Indicami una sativa - Vogliamo davvero continuare con le bugie?

Soft Secrets
04 Mar 2019

In principio erano indica e sativa, poi arrivò la ruderalis ed infine le landrace. Così la confusione crebbe sempre più sino al paradosso di non riuscir più a capirci un'acca nonostante vi fossero sempre più categorie di erba


Inizialmente esisteva la casereccia, poi arrivò la Skunk chiamata da molti olandese oppure sensemilla, che altro non era se non erba delle medesime varietà coltivate indoor senza impollinazione accidentale. Senza impollinazione le cime sono prive di semi ed ecco comparire una qualità superiore di fiori: quelli senza semi, che in spagnolo si traduce con le parole "sin semillas".

Indicami una sativa. Con l'aumentare dei coltivatori di cannabis aumentò anche la conoscenza delle varietà sempre nuove originatesi anno dopo anno nei giardini di tutto il mondo, finché qualcuno provò ad identificare dei generi o meglio delle subspecie di cannabis. La prima distinzione è quella che balza agli occhi: la forma delle piante. Così si pensò di poter classificare l'erba in indica e sativa a seconda del portamento e della forma della foglia. Come se esistessero solo queste due forme e nulla intermedio.

Da quest'osservazione scaturì il grave errore su cui ancora oggi si fondano la maggioranza del marketing e dell'informazione cannabica (se informazione possiamo definirla...). [bsa_pro_ad_space id=18] Qualcuno pensò di associare gli effetti alla morfologia e così nacque la leggenda che la sativa ti attiva e la indica ti rilassa. Una leggenda che sarebbe meglio definire una bufala. Il primo che consumò una Haze notò un minor rilassamento rispetto alle altre varietà di forma più indica e pensò di avere un effetto più energizzante, confondendo probabilmente l'ansia con una maggior stimolazione mentale.

Oppure ricondusse la mancanza di rilassamento corporeo con una maggior energia... Una deduzione fallace che ha portato numerosi appassionati in errore durante tutti questi anni. Anche i professionisti si son trovati di fronte a questa falsa credenza, ma il marketing ha contribuito ad alimentarla, mantenendo il consumatore finale in una condizione di ignoranza. (indicami una sativa) Grazie a questa confusione probabilmente molti potenziali utilizzatori terapeutici hanno creduto di aver perso tempo provando cure inutili. Se uno cerca un effetto indico (inesistente) e avverte ansia e paranoia probabilmente smette di consumare quella varietà e si butta sull'effetto sativo (inesistente) senza aver giovamenti, perché sta cercando di curarsi con medicinali dall'effetto sconosciuto.

Piuttosto che affidarsi a strain e catalogazioni errate (indica/sativa) sarebbe stato meglio analizzare l'erba in laboratorio e scegliere di curarsi assumendo prodotti dal contenuto di cannabinoidi e terpenoidi conosciuto. Realmente chi consuma piante dalla forma sativa ha lo stesso effetto sempre? E chi invece cerca solo indiche per andare a dormire ottiene sempre lo stesso effetto rilassante? Direi proprio di no, piuttosto sarebbe meglio cercare l'ingrediente attivo (o gli ingredienti) nella resina delle infiorescenze e cercare sempre il medesimo effetto a parità di principi attivi.

Ma poi dico io, indica sono basse e cespugliose, sativa invece sono alte ed areose: se hanno due effetti diversi allora le vie di mezzo tra le due morfologie, i mix indica/sativa, che effetto dovrebbero avere? Se quella alta mi stimola e quella bassa mi addormenta allora cosa devo aspettarmi da una altezza intermedia? forse l'effetto speedball? Oppure devo credere che una pianta bassa e molto potata avrà effetto rilassante mentre una lasciata crescere senza potature avrà un effetto eccitante? Realmente siamo all'assurdo.

Indicami una sativa

Purtroppo nel mondo cannabico le notizie non possono raggiungere tutti in quanto gli appassionati sono limitati dall'illegalità dell'erba che fa sì che le notizie non arrivino ovunque. Già nel 2013 però il signor Jeffrey Raber pubblicò degli articoli in cui evidenziava l'errore e addirittura se la prendeva con chi faceva forza del nome di uno strain per descriverne gli effetti. Poi venne il 2016 e fu la volta del signor Ethan Russo, intervistato da Daniele Piomelli di Cannabis and Cannabinoid Research, che ancora ribadì l'importanza di smetterla di utilizzare la nomenclatura indica/sativa per riferirsi all'effetto delle piante in quanto altro non è se non la morfologia delle foglie.

