Il pesto fa più male del Cbd, la verità scomoda di Santori
L’intervento di Mattia Santori, consigliere comunale di Bologna noto per la sua attività nel movimento delle Sardine e ora nel PD, è stato utilizzato in maniera strumentale dai detrattori della Cannabis evidenziando quanto il dibattito in Italia sia ancora a livello primitivo. Mentre in tutta Europa (Germania in primis) si discute di legalizzazione totale, nel Belpaese ancora si crede alla favola di Salvini sul potere drogante del Cbd
Partiamo da una verità: Santori ha sbagliato... il pesto fa più male del Cbd, specie se proviene da filiera industriale.
La provocazione lanciata da Mattia Santori durante il consiglio comunale di Bologna, con cui ha paragonato il cannabidiolo alla ricetta culinaria, e rimbalzata con sagace furbizia da molti politici e quotidiani, ha effettivamente colto nel segno evidenziando quanto siano primitive le menti italiane sul tema Cannabis.
Infatti, mentre il Cbd è utilizzato in medicina per le sue moltissime proprietà (ansiolitico, analgesico, antidepressivo, muscolo rilassante, antinfiammatorio, antiemetico, anticonvulsivante, neuroprotettivo, antipsicotico), applicazioni certificate da centinaia di studi scientifici a livello mondiale, ad oggi non risulta ancora che un ospedale o un medico abbia prescritto una cura a base di pesto genovese per qualsivoglia patologia.
Magari un bel piatto di trofie liguri al pesto di Pra’ potrà essere un elisir di felicità, ma le sue proprietà terapeutiche non sono ancora state accertate.
Salvini, insieme al Governatore ligure Giovanni Toti, che tanto si è battuto a favore della salsa della pasta attaccando negli anni chiunque ne parli, possono mettersi l’anima in pace: ad oggi non esistono evidenze scientifiche sull'efficacia terapeutica del pesto. Qualcuno doveva dirglielo.
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La vicenda
Così come una voce doveva alzarsi a favore del Cbd e della sua filiera industriale, seriamente minacciata da un Governo che utilizza giochi di parole (“Non esiste Cannabis Light”) come grimaldello populista per forzare l’opinione pubblica.
Ma andiamo con ordine.
Durante il primo consiglio comunale successivo alle vacanze estive del Comune di Bologna, Mattia Santori, prima in forza al Movimento delle Sardine oggi tra le fila del Pd, ha sollevato una questione basilare sul tema Cbd e in generale sulla libertà di impresa.
«L’incontro consiliare è avvenuto pochi giorni dopo il Decreto del Ministero che inserisce il cannabidiolo (Cbd) fra sostanze stupefacenti - spiega Santori a Soft Secrets - una scelta che va a colpire molti imprenditori della filiera, produttori di una sostanza assolutamente legale, senza effetti psicotropi, sicura, dando lavoro a molte persone e ovviamente pagando anche regolari tasse. Per questo avevo chiesto una udienza conoscitiva con cui proponevo all’intero Consiglio Comunale di visitare uno stabilimento di Cbd del nostro territorio, affinché vedessero con i propri occhi il reale stato delle cose».
La reazione dell’assise però non è stata proprio di entusiasmo: «Apriti cielo - prosegue Santori - sembrava che avessi chiesto di visitare una piantagione in mano a pericolosi narcotrafficanti».
Per questo, la settimana successiva, Santori ha lanciato la provocazione del pesto: «Mi è capitato di partecipare a dei campi scuola come responsabile - prosegue il consigliere - e ricordo benissimo che sempre bisogna tenere farmaci salvavita per i ragazzi allergici alla frutta a guscio, che in caso di ingestione li può uccidere in pochi minuti. Questa indicazione è contenuta anche sui barattoli di pesto. La mia provocazione quindi mirava ad evidenziare che l’esistenza di controindicazioni non è sinonimo di droga, e quindi il Cbd, che non ha potenziale drogante, ha tutto il diritto di essere prodotto e commercializzato».
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La strumentalizzazione dell’informazione
Ma a questo punto la macchina del fango si era già messa in moto.
Purtroppo è impossibile governare il dibattito mediatico - spiega Santori - e la mia difesa del Cbd è stata ribaltata in un assurdo attacco al pesto. Avrei potuto scegliere un altro prodotto, tipo il vino o il tabacco, ma in quel caso le controindicazioni sono molto più gravi, risultando addirittura eccessive se confrontate con il Cbd».
Dalla Lega nazionale e da altri partiti si è alzata subito una voce di indignazione con cui però si è dimostrata solamente una conoscenza pari a zero dell’argomento. «Sono felice di aver riaperto il dibattito - conclude Santori - è evidente che c’è poca conoscenza sul tema Cbd e molti pregiudizi. Inoltre ora ho la certezza che ad ottobre il Consiglio Comunale di Bologna visiterà lo stabilimento secondo la mia proposta, verranno anche alcuni rappresentanti dei partiti di destra che hanno già spiegato che desiderano conoscere questa realtà prima di opporsi. Mi auguro che sarà l’occasione per un confronto aperto, senza manipolazioni».
Arretratezza culturale
La vicenda, che si è risolta con il solito polverone mediatico, mette però in luce quanto il pregiudizio e l’ignoranza dominino il dibattito politico. Continuare a sostenere che il Cbd ha potere drogante, oppure la solita frase: “Non esiste Cannabis Light”, o ancora “Tutta la cannabis è uguale” è totalmente fuori dal mondo e dalla scienza. Un dibattito politico fondato sul pregiudizio è quanto di più dannoso possa esistere per le sorti di un paese che sta perdendo un treno dopo l’altro, solo per assecondare il fumo gettato negli occhi agli italiani.
Certo, sarebbe stato bello vedere insorgere a difesa delle parole di Santori anche le associazioni di categoria incaricate di sostenere gli imprenditori della filiera del Cbd, invece di registrare mestamente un’altra occasione persa.