Coltivare Marijuana
Coltivare marijuana da soli non è difficile, ma, per ottenere risultati ottimali, è consigliabile innanzitutto informarsi in modo approfondito. La marijuana d'altronde è una pianta particolarmente robusta, relativamente facile da coltivare e in grado di crescere adattandosi a differenti tipologie di clima, sia outdoor che indoor, all’interno di grow box o grow room.
Dovrete individuare prima di tutto il tipo di piante più adatte al vostro spazio di coltivazione, e comprendere quali nozioni sono necessarie e imprescindibili per una coltivazione casalinga, sana, forte e ricca di cime profumate. Vediamo insieme come fare.
Scegliere il terreno adatto
La prima cosa da capire è la tipologia di terreno adatto a coltivare marijuana e il clima di cui ha bisogno. Il terriccio è la base di partenza per avere un buon risultato, questo sia nel caso in cui si decida per una coltivazione in serra, sia nel caso in cui si opti per una coltivazione all’aria aperta.
Si dovrà scegliere un terreno leggero e molto aerato, questo infatti consente all’apparato radicale di assorbire tutti i nutrienti di cui ha bisogno. Se si sceglie la coltivazione di marijuana auto fiorente (cioè semi ibridi la cui fioritura non è legata alla quantità di ore di luce) è bene scegliere un terriccio che non sia eccessivamente ricco di nutrienti e in particolare di azoto perché ciò provocherebbe un eccessivo stress alle radici delle piante impedendo alle stesse di avere sufficiente apporto di aria.
La soluzione ideale potrebbe essere scegliere tre parti di torba, 3 parti di compost, 2 parti di perlite pre-bagnata (necessaria per far radicare la pianta) e terminare con vermiculite pre-bagnata che facilita la germinazione dei semi. Questo composto è molto importante perché la pianta di cannabis una volta che il seme è germogliato e la piantina è nata, non ha bisogno di particolari nutrienti perché ha una fase vegetativa ridotta.
Per avere una buona coltivazione è bene valutare anche l’acidità del terreno e quindi il pH, questo non deve essere eccessivamente basico, né eccessivamente acido.
La scala ha un range che oscilla tra 1 e 14, dove 1 corrisponde alla massima acidità e 14 corrisponde a un terreno basico, per avere la soluzione ottimale il terreno deve avere un pH che oscilli tra i valori 6 e 7.
Naturalmente si può pensare che il terreno, una volta preparato con i giusti componenti e una volta misurato il pH, non dia più alcun problema, in realtà non è così, infatti l’acqua utilizzata per le irrigazioni potrebbe modificarlo, proprio per questo è bene verificare anche il pH dell’acqua e ricordare che per acidificare un terreno si può aggiungere succo di limone all’acqua. Come fertilizzanti per il terreno, si possono usare gli ammendanti costituiti in prevalenza da letame maturo.
Scegliere i semi
Quando si decide di fare una coltivazione casalinga, la scelta dei semi è fondamentale: meglio prediligere semi femminizzati o in alternativa semi autofiorenti perché in grado di fiorire rapidamente, escludendo la produzione di semi che pregiudicherebbero inevitabilmente la qualità delle piante di cannabis sul finale.
Coltivando indoor, ovvero in un ambiente chiuso come ad esempio all’interno delle proprie mura domestiche, è comunque preferibile optare per tipi di cannabis che presentino una crescita ridotta, in grado cioè di mantenere dimensioni piuttosto contenute: tale accortezza permetterà di preservare la coltivazione di marijuana lontana da occhi indiscreti, nel totale rispetto della propria privacy.
I semi femminizzati hanno il 99% di probabilità di generare piante femmine e quindi con un’elevata infiorescenza e un contenuto altrettanto elevato di THC e CBD.
Si tratta di semi comuni sottoposti a trattamenti specifici che li portano a sviluppare caratteristiche femminili. Con i semi regolari c'è il 55% di probabilità di avere piante femmine, quindi può capitare che quasi una pianta su due sia maschio. Usare solo semi femminizzati, oltre a dare la quasi certezza di avere solo piante femmine e quindi con una buona produzione, consentirà di ottimizzare lo spazio perché è come se nello stesso terreno si piantasse il doppio, quindi lo sfruttamento del terreno è ottimizzato.
