Cannabis terapeutica per l'Alzheimer

Maria Novella De Luca
05 Apr 2023

In un’epoca caratterizzata dall’innalzamento dell’età media, dal progressivo invecchiamento della popolazione e dalla conseguente introduzione del concetto di “quarta età”, l'attenzione del mondo scientifico si sta focalizzando molto su come trattare patologie legate all’invecchiamento e su come migliorare la qualità di vita degli anziani.


Questo è particolarmente vero per gli anziani colpiti da malattie neurodegenerative, prime fra tutte il morbo di Alzheimer.

Il morbo di Alzheimer è una tipologia di demenza che investe le capacità mnemoniche del soggetto, compromettendone i ricordi, le abilità di comprensione, il pensiero e il relativo comportamento personale. È una patologia di tipo progressivo e invalidante, la cui comparsa avviene solitamente dopo i 65 anni. I sintomi possono presentarsi con tempistiche lente e variabili, ma proseguono fino a compromettere in modo irreversibile la memoria. Ad oggi, purtroppo, non esiste una cura  risolutiva.

Le terapie disponibili, infatti, aiutano per lo più a gestire e trattare esclusivamente i sintomi: si utilizzano, cioè, farmaci che aiutano a migliorare i sintomi cognitivi e comportamentali come la tendenza all’aggressività, scatenata soprattutto dall’ansia e dalla frustrazione vissute dal paziente.

Per questo l’attenzione, non solo dei pazienti e delle loro famiglie, ma anche del mondo scientifico, si sta rivolgendo da tempo a nuove prospettive terapeutiche date da sostanze “alternative” come quelle derivate dalla cannabis.

Quello che accade nel cervello dei malati di Alzheimer è una forte diminuzione di acetilcolina, un neurotrasmettitore essenziale per la memoria e la cognizione. I cannabinoidi possono inibire l’enzima che degrada l’acetilcolina (chiamata acetilcolinesterasi), aumentandone la biosdisponibilità.

Inoltre i cannabinoidi possono offrire altri benefici aggiuntivi, come aumento dell’appetito e del peso e riduzione dell’ansia e dell’aggressività.

L’esperienza clinica è spesso positiva con i pazienti trattati con una cannabis THC-CBD in rapporto 1:1, perché è in genere ben tollerata dalle persone anziane. I risultati sono individuali e dipendono dalla condizione clinica all’inizio del trattamento e dalla risposta del singolo. Affiancare un percorso nutrizionale adeguato può dare risultati molto soddisfacenti, soprattutto nelle fasi precoci di malattia: i pazienti sono più gestibili, meno agitati e talvolta rispondono meglio ai trattamenti farmacologici, compresi i cannabinoidi.

Una revisione del 2020 della letteratura preclinica disponibile ha concluso che i cannabinoidi possiedono la capacità di mitigare sia la neuroinfiammazione che lo stress ossidativo associati all'insorgenza della malattia. Gli autori hanno concluso: “Il targeting del sistema endocannabinoide può essere una strategia promettente per sviluppare una terapia efficace per la gestione dell'Alzheimer. Inoltre, i cannabinoidi possono dimostrarsi una terapia a basso costo sicura e affidabile, con effetti collaterali limitati. Sono necessarie ricerche future per studiare l'uso dei cannabinoidi per il trattamento dell'Alzheimer in un contesto di sperimentazione clinica".

Sebbene non siano disponibili studi sull'uomo che valutino l'efficacia della cannabis o dei cannabinoidi nel mitigare l'avanzamento della malattia, esiste un numero limitato di studi clinici e studi di casi che valutano l'impatto dei cannabinoidi sia vegetali che sintetici su alcuni sintomi di questa patologia, come l'agitazione e l’ansia.

Ad esempio, secondo quanto riportato da dati pubblicati sulla rivista italiana La Clinica Terapeutica, il 18 Gennaio 2023, alcuni ricercatori italiani hanno valutato la sicurezza e l'efficacia degli estratti di cannabis contenenti il 22% di THC e lo 0,5% di CBD in 30 pazienti, 9 uomini e 21 donne, con malattia di Alzheimer da lieve a grave. I partecipanti allo studio hanno somministrato gli estratti due volte al giorno per 12 settimane registrando, dopo il trattamento, riduzioni dell'agitazione, dell'apatia, dell'irritabilità, dei disturbi del sonno e dei disturbi alimentari. Hanno inoltre riconosciuto "livelli inferiori di comportamenti fisicamente e verbalmente aggressivi in tutti i pazienti". Il 45% dei soggetti ha sperimentato "una significativa diminuzione del deterioramento cognitivo. Nessuno dei pazienti ha lamentato effetti collaterali negativi. Tutti i pazienti hanno mostrato una migliore qualità della vita e una "diminuzione del carico del caregiver e dei costi delle cure mediche e dell'assistenza".

Questo studio aneddotico, spontaneo e osservazionale ha quindi dimostrato una certa efficacia e sicurezza dell'estratto di cannabis diluito in olio nei pazienti con Alzheimer, ma purtroppo, come sottolineato dalle conclusioni dei ricercatori, ci sono ancora dei limiti da superare. Ad esempio un numero ristretto di pazienti sottoposti alla ricerca, l’assenza di un gruppo di controllo e questionari autosomministrati, che pur essendo gli strumenti più pratici, non sono oggettivi per valutare le funzioni neurologiche dei pazienti con Alzheimer. Sono quindi necessarie ulteriori ricerche ma i risultati di queste osservazioni sono già molto promettenti, se non per una vera e propria cura, almeno per affrontare i sintomi della malattia.

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Maria Novella De Luca