Non è spaccio ma condivisione: la cannabis sociale

Fabrizio Dentini
09 Jul 2023

Raimondo Pavarin è un sociologo sanitario esperto in epidemiologia delle dipendenze. Direttore dell’Osservatorio Epidemiologico Dipendenze presso l'ASL di Bologna, è presidente SITD (società italiana dipendenze) per la sezione Emilia Romagna e docente all'Università di Bologna. Nel 2022 ha dato alla stampa un testo approfondito sul mercato della marijuana: "Il mercato sociale della cannabis. Edonisti, libertari e liberisti". Conosciuto a margine della fiera Canapa Mundi, abbiamo deciso di intervistarlo incuriositi dalle potenzialità divulgative della sua opera


SSIT: Che ruolo riveste l'edonismo, in quanto ricerca del piacere, fra le motivazioni che inducono le persone a consumare cannabis? 

La ricerca del piacere, assieme alla curiosità e all'autocura, riveste un ruolo centrale nei significati attribuiti dai consumatori all'uso di sostanze. Alla fine degli anni cinquanta, Howard Becker spiegò in modo magistrale che le persone usavano marijuana non perché erano dei devianti o soffrivano di disturbi psichici, ma piuttosto perché tale uso è collegato al piacere e il consumo è un atto sociale. Va ribadito che la cannabis, come le altre droghe, è una merce: la scelta di utilizzarla si basa sul raggiungimento di un equilibrio tra aspetti soggettivi e oggettivi all'interno di un determinato ambiente sociale. Viene assunta per la funzione rilassante e calmante, per il piacere, per curiosità, per migliorare la socialità e stare con gli altri, per divertimento e svago. Ma si consuma anche per ricercare benessere e felicità, per evasione e distacco dalla realtà, per abitudine, per gestire l'effetto di altre sostanze, come antidepressivo, per cultura o tradizione.

SSIT: Secondo lei perché la ricerca del piacere è tanto stigmatizzata nella nostra società? Non crede che non esista soluzione di continuità fra ricerca del piacere, benessere e salute psico-fisica in senso lato? 

Non mi sembra che la ricerca del piacere sia stigmatizzata, anzi... Mi sembra piuttosto che vi siano valori "ufficiali" e valori "sommersi", che vengono rappresentati in modo falsato, all'interno di un mercato che vende qualsiasi tipo di merci, sia legali che illegali. Si fa, ma non si dice. 

SSIT: Ci vuole descrivere chi è il consumatore di cannabis nell'Italia del 2023? 

Non esiste un profilo particolare, in quanto l'uso di marijuana è trasversale a differenze sociali, culturali, di genere e generazionali. Per cui può essere chiunque, il vicino di casa, il nonno del tuo amico, la cassiera del supermercato, il collega di lavoro, il capo del gruppo scout…

SSIT: Cosa intende per mercato sociale quando descrive quello della cannabis?

Negli ultimi anni, per i rischi dovuti ai controlli delle forze dell'ordine e all'assenza di garanzie sulla qualità delle sostanze, i mercati delle sostanze illegali si sono in larga parte trasformati da mercati aperti a qualsiasi acquirente e senza ostacoli all’accesso a mercati relativamente chiusi - non dominati dalla criminalità organizzata o caratterizzati dalla violenza, in cui venditori e acquirenti fanno affari solo se si conoscono e si fidano reciprocamente. Tali attività, che comportano la vendita di cannabis su una base non commerciale, nel 2000 sono state definite da uno studio indipendente commissionato dalla Police Foundation inglese come mercato sociale o "social supply". 

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SSIT: Quali elementi comprende il mercato sociale di una sostanza? 

I due elementi centrali e universalmente condivisi sono uno scambio di sostanze senza o con limitato profitto ed il fatto che si verifichi tra amici o conoscenti. Il social supply è caratterizzato da piccole transazioni, regali e condivisione fanno parte di norme culturali e della costruzione amicale, opera con largo utilizzo del credito, le sostanze vengono ottenute gratuitamente, da acquisti condivisi e, soprattutto, da conoscenti, amici e amici di amici. Acquistare da amici viene percepito come una riduzione del rischio, sia per l'acquirente che per il venditore, diminuisce i contatti con gli spacciatori e con il mondo della criminalità, favorisce un senso di rispettabilità e di sicurezza. La comunità che utilizza la marijuana mira in questo modo a proteggersi dagli impatti negativi del proibizionismo sul cliente e sul prodotto, come qualità sconosciuta e prezzi elevati, rischio di rapina, arresto e altri danni. Le attività di compravendita non vengono considerate come spaccio, ma come un atto sociale che facilita l'integrazione e la socialità. Anche i venditori ne condividono alcuni valori (non commerciale, non-profit) ed evitano l’etichetta deviante di spacciatori definendosi come persone che aiutano gli amici, che fanno favori. 

SSIT: Ha qualche elemento per circostanziare il mercato sociale della cannabis nel nostro paese? 

Dai risultati delle ricerche che ho condotto in Italia, emerge la separatezza del mercato della marijuana da quello delle altre sostanze illegali, il cui funzionamento sembra basarsi in larga parte su regole proprie, estranee ai valori dominanti nelle odierne società liberiste. Emerge infatti, in modo trasversale, la centralità di regole basate su condivisione, socialità e, in parte, non ricerca del profitto. Si tratta di una realtà alternativa ai mercati gestiti dalla criminalità, che ha prodotto progetti non conformisti (Cannabis Social Club) e merita proposte innovative basate su approcci normativi differenziati per sanzionare e distinguere lo spaccio dal mercato sociale.

 

Questo articolo è tratto dal numero 3/2023 della Rivista cartacea Soft Secrets.

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Fabrizio Dentini