Malati e Cannabis, un caos all’italiana

Marco Ribechi
26 Sep 2021

L’accesso all’uso terapeutico, nonostante sia previsto dalla legge, incontra notevoli ostacoli nella sua attuazione per problematiche relative alla disponibilità, alla distribuzione e all’informazione. Santa Sarta, vice presidente del Comitato Pazienti Cannabis Medica, analizza la situazione attuale dal punto di vista del malato


La legge in Italia esiste ma è praticamente impossibile attuarla. Questa in estrema sintesi è la fotografia della situazione dei pazienti che fanno uso di Cannabis medica, che oggi vivono in un limbo quasi totalmente abbandonati dalle autorità. 

Tra questi anche Santa Sarta, vice presidente del Comitato Pazienti Cannabis Medica e relatrice del corso "Cannabis Terapeutica: la scintilla del cambiamento" che però, invece di arrendersi di fronte agli ostacoli posti dallo Stato italiano, ha deciso di combattere fondando una rete di buone pratiche. «Il nostro comitato nasce dal confronto sui social tra vari pazienti - spiega Sarta - l’idea è quella di mettere a disposizione informazioni aggiornate e in questo modo migliorare l’accesso alla pianta ad esempio segnalando medici, farmacie e rapportandoci con le Regioni».

Quello della legiferazione delle Regioni è proprio il primo aspetto che crea caos nella continuità terapeutica poiché sono gli enti locali a restringere le maglie dell'approvvigionamento. «Oggi abbiamo molti pazienti che conoscono i benefici che potrebbero avere dall’uso della Cannabis - continua Sarta - alcuni medici e farmacisti informati ma allo stesso tempo una legge che non funziona e va cambiata. Con la sanità delegata alle Regioni ci troviamo nella situazione paradossale che la stessa patologia non viene trattata allo stesso modo in aree differenti». Ad esempio, mentre Lombardia, Campania e Sardegna sono già adeguate all’articolo 18-quater, la Sicilia invece ha incluso solo due patologie sulle sette già previste dal decreto Lorenzin. La Toscana ha una buona legge ma non realizza tutti i preparati e non ha una distribuzione capillare per i pazienti. Regioni come l’Emilia Romagna e la Puglia hanno introdotto la ricetta elettronica mentre nelle altre bisogna passare attraverso un iter burocratico lento e complesso. 

Un altro aspetto del caos all’italiana riguarda la produzione: anche con medici che prescrivono e farmacie in grado di preparare resta sempre il problema della reperibilità che avviene a singhiozzo. «La quantità prodotta dall’Istituto Militare Farmaceutico di Firenze è troppo esigua e non riesce a soddisfare le richieste dei pazienti - prosegue Sarta - inoltre mancano le varietà poiché attualmente viene prodotta solo (poca) Fm2. Questo causa profonda discontinuità terapeutica e allo stesso tempo sappiamo che per patologie diverse servono diverse varietà». 

La conseguenza diretta del caos italiano è che molti sono costretti all’autoproduzione o a rivolgersi al mercato nero. «Dal nostro punto di vista l’autoproduzione non può essere l’unica soluzione - dice Sarta - un paziente sulla sedia a rotelle oppure una mamma che ha un bambino che soffre di epilessia non può mettersi a studiare, coltivare le sue piante, fare i preparati. Il malato deve fare il malato perché deve affrontare già molte problematiche date dalle sue condizioni. E' lo Stato che deve provvedere ad assicurare quei diritti che lui stesso ha sancito. Per quanto riguarda il mercato nero si finisce in un terreno senza controllo perché non si sa chi ha preparato la Cananbis, come, con quali sostanze chimiche aggiuntive. In questo modo si rischia la salute ma purtroppo in tanti sono costretti per poter continuare le proprie terapie. Spesso ci troviamo di fronte a persone farmacoresistenti per cui la Cannabis rappresenta l’unica soluzione».

Infine il problema della formazione delle figure professionali per cui mancano corsi adeguati. «Bisogna partire dalle università ed insegnare ai futuri medici il sistema endocannabinoide - conclude Sarta - se non lo conoscono è ovvio che non possono prescrivere Cannabis. L’ideale è creare una relazione virtuosa paziente, medico, farmacista in cui il primo mostra i suoi bisogni, il secondo fa la diagnosi e il terzo realizza e distribuisce i preparati. E' maturo il tempo perché lo Stato si assuma le sue responsabilità e non faccia finta di non vedere i tanti malati che soffrono e che chiedono solamente ciò che spetta loro di diritto».


 

Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con il corso "Cannabis Terapeutica: la scintilla del cambiamento" ma non si tratta di un promoredazionale, ovvero non c'è nessuna sponsorizzazione in atto. Soft Secrets Italia gratuitamente offre il suo sostegno poiché ne sposa la missione di diffondere il più possibile contenuti utili e aggiornati, seguendo l'idea che solo uniti si riuscirà a promuovere una coscienza sociale libera da pregiudizi e dogmi. Le iscrizioni al corso sono ancora aperte.

 

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Marco Ribechi