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Scegliere l’illuminazione adatta
Coltivare marijuana in casa propria è una pratica che necessita prima di tutto dell’illuminazione adatta: viene dunque da sé che se l’esposizione alla luce è sufficientemente buona, qualsiasi ambiente può facilmente ospitare la coltivazione di marijuana.
Se si ha la possibilità, la soluzione più indicata sarebbe quella di esporre le piante su un davanzale affinché le piante possano disporre del maggior numero di ore di luce. Diversamente è possibile optare per lampade per cannabis professionali che possono essere orientate e temporizzate a piacimento, in funzione delle esigenze del tipo di marijuana scelta. Queste vanno a simulare i raggi UV e possono essere regolate in modo da dare alla pianta la giusta quantità di luce in base alla fase di sviluppo della pianta, la luce artificiale consente inoltre alla pianta di assorbire i nutrienti e l’acqua e quindi avere uno sviluppo ideale.
Si può scegliere tra lampade con tecnologia LEC che hanno una colorazione molto naturale grazie alla luce UV-B, lampade LED con un costo iniziale più elevato che può essere ammortizzato con consumi ridotti. Si possono scegliere lampade CFL, anche conosciute come fluorescenti compatte, ma adatte soprattutto alle piccole coltivazioni. Infine ci sono le luci HID che si dividono in due tipologie, cioè lampade MH che producono luce fredda tendente al blu e adatta alla fase vegetativa e HPS, sodio ad alta pressione, adatte invece al periodo della fioritura.
La difficoltà della scelta è soprattutto nella quantità di luce da somministrare, questa deve essere calcolata tenendo in considerazione il tipo di lampada scelta, ma anche le dimensioni dell’ambiente in cui sono collocate e la fase di crescita. Naturalmente luci più potenti portano ad una crescita velocizzata e rigogliosa della pianta.
Il calcolo non è semplice, ma si può fare qualche esempio: su una superficie di un metro quadrato è possibile collocare fino a 12 piante, queste a loro volta hanno bisogno di una lampada da 400 watt per poter crescere rigogliose. Naturalmente nello spazio indoor possono essere collocate più lampade. Questo in linea di massima, occorre poi osservare la pianta, se la stessa cresce in altezza, ma esile vuol dire che ha bisogno di più luce, mentre se si sviluppa in larghezza e ha un fusto di una certa importanza, vuol dire che ha sufficiente luce.
La coltivazione outdoor di cannabis sicuramente può risultare una sfida infatti c’è la luce naturale e le piante seguono un ciclo spontaneo, inoltre l’acqua piovana può far risparmiare il costo dell’irrigazione e la luce del sole consente di evitare l’uso di energia elettrica, infine, la produzione è generalmente più rigogliosa. Nonostante questo, a livello produttivo è una sfida ardua perché le piante possono essere attaccate da parassiti e ondate di calore eccessive o gelate improvvise possono danneggiare la coltivazione.
Il clima ideale deve avere temperature non inferiori a 12°C e non superiori a 30°C, è necessario che la pianta abbia almeno 6-8 ore di luce diretta al giorno, l’esposizione ideale è a sud. Sarebbe preferibile proteggere le piante da temporali improvvisi e bruschi cali di temperature
Bisogna anche aggiungere che chi decide di coltivare marijuana all’aperto ha anche il limite della stagionalità, cioè deve seminare in primavera, in base alle zone anche primavera inoltrata, e poi raccogliere in tarda estate, solitamente alla fine di agosto, in questo modo è possibile avere temperature adeguate e sufficiente luce.
Naturalmente se si vuole avere la certezza di un buon raccolto diventa essenziale produrre indoor, qui c’è il totale controllo di tutte le condizioni e quindi fallire è quasi impossibile.
