Cannabis e cancro: quali risultati ha raggiunto la ricerca scientifica

Maria Novella De Luca
18 Nov 2022

La letteratura scientifica sul tema della cannabis terapeutica negli ultimi anni ha evidenziato come la cannabis abbia importanti caratteristiche come antidolorifico, antinfiammatorio e antinausea. Tuttavia stabilire se può essere adatta per uccidere le cellule tumorali è ancora molto difficile.


Il cancro è un termine generico usato per malattie in cui cellule anomale si dividono senza controllo e di solito sono in grado di invadere altri tessuti, causando metastasi e alti tassi di mortalità e morbosità. Il cancro non è solo una malattia, ma molte malattie: più di 100 diversi tipi di cancro sono ben caratterizzati dal punto di vista istopatologico dall'OMS e, in base alla profilazione molecolare e genetica, ci sono molto probabilmente centinaia, se non migliaia, di tipi di cancro.
La maggior parte dei tumori prendono il nome dall’organo o dal tipo di cellula da cui hanno origine. I diversi tipi di cancro sono solitamente raggruppati in categorie più ampie come il Carcinoma, il Sarcoma, la Leucemia, il Linfoma, il Mieloma e il Cancro del sistema nervoso centrale.

Il cancro è una malattia molto grave ed eterogenea, quindi, per questo combatterlo terapeuticamente resta una sfida estremamente difficile. Le terapie tradizionali, come la chemioterapia, riescono a salvare molte vite ma a volte, purtroppo, si rivelano inutili.

Gli scienziati, infatti, stanno ancora cercando nuovi trattamenti per aumentare il tasso di sopravvivenza, curare il cancro e soprattutto prevenirlo. Alcuni esperti hanno rivolto da tempo la loro attenzione anche verso la cannabis come potenziale fonte di farmaci antitumorali.

Un numero crescente di studi supporta i benefici dei cannabinoidi utilizzati insieme a trattamenti tradizionali come chemio e radioterapia in diversi tipi di cancro, mostrando i benefici che permettono la riduzioni delle dosi di questi trattamenti, ottenendo risultati migliori di quelli standard per qualità di vita e di sopravvivenza.

Oltre che per trattare i sintomi del cancro e ridurre gli effetti collaterali delle terapie tradizionali, la cannabis è studiata anche per le sue potenzialità nel combattere direttamente diversi tipi di tumore; ci sono ormai un centinaio di studi su cellule e cavie animali che dimostrano come diversi cannabinoidi inneschino vari meccanismi che uccidono le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane. Quello che manca, però, come spiega Manuel Guzman, sul sito dell'International Association for Cannabinoid Medicines sono gli studi clinici che testino queste potenzialità sui pazienti.

Come si legge sul sito, infatti, sono stati pubblicati i risultati della sola Fase I di uno studio clinico del 2006  sulla possibilità che i cannabinoidi possano curare il cancro nei pazienti. A nove persone con glioblastoma multiforme avanzato e recidivante, un aggressivo tumore al cervello, nelle quali in precedenza la terapia standard aveva fallito, è stato somministrato THC altamente purificato attraverso un catetere direttamente nel loro cervello. In queste condizioni la somministrazione dei cannabinoidi è risultata sicura e potrebbe essere ottenuta senza significativi effetti indesiderati. Inoltre, sebbene conclusioni non statisticamente significative possano essere estratte da un piccolo gruppo di pazienti e senza un gruppo di controllo, i risultati ottenuti suggeriscono che alcuni pazienti abbiano risposto, almeno parzialmente, al trattamento con THC in termini di diminuzione del tasso di crescita tumorale, come indicato dall’imaging e dall’analisi dei biomarker.

Questi sono indubbiamente risultati incoraggianti ed hanno sostanzialmente rafforzato l'interesse sul potenziale utilizzo dei cannabinoidi nelle terapie del cancro. Tuttavia evidenziano anche la necessità di maggiori ricerche al fine di ottimizzare l'uso di cannabinoidi, in termini di selezione dei pazienti, associazione con altri farmaci antitumorali e di uso di altre vie di somministrazione.

Nonostante questi e altri risultati, la strada è ancora lunga quindi e passa per la completa comprensione dei meccanismi con cui i cannabinoidi agiscono in vari contesti del nostro organismo, fra cui il sistema immunitario e lo stesso sistema endocannabinoide.

IN ITALIA

Anche in Italia la ricerca in questo ambito è attiva grazie al gruppo di Patologia Generale ed Immunologia dell’Università di Camerino, di cui fa parte il ricercatore Massimo Nabissi che dal 2009 s’interessa di fitoterapia, con particolare attenzione alla ricerca su fitocannabinodi.

Nabissi nel 2010 ha svolto le prime sperimentazioni con CBD e THC in cellule tumorali di glioblastoma e mieloma multiplo. Come spiega lui stesso in un’intervista rilasciata a Canapa Medica le sperimentazioni, sia nel glioblastoma che nel mieloma multiplo, hanno evidenziato un ruolo anti-tumorale sia per il THC che per CBD. Inoltre, la combinazione con i chemioterapici utilizzati nella terapia standard per questi tumori, ha evidenziato come l’aggiunta di THC e CBD fosse in grado di aumentare l’effetto citotossico degli stessi chemioterapici e come l’aggiunta dei cannabinoidi potesse permettere di ottenere un effetto antitumorale maggiore, anche riducendo le dosi dei chemioterapici.

Quindi in dieci anni di ricerca sui fitocannabinoidi le principali evidenze che sottolinea Nabissi riguardano un’attività anti proliferativa e citotossica dei cannabinoidi nelle cellule tumorali. Un altro aspetto interessante dei cannabinoidi è la loro capacità di interagire con diversi chemioterapici, aumentandone l’attività citotossica.

I meccanismi di azione del THC e del CBD, sono in parte sovrapponibili, nel senso che entrambi i cannabinoidi agiscono inducendo la morte cellulare delle cellule tumorali ed hanno un effetto minore in cellule non-tumorali. 

Sebbene questi siano indubbiamente ottimi risultati incoraggianti, in Italia, come ricorda lo stesso Nabissi, quello che manca per poterci affidare alla cannabis come effettivo anti tumorale piuttosto che solo come cura palliativa, è la possibilità di fare studi clinici, di cui, come ricorda lo stesso Nabissi si parla da anni ma che non sono ancora stati valutati, forse perché si ritiene che i dati pre-clinici non siano sufficienti da giustificare uno studio clinico.

Comunque tra il 2019 e il 2020, in altri paesi sono partiti diversi studi clinici. Quindi attendiamo i risultati e poi si potrà parlare di terapia anti-tumorale con cannabinoidi in modo più preciso.

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Maria Novella De Luca