I modelli possibili per la legalizzazione made in Italy

Fabrizio Dentini
24 Feb 2022

Non lo avessero annunciato a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno forse non avremmo nemmeno avuto il diritto di sognarlo così presto. I tedeschi si apprestano a legalizzare la marijuana. Mentre gli svizzeri lanciano un progetto pilota con la medesima finalità, al di sopra degli elvetici, i teutonici sono pronti a mettere in riga i popoli europei di fronte alla realtà o, a meglio dire, di fronte alla modernità.


Siamo nel 2022 e non possiamo rimanere rivolti al Novecento. Non possiamo e non vogliamo restare ancorati ad argomentazioni come quelle espresse dal Cerbero bi-fronte Gasparri-Giovanardi, due politici che, dall’altra parte dell’oceano e con tutto il rispetto che meritano, con le loro posizioni talebane, antistoriche ed antiscientifiche, sarebbero delle macchiette da avanspettacolo.

I tedeschi legalizzeranno la marijuana ed è solo questione di tempo. Gli svizzeri, plausibilmente, solcheranno lo stesso cammino. Adesso è il resto d’Europa a dover scegliere da che parte stare. Per questa volta saranno in grado gli italiani a non essere l’ultima ruota del carro? Gli strumenti ci sarebbero tutti. Per cominciare basterebbe comporre una squadra di specialisti (sociologi specializzati in consumo di stupefacenti, medici, avvocati, dirigenti delle forze dell’ordine, educatori, servizi per le dipendenze e riduzione del danno) e spedirli a visitare gli Stati che hanno già sancito la cesura fra il secolo passato e quello attuale. Potremmo dare loro un biennio durante il quale studiare nel dettaglio i differenti modelli proposti e perfezionare quello più adatto alla cultura e società italiana. Vogliamo fare come i 38 milioni di canadesi, ad esempio, dove un maggiorenne può detenere in pubblico sino a 30 grammi di marijuana e coltivare a domicilio sino a quattro piante? Un paese dove lo Stato, tramite il Ministero della Salute, concede licenze di produzione e delega ai poteri locali, le nostre Regioni, la scelta del modello di rivendita commerciale. Un paese che nel 2020, a fronte di 2 miliardi 244 milioni e 912 mila dollari di entrate complessive dal mercato legale, ha raccolto accise per un totale di 52 milioni di dollari [Ndr. Fonte LEGALE: il modello Canada. Officina di Hanf. 2021].

E i canadesi sono la metà di noi italiani. O preferiamo forse il modello dell’Uruguay, scelto da tre milioni e mezzo di cittadini, dove i residenti maggiorenni, dopo essersi registrati (a dicembre 2021 erano 47mila), possono acquistare sino ad un massimo di 40 grammi nelle farmacie autorizzate, possono coltivare sino a sei piante, oltre 13mila persone hanno optato per questa seconda scelta, oppure, come hanno fatto più di seimila persone, riunirsi negli oltre 300 club di produttori con un massimo di 45 membri ciascuno? Un piccolo paese certo, che però al momento ha concesso cinque licenze per produzione di cannabis per il mercato libero, quindici per il mercato terapeutico e ventisei per la ricerca scientifica [Ndr. Fonte Istituto di regolamentazione della cannabis Uruguay www.ircca.gub.uy]. Un piccolo esempio di grande coraggio insomma.

E noi italiani che aspettiamo a scegliere la strada da percorrere? Se la principale economia del continente ha virato in questo direzione l’effetto valanga sarà inevitabile. Perché quindi non cominciare con il dovuto preavviso ad informarsi per poi sintetizzare in un secondo tempo gli aspetti che più si conformano alle nostre esigenze specifiche? Viviamo in un paese dove la marijuana è la sostanza illegale più accessibile. Facilissima da reperire per gli adolescenti che i nostri talebani del proibizionismo vorrebbero proteggere. Diamoci una svegliata, soprattutto per i segmenti più fragili della nostra società. Scegliamo di regolare per impedire l’accesso dei minorenni come, ad esempio, hanno fatto e con successo in Canada. Andiamo oltre e verifichiamo con onestà intellettuale che un mercato, quando è legale, è a tutela ultima del consumatore. Un consumatore garantito che acquista un prodotto sicuro, in un ambiente sicuro, informato e cosciente della propria scelta. Ricalibriamo integralmente l’approccio repressivo.

Chi consuma cannabis impatta in maniera talmente negativa il consorzio sociale da dovergli dedicare tutta l’attenzione penale che ai giorni nostri gli si attribuisce? Liberiamo energie finanziarie per contrastare reati di assoluta emergenza sociale come i disastri ambientali e le morti sul lavoro. Liberiamo le risorse umane necessarie per contrarrestare la piaga della criminalità organizzata che si è fatta ormai imprenditrice nell’arte del riciclaggio di somme mostruosamente sottratte alla collettività. Tutto questo è possibile, serve solo un cambio di passo umile e pragmatico e rendersi conto che le ricette applicate sinora, ben lungi dall’essere risolutive, hanno contribuito a sviluppare effetti collaterali nefasti, come l’intasamento delle aule giudiziarie con processi penali a carico di cittadini che delinquenti non sono e che presentano, nel peggiore dei casi, un profilo criminale paragonabile a quello di Gambadilegno.

 

Questo articolo è tratto dal magazine cartaceo di Soft Secrets, per visionare la versione digitale clicca al seguente link: https://softsecrets.com/it/riviste

 

F
Fabrizio Dentini