Due mesi di legge Caivano, cosa cambia per la Cannabis

Marco Ribechi
15 Jan 2024

Sono passati due mesi da quando, il 15 novembre, il Governo Meloni ha attuato attraverso la legge 159/23 il decreto Caivano che contiene "Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale". Misure che volevano essere risolutive ma che invece si stanno dimostrando essere l'ennesimo atto di decretazione d'urgenza a cui questo Paese ci ha abituato


Un’urgenza che ha fatto seguito a "lo stupro di Caivano" dove due cugine di 12 e 10 anni hanno raccontato di essere state violentate da un gruppo di adolescenti, in seguito al quale sono stati arrestati 9 giovani, di cui 7 minori. Sull'impeto del sensazionalismo e dell'indignazione dell'opinione pubblica il Governo ha colto l'occasione per varare misure repressive. 

Nel discorso di inizio anno la premier Giorgia Meloni ha affermato: «Caivano dimostra che non era la scelta giusta voltarsi dall'altra parte e noi con Caivano produciamo le norme che servono per le altre situazione e se alla fine i territorio che sottraiamo alla droga diventano i modelli possiamo fare una rivoluzione sulle periferie».

A due mesi di distanza però i dubbi sul valore della legge 159/23 rimangono.

«Il primo problema è di metodologia e riguarda il valore della democrazia - spiega Barbara Bonvicini, vice presidente di Meglio Legale - si procede come al solito in urgenza annullando il ruolo del Parlamento che può solo approvare. Inoltre, al di là delle chiacchiere, non sono stati messi a disposizione fondi o risorse ad esempio per fronteggiare l’abbandono scolastico, oppure dei fenomeni correttivi. Si punta tutto sulla repressione senza alcuna vocazione educativa o condizione di miglioramento per i ragazzi». 

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Barbara Bonvicini, vice presidente di Meglio Legale

Rivolto alle periferie, e in particolare ai minori, lo strumento della punizione non sembra adeguato ad ottenere gli scopi desiderati: «Risulta particolarmente delicato per quella fascia di ragazzi tra i 14 e i 21 anni - prosegue Bonvicini - è la conferma che il Governo sia convinto, contro ogni prova storica, che la criminalità minorile si combatte semplicemente aumentando le pene e segregando fuori dal sociale gli individui colpevoli. Non ci si chiede perché accadano certe cose, non si cerca di comprendere il disagio e così al primo sgarro si punisce».

Infatti, il decreto Caivano ormai legge da due mesi, pur essendo nato sulla scia di fatti di cronaca di estrema violenza, andrà a colpire anche i reati minori tra cui quelli legati al consumo e al possesso di Cannabis, comportamenti che non hanno alcuna pericolosità sociale. «Noi come tantissime altre associazioni - continua la rappresentante di Meglio Legale - riteniamo che ci siano altre maniere per affrontare la situazione. Questa legge, aumentando le pene per i fatti di lieve entità, decreta a tutti gli effetti una maggiore facilità di finire in carcere. Mentre tutto il mondo riduce le pene legate alla Cannabis, addirittura legalizzando totalmente il commercio e l’uso, l’Italia fa dietrofront e guarda a modelli del passato ormai anacronistici».

 

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In particolare risulta assurda anche la pena del Daspo urbano (ovvero il divieto di frequentare determinate aree) per i reati considerati antisociali.

«Bisognerà anche capire come applicare il Daspo a un minore - dice Bonvicini - considerando che si dovrà impedire la frequentazione delle scuole mettendo al margine un individuo che invece dovrebbe essere recuperato e reintegrato. C’è anche un curioso divieto di utilizzare cellulare e computer che probabilmente è totalmente fantasioso e impossibile da attuare, la prova che si tratta di un provvedimento puramente ideologico e fatto senza pensarci troppo».

I risultati di questa legge saranno probabilmente manifesti in estate quando il 26 luglio uscirà il Libro Bianco sulle Droghe che, come ogni anno, fotografa la situazione del paese.

«In questo momento Meglio Legale insieme ad altri partner ha lanciato una raccolta firme che ha superato le 30mila adesioni in un mese - conclude Barbara Bonvicini - chiediamo una legge per consentire la coltivazione domestica fino a 4 piante di cannabis, esclusivamente per uso personale. Allo stesso tempo proponiamo la creazione delle Associazioni di Coltivatori (Cannabis Social Club) con lo scopo della coltivazione della cannabis e della sua distribuzione solamente ai membri. Inoltre, la proposta prevede la decriminalizzazione dell’uso personale. La cosa principale è scalfire il testo unico sugli stupefacenti soprattutto per distinguere lo spaccio e l’uso personale. Dobbiamo assolutamente opporci a questa politica che danneggia solo i consumatori e che serve solo a fare nuovi detenuti». 

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Marco Ribechi