Regolare la cannabis come gli zucchini. Intervista a Richard Rose, pioniere dell'hemp food negli States
Richard Rose ha passato i sessant’anni, è in pensione, ed è arrivato in Italia dieci anni anni fa insieme alla moglie Regina, brasiliana di origine italiana. Attualmente si dedica alla supervisione del Richard Rose Report (https://therichardrosereport.com in 10 lingue), ed offre consulenza sull'industria della canapa e nel campo marketing. Oggi Richard ci racconta il suo percorso e quel che significa essere stati attivisti per la canapa dagli anni settanta ai giorni nostri.
SS: Cosa ti ha resto tanto curioso della canapa? Come hai sviluppato l’interesse per le applicazioni di questa pianta? L’ho usata come medicina a partire dal 1971 e grazie ad essa sono ancora vivo. In California, nel 1972, mi sono battuto durante la prima campagna per la legalizzazione. Successivamente, dopo essere stato premiato, nel 1980, come sviluppatore alimentare e consulente marketing per il consumo di soya, ho puntato la mia attenzione sulla canapa. A partire dal 1994, negli otto anni successivi, ho investito 2,5 milioni di dollari con lo scopo di creare la moderna industria alimentare della canapa fra gli Stati Uniti ed il Canada. Oggi parliamo di un’industria che ha raggiunto il suo primo miliardo di dollari.
SS: Potresti raccontarci cosa succede dall’altra parte dell’oceano? Negli Stati Uniti diversi Stati hanno legalizzato la cannabis, che conseguenze ha avuto questa decisione sulla società americana?
Quarantasei Stati su 50 hanno attuato una qualche riforma sulla cannabis, ma nonostante ciò, al momento, la cannabis non è legale in nessuno di essi. A livello federale, infatti, la cannabis, come le sostanze psichedeliche, si trova ancora nella Scheda 1 [Ndr. a categoria più restrittiva per mancanza di valore medico e per alta potenzialità di dipendenza] quindi il mercato non è libero, ma solamente altamente regolamentato. Ogni anno molte persone sono ancora arrestate, 5.000 in Colorado e 6.000 in California. Le tasse sulla marijuana sono utilizzate anche per finanziare raid contro la concorrenza, includendo i pazienti che coltivano. In Colorado, ad esempio, hanno usato le tasse sulla marijuana per finanziare l'eradicazione di coltivazioni senza licenza, finanche quelle mediche che dovrebbero essere protette dalla Costituzione. Parallelamente, e ovviamente, il mercato nero, in questa situazione, cresce.
SS: Quindi c’è ancora tanta strada da percorrere?
A Denver, capitale del Colorado, coltivare anche solo una pianta outdoor, in uno spazio chiuso e recintato, può farti perdere la casa per confisca dei beni. Al momento, quindi, non è veramente legale, ma solo “legale” con le virgolette. Ricchi uomini d’affari bianchi stanno facendo milioni per la stessa cosa per la quale la gente di colore finisce ancora in galera. Le tasse sono alte e gli ingenti risparmi nei costi di vigilanza e repressione delle coltivazioni vengono ignorati, mai discussi o dati per scontati. Squadre di polizia SWAT pesantemente armate, vigilano su questo tipo di violazioni ed in California si arrivano a raccogliere 30 mila dollari di multe al giorno.
SS: Puoi spiegarci meglio questo discorso sul risparmio nelle operazioni di polizia?