La morfologia delle foglie non ci dice nulla sul contenuto di cannabinoidi e terpenoidi. Quando mai guardando una foglia se ne son potuti prevedere gli effetti? Ma veniamo al 2018 così che anche le ultime notizie sono aggiornate. Basta cercare nei blog statunitensi per trovare notizie riguardanti il dibattito indica/sativa per rendersi conto che sempre più persone se ne stanno accorgendo dell'inutilità di questa distinzione. Quel che c'è da dire obbligatoriamente è che l'effetto placebo potrebbe essere il responsabile di questa confusione. Provate a far fumare ad un vostro amico che vuole andare a dormire una varietà stimolante (che fino a ieri avremmo chiamato sativa) dicendogli che si tratta della più potente e narcotica erba al mondo. Molto probabilmente non se ne accorgerà.

Un poco come avviene col caffè decaffeinato: la nostra mente è facilmente ingannabile. Ciò che varia nell'effetto è la presenza o meno dei cannabinoidi, il rapporto tra loro e la loro concentrazione. In più l'effetto viene modulato dai terpenoidi e dai vanilloidi presenti nella resina. I metaboliti secreti non sono legati alla forma delle foglie o al portamento della pianta, bensì son legati a dei chemioprofili che verranno tracciati in un futuro anteriore e allora sapremo come muoverci cercando un tipo preciso di effetto o di cura.

Secondo Ethan Russo ad esempio si potrebbe dividere la cannabis in 4 chemioprofili a seconda dei maggiori costituenti presenti o meno nella resina: i cannabinoidi THC e CBD. Il primo chemioprofilo potrebbe essere la cannabis con alto THC e basso CBD, il secondo potrebbe essere l'erba con alto CBD e basso THC, il terzo e il quarto chemioprofilo sarebbero rispettivamente la cannabis con alti THC e CBD e quella con bassi THC e CBD. Facendo così già si starebbe operando una suddivisione migliore della semplice suddivisione indica/sativa che come abbiamo ribadito poco sopra si riferisce solo alla forma e basta. (indicami una sativa) [bsa_pro_ad_space id=18] Io dico, ma è possibile che la cannabis abbia solo due effetti e mille sapori diversi?

Con la complessità chemiotipica che ha l'erba possono esistere solo un effetto couchlocking e uno uplifting? Non suona strano anche a voi? Secondo un studioso canadese, che non vuole apparire col proprio nome su questo giornale, i cannabinoidi sarebbero la chiave che apre le porte dell'effetto ma il viaggio, la durata e l'intensità sarebbe dovuta ai terpenoidi. La prova è stata il test effettuato in doppio cieco valutando l'effetto riportato dai consumatori del prodotto finale: due fiori con lo stesso contenuto di cannabinoidi ma differenti terpenoidi hanno dato effetti diversi.

Eppur erano entrambe indiche... strano vero? Indicami una sativa? Chi vuole giustificare quest'errore di nomenclatura spiegando che il mercato ha bisogno di riferimenti per gli ignoranti continua ad aiutare la comunità cannabica a rimanere ignorante. Bisogna cambiare noi per primi se vogliamo vedere un cambio. Continuare a parlare di indica come sinonimo di rilassante e di sativa come sinonimo di stimolante è falso e sbagliato. Ha solo due effetti l'erba? O ti rilassa o ti eccita?

Con le migliaia di possibili combinazioni di principi attivi presenti nell'erba è impossibile vi siano solo due tipologie di effetto. A volte ho consumato prodotti ansiogeni, altre volte ansiolitici, antidepressivi, altre ancora ho goduto di un effetto limitato alla veglia e altre ancora invece ho avuto riscontri anche nel sonno.

E l'effetto miorilassante dove lo mettiamo? Posso avere il corpo rilassato e la mente per aria o viceversa esser teso come una corda di violino ed annoiarmi al limite della narcolessia. E che dire della durata o della salita dell'effetto che varia un fiore dall'altro? Purtroppo è talmente diffusa questa convinzione come quella che ad uno strain corrisponda un particolare tipo di cannabis.

Forse tra anni avremo ad uno strain un effetto preciso, ma finché non saranno legali gli élite clones bisognerà affidarsi ai semi che sono sempre incroci e non sono identici ai genitori (qualche volta anche meglio ma comunque diversi). Negli Stati Uniti d'America probabilmente questa teoria è già realtà in quanto nei dispensari si possono comprare dei cloni proveniente da ditte autorizzate che garantiscono la genuinità del materiale genetico comprato. Così ha senso anche prescrivere una cura a base di un determinato strain perché di questo se ne conosce la composizione con accuratezza.

Devo specificare che il metodo di coltivazione può influenzare l'espressione dei metaboliti (cannabinoidi e terpenoidi), ma se coltivata al meglio delle proprie condizioni, senza errori umani, darà il medesimo prodotto. (indicami una sativa) Per ora quindi limitiamoci a non perpetrare un errore che solo ci porta più confusione, perché ora che sembra intravedersi la luce in fondo al tunnel serve chiarezza più che mai, o continueremo noi amanti della cannabis a fornire argomentazioni ai proibizionisti. Buone fumate e che la cannabis sia con voi. di CBG

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