Paradosso Cannabis: produrne meno per averne di più

Marco Ribechi
10 Dec 2021

In pochissimi giorni sono arrivate decisioni altamente contrastanti, da un lato si riconosce la necessità di aumentare le importazioni e la produzione per soddisfare la crescente domanda, dall'altro il Governo vara un decreto per ridurre la quota massima annuale. Attivisti e pazienti nello sconforto aspettano chiarimenti: "Situazione inspiegabile"


Ampliare la produzione di Cannabis medica diminuendo la produzione. Sembrerebbe uno di quegli scioglilingua che hanno reso indimenticabile la comicità partenopea del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, quando di fronte al Duomo di Milano, chiedendo informazioni ad un vigile, pronunciava la sua celeberrima frase: “Mi scusi, per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?” con infinite risate da parte del pubblico spiazzato da cotanta assurdità. E verrebbe da sorridere anche di fronte a questo paradosso tutto italiano che ha investito la Cannabis medica se non fosse che l’ennesima assurdità amministrativa ha letteralmente gettato nello sconforto migliaia di pazienti che dipendono dalla pianta per la cura dei propri, gravi, problemi di salute. 

Infatti, a distanza di pochissimi giorni, sono arrivate due notizie che sembrano una la totale smentita dell’altra. Da un lato, attraverso il decreto del 26 novembre è stato deciso di ridurre da 500 chili del 2021 a 400 chili per il 2022 la produzione di Cannabis medica da parte dell’esercito, mentre dall’altro è prevista per il 17 dicembre la firma di un nuovo accordo per incrementare la produzione della stessa. Due verità apparentemente inconciliabili tra di loro che anche gli attivisti più accaniti fanno fatica a comprendere. Ma andiamo con ordine.

Il 26 novembre è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero della Salute sulla 'Determinazione delle quantità di sostanze stupefacenti e psicotrope che possono essere fabbricate e messe in vendita in Italia e all'estero, nel corso dell'anno 2022'. In altre parole è il decreto che decide quanta Cannabis medica può produrre l’esercito nello stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, ad oggi l’unico autorizzato. Balza all’occhio che la quantità è stata diminuita di 100 chili, ben un quinto del totale. Bisogna però sottolineare che si tratta di una quantità aleatoria massima, mai effettivamente raggiunta poiché, anche con il limite a 500 chili, la produzione italiana del 2020 si è fermata ben prima dei 50.

Negli stessi giorni, in via diametralmente opposta, è stato anche approvato un aumento delle importazioni considerando: "l'aumento della richiesta nazionale di cannabis a uso medico, al fine di garantire ai pazienti l'accesso alle cure, altresì per consentire un ulteriore ampliamento della capacità produttiva nazionale". Ecco quindi che Il 17 dicembre sarà firmato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini e dal ministro della Salute Roberto Speranza alla presenza del direttore generale dell'Agenzia industrie difesa, Nicola Latorre, una nuova intesa che: "permetterà di incrementare ulteriormente la produzione già attiva presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, accelerando i processi industriali al fine di coprire il fabbisogno nazionale, anche tramite la sperimentazione di nuove varietà vegetali" come afferma la stessa Agenzia italiana del farmaco.

La situazione che si è creata, che potrebbe avere le sue plausibili ma oscure ragioni, è attualmente inspiegabile sia per i pazienti che per gli attivisti che stanno aspettando chiarimenti da parte del Governo. Potrebbe forse trattarsi di produzione relativa, considerando che i 500 chili non sono mai stati raggiunti, quindi pur diminuendo la quantità massima si potrebbe incrementare quella relativa. 

In ogni caso, riconoscere la necessità di disporre di più Cannabis e riconoscere la necessità di aumentare le importazioni stride fortemente con il decreto del 26 novembre che invece prevede una contrazione della produzione governativa. Anche nella più utopistica delle ipotesi che aumenteranno le importazioni (fermo restando che l’Olanda non ne fornirà più di 900 chili) e che potrebbero entrare produttori privati (che comunque forniranno la loro quota solo sul lungo periodo) il fatto di diminuire la produzione statale non è certo un segnale di speranza.

I pazienti che si aspettavano un’accelerazione anche nel brevissimo periodo, considerando l’attuale irreperibilità di medicinali, chiedono a gran voce chiarimenti e soprattutto chiedono più impegno per rispettare gli accordi già in atto, non certo per cambiarli a loro sfavore. 

 

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Marco Ribechi