Storicamente, il costo per far rispettare le leggi sulla marijuana (polizia, tribunali e carceri) equivaleva alle dimensioni del mercato nero. Per ogni dollaro speso per comprare marijuana, lo Stato spendeva un dollaro per prevenirne l’acquisto. Quando però, uno Stato passa alla marijuana "legale", tutti i sostenitori di questo processo si concentrano esclusivamente proprio sulle nuove tasse provenienti dal nuovo mercato ormai legale. Nessuno parla del fatto che adesso le imposte sul reddito saranno finalmente pagate mentre non lo erano quando si trovavano nel mercato nero. Nessuno parla dei notevoli risparmi nei costi di repressione di qualcosa che non è più illegale. I bilanci non diminuiscono, anzi, in molti casi aumentano, per l’assunzione di nuovi "cannapoliziotti" utili per vigilare sulle numerose nuove fattispecie di reato create dalla "legalizzazione". Lo Stato sta risparmiando maggiormente, sta ottenendo nuove tasse sulla marijuana e sta ottenendo un'imposta sul reddito che non aveva mai ottenuto prima. La cannabis è una mucca da soldi tutta da mungere.
SS: E nonostante tutto, che tipo di impatto ha avuto la legalizzazione della cannabis dal punto di vista economico e sociale?
Per primo ha avuto il merito di estendere il dibattito a livello pubblico. Stigmatizzata solo fino a qualche anno fa, oggi, sulla marijuana ci sono film e programmi in televisione e non solamente quelli alla "Cheech and Chong", ma anche programmi per il pubblico generalista. Anche le mamme del ceto medio urbano la utilizzano e sembra che ormai tutti posseggano un vaporizzatore portatile per il THC.
SS: Quali consigli ti senti di condividere con gli attivisti italiani?
Bisogna puntare ad una regolarizzazione minima per permettere ai pazienti ed agli adulti di poter coltivare qualche pianta per uso personale senza timore. Non c’è alcun bisogno di un sistema altamente regolamentato, quello servirebbe solo per favorire la creazione di un modello: “Amazon della Marijuana" dove le grandi imprese venderebbero ai privati. Anche la DEA ha definito la cannabis come “la sostanza terapeutica più sicura conosciuta dall’uomo”. Non si tratta dunque di una pianta pericolosa o con un utilizzo rischiuso, quindi non dovrebbe essere trattata come tale. Regolare la cannabis come gli zucchini, questo dovrebbe essere il primo traguardo.
SS: Da questo punto di vista, cosa pensi del fenomeno cannabis light?
Il fenomeno cannabis light è profondamente utile alla causa. Grazie alle insegne che proclamano orgogliosamente “CANNABIS” in tutta la penisola, si è normalizzata la parola e l’immagine della pianta. Quello che abbiamo notato negli Stati Uniti, negli Stati più conservatori, è che con il CBD, per la prima volta, veniva accettata una forma qualsiasi di cannabis. Anche il Senatore ultra conservatore Orrin Hatch della religione mormone nello Stato dello Utah, ha fatto una dichiarazione molto positiva sul CBD. Un bambino in sedia a rotelle e con le crisi epilettiche ha fatto più delle ragioni e del buon senso di migliaia di attivisti. La cannabis light è la punta acuminata della lancia per la legalizzazione e per questo motivo alcuni procuratori si ostinano ancora a reprimerla nonostante sia legale.
La legalizzazione ha un valore positivo in assoluto o cela degli effetti secondari negativi?
Sicuramente il valore è positivo, anche se a causa della natura umana, e non a causa della pianta, sussistono degli aspetti negativi. In Colorado, dopo la legalizzazione, sono stati registrati meno suicidi, meno multe per guida in stato di ebbrezza, 20% in meno di morti sul luogo di lavoro e una generale accresciuta felicità. Da un lato è cresciuto il consumo da parte degli anziani, a causa delle qualità medicinali, mentre, al contrario, il consumo degli adolescenti è diminuito. Un risultato perfetto insomma.
SS: Ma non è tutto oro quel che luccica...
