Il ricordo di Andrea Spinetti guerriero della Cannabis

Marco Ribechi
08 Sep 2022

Da oltre 35 anni malato di Hiv a causa di una trasfusione infetta ha trascorso tutta la vita a combattere al fianco dei pazienti per il diritto alle cure. La Cannabis era l'unica sostanza capace di alleviare le sue sofferenze. Il ricordo degli attivisti e dei familiari


«La supererò e vinceremo… insieme» è questo l’ultimo messaggio inviato da Andrea Spinetti con la maschera dell'ossigeno sul viso al suo amico e compagno di lotta Simone Stara, presidente dell'Associazione Seminiamo Principi che da anni si batte per la Cannabis terapeutica e la libertà di cura. 

Sono le parole di chi non si arrende, di chi combatte fino all’ultimo per quello in cui crede, dal lato della giustizia nonostante le enormi difficoltà e i torti subiti.

«Andrea era una persona molto coerente che manifestava con le azioni il proprio pensiero - dice Simone Stara - viveva una vita all’insegna del dolore e della sofferenza, entrando e uscendo dagli ospedali, ma non si era mai tirato indietro e fino all’ultimo ha continuato a spendersi per il sogno in cui credeva».

Andrea, come molti altri malati e attivisti, sperava di poter vedere un giorno, anche in Italia, una legge chiara che mettesse nero su bianco il diritto dei pazienti a curarsi autoproducendosi la Cannabis terapeutica necessaria a poter condurre un’esistenza dignitosa. Proprio per questo, negli ultimi anni, aveva contattato Stara e si era anche tesserato con Seminiamo Principi nel tentativo di creare una cellula a Genova in grado di aiutare i tanti malati costretti come lui a vivere condizioni di disagio a causa della colpevole assenza dello Stato. 

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Andrea Spinetti con l'amico Simone Stara

«Una delle caratteristiche di Andrea è che era molto preparato - prosegue Stara - combatteva in maniera scientifica con serietà, voleva dimostrare che lo Stato in realtà ha abbandonato i pazienti fallendo rovinosamente nella fornitura di Cannabis terapeutica, l’unica terapia che può permettere a molti di condurre una vita dignitosa».

Andrea infatti nel 1985, ancora minorenne, aveva contratto l’Hiv a causa di una trasfusione infetta, questa sua malattia lo affliggeva con moltissime patologie differenti, dal dolore cronico, ai problemi di stomaco fino anche alle infezioni polmonari, la Cannabis era l’unica sostanza in grado di alleviare i suoi patimenti. 

«Nonostante si fosse trovato isolato non si è mai arreso - dice Stara - proprio in questi ultimi mesi aveva trovato delle persone in grado di accompagnarlo nella lotta per la giustizia e avevamo programmato in questi giorni un incontro per concretizzare i nostri progetti. Purtroppo non ce l’ha fatta ma lo ricorderemo sempre con ammirazione e onore. La speranza è che altri possano proseguire a Genova la sua battaglia e che il sentiero che ha tracciato non venga abbandonato».

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Andrea Spinetti durante un incontro contro il proibizionismo

La mamma Adriana De Marchis e la sorella  Silvia Spinetti lo ricordano combattente dalla più tenera età, fin da prima della malattia che ne ha condizionato l’intera esistenza. «Non riusciva a tollerare le ingiustizie - raccontano le donne addolorate - già da bambino si metteva nelle situazioni difficili cercando di risolverle, ha sempre avuto l’ideale di difendere i più deboli anche a costo di subire in prima persona le conseguenze. Era generoso d’animo, pensava sempre agli altri e non rifiutava il suo sostegno a nessuno. Se qualcuno lo contattava si spendeva fino all’ultimo per cercare di inserirlo nei canali giusti, con lui nulla rimaneva in sospeso».

La Cannabis lo ha sempre accompagnato nell’affrontare le proprie sofferenze: «Nelle sue condizioni ne faceva largo uso e era l’unica cosa che gli portava benefici a livello fisico - spiega la madre - purtroppo quando è venuto a mancare per pensionamento il medico prescrittore Marco Bertolotto di Pietra Ligure nessuno ha provveduto a sostituirlo lasciando Andrea e tutti gli altri pazienti senza ricetta e senza terapia».

Quasi 40 anni trascorsi nell’Hiv durante i quali Andrea aveva studiato, si era documentato e aveva aggregato tanti malati come lui con l’associazione Sangue Infetto. La legalizzazione per la coltivazione della Cannabis medica era il suo chiodo fisso poiché negli anni, nonostante le difficoltà lavorative, era stato costretto a spendere molti soldi per curarsi e non voleva che questa situazione si ripetesse per altri pazienti. La latitanza dello Stato nei confronti dei più deboli, dei malati, era per lui qualcosa di intollerabile.

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Andrea già attivista in una foto da ragazzo

«Ripeteva sempre che la Cannabis aveva poteri fantastici - concludono i familiari - rallentava le sue complicazioni, riduceva il dolore cronico che provava, gli dava appetito e solo grazie alla pianta ha potuto affrontare la sua vita in modo dignitoso, senza abbattersi ma, al contrario, donando energia e forza agli altri».

La coscienza di chi male rappresenta lo Stato italiano è disseminata da martiri come Andrea, persone imprescindibili, guerrieri senza paura, combattenti spesso di solitarie guerre contro l’ottusità di chi governa piuttosto che nei confronti delle malattie terribili da cui sono afflitti. Dolore che si aggiunge al dolore. Per Andrea e per molti altri è necessario continuare ad esigere i propri diritti, a mostrare all’apparato burocratico tutto il male che l'incompetenza sistematica, unita a grande presunzione, crea quotidianamente ai cittadini che non si vedono riconosciuti i diritti che invece la legge prevede.

Ma, come Andrea ha scritto nel suo ultimo pensiero, “un giorno vinceremo… insieme”.

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Andrea durante un presidio a Montecitorio con Dario Franceschini. Il suo commento finale: "Non mi hanno minimamente cagato"
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