilmente necessita di un approccio clinico. Ricordando sempre che l’adolescente non può colludere con le aspettative genitoriali, un po' di preoccupazione la devono dare, ma hanno sempre più diritto alla fiducia che al controllo. SSIT: Dottor Tonioni, tornando alla domanda precedente, sono cambiati gli adolescenti? Si è passati da un modo di consumo in cui lo scopo era la ricerca del piacere, al bisogno di assumere gli stupefacenti per perdere il controllo. I nativi digitali sono più complessi fruitori di sostanze, in sequenza o in concomitanza, tanto che si parla di poliabuso: MD e Keta, cocaina e alcol, codeina contenuta nello sciroppo perla tosse e Sprite, commistioni di sostanze sedative con eccitanti. C’è insomma il tentativo di programmare e controllare gli stati d’animo. SSIT: Nel 2019 possiamo dichiararci colpevoli di non fornire agli adolescenti strumenti culturali idonei per affrontare il mondo delle sostanze stupefacenti? No, anche perché direi che gli adolescenti conoscono sufficientemente le sostanze. Noi adulti dobbiamo riprendere credibilità nei loro confronti. Non hanno bisogno di sapere come funzionano le droghe, ma di riconoscere quello che provano per poi metterlo in parole. Devono sentirsi amati, capiti, non sentirsi soli. SSIT: "L'educazione stupefacente" si forma durante il confronto fra pari, gli adolescenti non hanno interlocutori autorevoli ai quali affidarsi per conoscere le sostanze senza paternalismi di sorta. Che conseguenze ha questo approccio? E’ l’unico possibile perché nell’adolescenza non si vuole ascoltare un interlocutore autorevole perché non si vuole arrivare a compromessi. E’ giusto che gli adulti spieghino le cose come stanno ed è giusto che loro facciano finta di niente. Io non credo nelle imposizioni: ogni regola deve essere posta per innescare una trattativa. SSIT: Lei crede sia auspicabile una formazione obbligatoria alle sostanze all'interno dei nostri istituti scolastici? No, io farei un’educazione ai sentimenti, all’empatia e all’ascolto del prossimo. SSIT: Dottor Tonioni, tornando alla dipendenza da cannabis, dal punto di osservazione privilegiato dell'ambulatorio al Policlinico Gemelli che realtà osserva? La canna è la scusa per venire a parlare e se è solo questo non la prendiamo nemmeno in considerazione. La psicopatologia dei ragazzi è fatta di sintomi e non di malattie. Devono imparare a tollerare il sintomo, faccio un esempio: devono imparare a deprimersi, sono capacità che vanno sviluppate per prepararsi alla vita adulta. SSIT: Quanto influenza la "dimensione del proibito" nel consumo di cannabis per gli adolescenti? Tanto. Dove c’è proibizione aumenta la voglia di trasgredire, la storia insegna. SSIT: Se nel nostro paese si arrivasse mai a legalizzare la cannabis quale età secondo lei dovrebbe essere di limite al suo consumo legale? Credo possa essere lo stesso che per l’alcol. Il limite va posto, tanto gli adolescenti sono programmati per trasgredirlo.