Il rovescio della medaglia di questo processo è l’avidità, ma ciò è dovuto alla legge e non alla pianta. A causa dei soldi coinvolti, c'è stato un aumento della corruzione tra polizia, politici e autorità di regolamentazione. Questo perché il modo in cui hanno "legalizzato", conferisce un’importanza maggiore agli avvocati, alla polizia, ai consulenti, ai lobbisti e, in ultimo, alle aziende che vendono e che non vogliono accrescere la concorrenza. Ciò significa che, mai come oggi, dopo questa "legalizzazione", non ci sono mai stati così tanti avversi alla vera legalizzazione. Le associazioni di attivisti, infatti, subiscono un disincentivo perverso nel raggiungere la vera legalizzazione, quello di dover mantenere il proprio posto di lavoro. La pesante regolamentazione ha corrotto molti politici e regolatori. E le aziende che dispongono già di una licenza non hanno fretta di vedere la cannabis in un’altra categoria rispetto alla Scheda 1 o veramente legalizzata, poiché ciò aumenterebbe la concorrenza.
SS: Quindi sei molto critico rispetto alla piega che ha preso questo processo storico?
Quella che voi chiamate legalizzazione io la chiamo “Proibizionismo 2.0”: la ricerca scientifica è ancora molto difficile, le aziende non possono affidarsi alle banche, le tasse sono più alte che negli altri settori, centinaia di migliaia di persone vanno ancora in carcere per coltivazione o per possesso, e ci sono ancora persone in carcere all’ergastolo per la stessa attività per la quale, negli stessi Stati, altre persone fatturano milioni. A livello nazionale, gli arresti non sono diminuiti, ce ne sono ancora 750.000 all’anno, e per la maggior parte riguardano persone di colore. Nonostante infatti, i tassi di consumo siano simili, i neri vengono arrestati 4 volte di più rispetto ai bianchi. Solo la vera legalizzazione avrà pochissime conseguenze negative.
SS: Quali sono i principali ostacoli sul cammino della legalizzazione in Italia?
La convinzione che non sia possibile è l’ostacolo più grande perché può diventare una profezia che si autoavvera. Bisogna lasciare spazio a chi pensa che sia realizzabile. Nessuno è più pessimista rispetto alla politica italiana che un italiano. Solo perché è sempre stato così non significa che lo sarà sempre in futuro. Dobbiamo creare ciò che vogliamo, non accettare ciò che non vogliamo. Per l'Italia, dovrebbe essere una decisione profondamente facile, gli avversari storici giocano sopra un ghiaccio sempre più sottile. Pensando alla polizia, il loro lavoro sarebbe più semplice perché potrebbero concentrarsi su crimini reali, anziché sull'agricoltura illegale. Per i religiosi, la cannabis è menzionata spesso nella Bibbia perché si sa che Dio non commette errori. Anche l'agenzia antimafia italiana vuole che la cannabis venga legalizzata in modo da rimuovere una grossa parte dei profitti della criminalità organizzata, in un’intercettazione è stato sentito un capo mafioso che diceva "se legalizzano la cannabis siamo rovinati". I medici con una cannabis veramente legale potrebbero trattare meglio i propri pazienti. I contribuenti dovrebbero essere sulla stessa linea, poiché la legalizzazione ridurrà significativamente i costi medici e d’applicazione.
SS: Che tipo di risparmio comporta la legalizzazione della cannabis dal punto di vista della spesa medica?
Negli Stati Uniti, la legalizzazione comporterà un risparmio sui costi dei farmaci soggetti a prescrizione di quasi $ 4 miliardi all'anno, l'1,1% di tutte le spese relative ai farmaci soggetti a prescrizione. In Italia, uno studio ha scoperto che cannabis light ha portato a "una riduzione dell'1,5% del numero di prescrizioni antiepilettiche, antidepressive, oppiacee e antiemicrania. Le prescrizioni per i pazienti psicotici sono diminuite di circa il 4-5% e questo è solo il risparmio relativo ai farmaci con prescrizione. Ci saranno anche enormi risparmi per il sistema sanitario a causa della riduzione di infiammazioni e tumori, tentativi di suicidio, guida in stato di ebbrezza e infortuni, demenza, epilessia, morbo di Alzheimer e Parkinson e simili.
