Cannabis medica: Basta bluff, liberate l’autoproduzione
Simone Stara, attivista, paziente e presidente dell'associazione Seminiamo Principi, interviene sulla presunta apertura del Governo riguardo l'uso di Cannabis Medica: "Il vero passo avanti è lasciare liberi di autoprodurre, tutto il resto è solo un contentino"
Cannabis medica, cambiano le modalità ma non la cultura del proibizionismo. Almeno secondo l’associazione “Seminiamo principi” rappresentata dal suo presidente Simone Stara, tutt’altro che soddisfatto dell’incontro avvenuto lo scorso 14 dicembre tra le associazione e il sottosegretario Andrea Costa (leggi l’articolo). Nell’occasione il Governo ha istituito un tavolo permanente di lavoro sulla Cannabis, allo scopo di venire incontro alle istanze dei pazienti che hanno scelto le proprietà terapeutiche della pianta per affrontare varie problematiche di salute.
Secondo i presenti che hanno presieduto l’appuntamento si è trattato di “un notevole passo avanti” dopo anni di totale inefficienza mentre, per altre associazioni e pazienti, si tratta solo di un contentino che non cambia la reale situazione. «Crediamo che la libertà di cura prevista dalla Costituzione debba essere vera libertà - dice Simone Stara - quindi quello che diventa realmente necessario non è solo aumentare le importazioni, firmare convenzioni e riempirsi la bocca di belle parole che ormai sentiamo da decenni. Il passo che dimostra un cambiamento culturale nel paese e una reale intenzione di sviluppare la farmacopea della Cannabis è dare la possibilità ai pazienti di prodursi da soli la medicina che desiderano, secondo le modalità che ritengono più opportune. Non vogliamo che sia esclusivamente lo Stato ad occuparsi della produzione e delle forniture poiché, questo stesso Stato Italiano, ha già ampiamente dimostrato la sua totale negligenza e incompetenza, fornendo prodotti inadeguati e lasciando in continuazione i pazienti sprovvisti delle proprie medicine. Noi vogliamo essere indipendenti per non rimanere mai più senza trattamenti, esercitando semplicemente le nostre libertà costituzionali».
Il timore di Stara è che si crei un monopolio della pianta che, per l’ennesima volta, sarà un danno per i pazienti. «Lo ammetto, non ho un briciolo di fiducia - continua l’attivista e paziente - Sono un malpensante. Ma a ragione, considerando che in tanti anni non ho visto alcun progresso. Impostare su questi “nuovi” termini le forniture di Cannabis significa aprire alle multinazionali estere. Se nell’articolo 32 della Costituzione italiana è sancita la libertà di scelta, perché dobbiamo scegliere solo quello che decidono loro? Ad esempio, la produzione della Cannabis terapeutica delle multinazionali ad oggi autorizzate sul mercato europeo, prevede l’irraggiamento con Cobalto-60 come procedura per l'abbattimento di eventuali parassiti. Così facendo vengono anche distrutti alcuni principi attivi dell'infiorescenza, privandola soprattutto della resina, dei terpeni e di chissà quali altre proprietà, riducendo la qualità terapeutica del fitocomplesso. Inoltre, il Cobalto-60 può causare pesanti effetti collaterali come è accaduto a me stesso. Quindi, perché devo ricevere dallo Stato una medicina che mi fa male? Non si può ridurre la terapia cannabica alle genetiche stabilite dall’Italia e dalla Comunità Europea perché così facendo diminuirebbe il range di scelta per le svariate patologie che la Cannabis ha dimostrato di poter curare. In riferimento a questo esistono tantissime banche semi che producono genetiche relative all’aspetto terapeutico. Quindi, perché limitare la scelta per potersi curare a poche genetiche quando ne esistono migliaia? Noi vogliamo la possibilità di autoprodurre in autonomia ciò di cui necessitiamo per non rischiare di rimanere senza terapia e di doverci adeguare ai contentini dello Stato».
Un altro punto da affrontare secondo Stara riguarda la necessità di fornire ai canapicoltori i permessi di produzione, in quanto non tutti i pazienti hanno la possibilità o la capacità di coltivare autonomamente. «Questa sì che sarebbe una vera svolta, altro che passo, si volerebbe avanti anni luce».
Secondo Stara se altri pazienti ritengono opportuno avere farmaci forniti dallo Stato è giusto che continuino a chiederli, ma questa non può essere l’unica alternativa per tutti i pazienti italiani: «Sia chiaro, non abbiamo nulla contro chi desidera aumentare le importazioni estere, oppure incrementare la produzione dello stabilimento di Firenze - conclude Stara - anzi, sono felice se si riuscirà a fare questo passo avanti che però rappresenta solo un contentino. Se lo Stato dice di voler ascoltare i pazienti allora dovrebbe ascoltarli tutti, non solamente una parte di essi. È l’ennesimo tentativo da parte dello Stato di monopolizzare e mettere le mani sulla Cannabis che invece dovrebbe essere totalmente libera perché non esiste alcun fondato motivo nel XXI Secolo per continuare a mantenere questo assurdo controllo da parte delle autorità. Si tratta di un falso rinnovo culturale che, al contrario, continua a mantenere le vecchie radici del proibizionismo spiccio in cui il cittadino non può scegliere in autonomia».