Difesa della canapa: tutte le Regioni contro il Governo

Destra e sinistra unite all'unanimità per chiedere un cambiamento immediato dell'Articolo 18 del decreto sicurezza che sta mettendo in ginocchio una filiera da 2 miliardi di euro e oltre 30mila posti lavoro diretti
Le regioni all’unanimità chiedono al Governo di di correggere o eliminare l’art. 18 del Decreto Sicurezza in vigore dal 12 aprile.
Non solo i territori governati dall’opposizione ma anche quelli che appartengono alla maggioranza, ben 14, sono insoddisfatti delle decisioni prese dal Governo e chiedono al più presto un cambiamento di rotta per cercare di salvare il settore della canapa che genera una filiera produttiva da 2 miliardi di euro.
La coppia Salvini - Meloni ha quindi il primato di essere riuscita a mettere tutti d’accordo, un evento che probabilmente non avveniva in Italia dalla stessa assemblea Costituente eletta nel 1946 quando fu creata la Costituzione della Repubblica Italiana. Tale è l'isoddisfazione generata in ogni operatore del settore.
Dalla Commissione Agricoltura, coordinata da Federico Caner, è partito infatti l'appello unanime al Ministero per richiedere di correggere il tiro.
Come si legge anche nella nota stampa divulgata da Canapa Sativa Italia: «In seduta straordinaria del 29 aprile 2025, la Commissione Agricoltura della Conferenza delle Regioni ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che chiede al Governo di correggere o eliminare l’art. 18 del Decreto Sicurezza. L’articolo vieta la coltivazione, la trasformazione e la vendita di infiorescenze di canapa a basso THC (minore dello 0,3%), mettendo a rischio un comparto che conta migliaia di imprese e investimenti pubblici e privati».
Che l’articolo 18 del Decreto fosse un abominio legislativo era chiaro fin dal principio a tutti gli operatori del settore ma fino ad oggi alla questione non era mai stata data un rilevanza politica così elevata.
Tra gli attori che si sono impegnati maggiormente per portare a galla queste incongruenze c’è sicuramente Canapa Sativa Italia che raccoglie tutti gli attori della filiera nazionale della canapa industriale: dai coltivatori certificati ai trasformatori, dai punti vendita ai centri di ricerca. Circa 3.000 aziende distribuite lungo tutta la Penisola e oltre 30.000 posti di lavoro diretti, che spaziano dalla coltivazione in campo aperto alle lavorazioni nei laboratori di estrazione, fino alla trasformazione alimentare, cosmetica e industriale.
Tutte già vittime delle prime ripercussioni del nuovo quadro normativo con aziende che trasferiscono la produzione all’estero, scorte di prodotto ferme nei magazzini per milioni di euro, progetti di investimento sospesi. Un intero settore florido che rischia di essere compromesso proprio nel momento in cui stava conquistando un ruolo strategico nell’economia agricola e nell’innovazione agroindustriale italiana a causa di cecità e incompetenza politica.
Nel dettaglio al Governo è stato chiesto: la revisione immediata dell’art. 18 per riallinearsi alla normativa europea sul mercato unico, l'istituzione di un fondo di emergenza a copertura delle perdite già registrate dagli operatori, la creazione di un tavolo tecnico permanente con Ministero, Regioni e associazioni di categoria per definire regole chiare e stabili. Nelle prossime ore partirà dalla Commissione Politiche Agricole una lettera al ministro Lollobrigida.
«Dal centro-sinistra al centro-destra - commenta Mattia Cusani, presidente di Canapa Sativa Italia - la politica italiana converge su un fatto: la canapa è un asset strategico, non un cliché ideologico. Ignorare l’unanimità dei territori isolerebbe Roma in Europa».