SS: Non credi che l’Italia sia troppo bigotta per questo passaggio? Alcuni sostengono che l'Italia sia troppo conservatrice, ma in realtà non lo è. In Italia si riscontrano alcuni dei tassi più alti di utilizzo di cocaina in Europa, avete avuto una porno star in Parlamento, molti usano la cannabis qui come in America e ormai pochi cittadini frequentano la Chiesa. Nonostante tutto l’Italia rimane un paese dove la compassione per il prossimo esiste ed è radicata e la cannabis è fondamentalmente una questione di compassione per i pazienti che ne hanno bisogno. Non è una droga di passaggio per droghe pesanti, ma al contrario, in realtà, è una droga di uscita per quelle pesanti.
SS: Al momento gli italiani non possono coltivare per se stessi e se vogliono curarsi o comprano quella prodotta dai militari o quella importata da Olanda e Canada, che ne pensi?
Che non c'è alcun motivo per importarla dal Canada o dai Paesi Bassi o di far coltivare l'esercito come se si trattasse di qualcosa di pericoloso. Il Portogallo, paese più conservatore dell'Italia, ha depenalizzato TUTTE le droghe. Alcuni degli Stati americani più conservatori l’hanno legalizzata, così come un altro paese fortemente cattolico, l'Uruguay. Persino in Thailandia, con la sua lunga storia di esecuzioni per i consumatori di marijuana, è stata legalizzata.
SS: Qui da noi, frequentemente, si può vedere un contadino come Franco Casalone arrestato a causa della canapa. Come è possibile creare un'industria sana se la polizia si concentra ancora sulla repressione?
La canapa non sarà mai libera finché ci saranno leggi sulla marijuana. Lo vediamo anche negli Stati Uniti dove, nel 2018, hanno legalizzato esplicitamente la canapa: alcuni Stati la trattano ancora come se fosse marijuana, nonostante sia canapa conforme. L'arresto di un fratello come Casalone e di altri che coltivano canapa è un vergognoso spreco di risorse pubbliche e deve essere condannato nei termini più forti possibili. Tutti dovrebbero partecipare alle udienze in tribunale, vestiti di verde, per inviare il messaggio che il suo lavoro è importante ed ha il sostegno del pubblico.
SS: Il divieto di consumare cannabis è sempre stato collegato al razzismo da quando Anslinger ha deciso di criminalizzare una pianta per criminalizzare parte della popolazione americana. Considerando questo, cosa ne pensi del movimento #Icantbreath?
Tutte le leggi sulla droga sono state progettate per criminalizzare quelle diffuse fra le minoranze, a cominciare dalle leggi anti-oppio per i cinesi, che hanno costruito l'Occidente americano. Il proibizionismo sull'alcol in America, ha preso di mira la droga scelta dagli irlandesi e dagli italiani. Le leggi sulla marijuana del 1937 hanno preso di mira neri e messicani. Quando ciò fu dichiarato incostituzionale nel 1969, Nixon scrisse il Controlled Substances Act per colpire i neri e i manifestanti contro la guerra. Il rapporto della Commissione Shafer, che egli ignorò, raccomandava la depenalizzazione. Questo modello di razzismo sistematico è incorporato alla società americana e nel suo sistema giudiziario progettato per sostituire la schiavitù con la prigione. Molte carceri sono di proprietà privata quindi hanno bisogno di un numero crescente di detenuti per rimanere redditizie. Le leggi sulla droga sono questo strumento, il 60% è in prigione anche a vita per piccoli crimini di droga non violenti. Le attuali proteste sono l'inevitabile contraccolpo contro quel razzismo istituzionalizzato, che permea ogni aspetto della società americana. Come disse John F. Kennedy: "Coloro che rendono impossibile la rivoluzione pacifica renderanno inevitabile la rivoluzione violenta". Il padre fondatore Benjamin Franklin diceva: "Abbiamo bisogno di una rivoluzione ogni 200 anni, perché tutti i governi diventano stantii e corrotti". Il tempo atteso è arrivato.