La germinazione delle piante
Sono innumerevoli le tecniche impiegate per favorire e promuovere la germinazione dei semi di cannabis: la più comune e praticata nelle coltivazione di marijuana domestiche è senza dubbio quella che prevede di effettuare tale azione direttamente nel vaso: è necessario in questo caso praticare un piccolo buco nel substrato ad una profondità inferiore a un centimetro e adagiare il seme per poi ricoprirlo col terriccio, inumidendo il tutto con un po' d’acqua. Saranno sufficienti dai 3 ai 7 giorni per veder apparire i primi piccoli germogli, sempre assicurandosi di mantenere la corretta umidità, nebulizzando acqua con un piccolo vaporizzatore portatile.
In alternativa è possibile porre i semi all’interno di piccoli batuffoli di cotone umidi, racchiusi all’interno di un contenitore sul cui coperchio saranno stati praticati alcuni fori per garantire una corretta ventilazione. Anche in questo caso in pochi giorni i semi di marijuana germineranno e risulteranno pronti per essere successivamente trapiantati.
Fase vegetativa e fase di fioritura
La fase vegetativa è il periodo che intercorre tra la germinazione del seme di cannabis e la successiva fase di fioritura. Una volta germogliati i semi di marijuana diverranno piccole plantule costituite da uno stelo corto e due piccoli cotiledoni di forma arrotondata. Solo successivamente appariranno le prime “vere” foglie: saranno necessarie circa 2–3 settimane perché assumano la peculiare forma a ventaglio necessarie affinché avvenga la fotosintesi, evento che da inizio alla fase vegetativa.
La fase vegetativa in genere può durare dalle 3 alle 16 settimane a seconda della varietà di marijuana scelta e da quanto auspicato dal coltivatore: durante tale periodo la crescita delle piante di marijuana appare letteralmente esplosiva, ponendo la necessità di travasarle in vasi più grandi, affinché l’apparato radicale possa espandersi a sufficienza. Il fusto si sviluppa poi in altezza e lo spazio tra gli internodi aumenta esponenzialmente, preparando gli esemplari alla successiva fase di fioritura che avviene in genere nella 6°, 7° o 8° settimana.
Raccolto della cannabis
Resta, infine, il momento della raccolta, anche questo necessita di particolare attenzione, infatti, deve essere scelto momento giusto. Raccogliere preventivamente le cime implica che gli effetti siano meno potenti perché le varie sostanze ancora non si sono sviluppate del tutto, allo stesso tempo raccogliere in ritardo porta ad un deterioramento dei livelli di THC
La foglia della pianta quando è pronta per il raccolto inizia a ingiallire, in questa fase le sostanze nutritive tendono ad essere dirottate tutte sulle infiorescenze ed è un segnale di inizio della fase di maturazione.
Sulle cime invece si possono notare i pistilli, si tratta di filamenti che fuoriescono dai calici e che sono visibili a occhio nudo, quando questi filamenti assumono un colore rosso la maturazione è quasi arrivata, in seguito il colore vira sul marrone, è bene procedere alla raccolta quando almeno il 50% dei pistilli ha assunto una colorazione scura. Man mano che la percentuale di pistilli di colore scuro aumenta, cresce anche la presenza di THC quindi è bene regolarsi anche in base al risultato finale che si vuole raggiungere.
Generalmente 2 settimane prima della raccolta delle infiorescenze, è necessario effettuare il cosiddetto lavaggio delle radici, praticato interrompendo l'apporto di sostanze nutritive e irrigando le piante solo con acqua a pH bilanciato: tale lavaggio è necessario al fine di eliminare eventuali accumuli di sale e minerali presenti nel substrato, rendendo in questo modo più piacevole il gusto delle infiorescenze, diversamente contaminate da sapori chimici piuttosto sgradevoli
Essiccazione e concia
Con la raccolta non è terminato il lavoro, infatti è necessario prendersi cura anche della concia e dell’essiccamento che servono a evitare la formazione delle muffe. Le infiorescenze devono essere appese a testa in giù in luogo fresco, asciutto e ben ventilato con umidità al 50% e temperatura di 20°C. Trascorsi dai 3 ai 10 giorni la fase di essiccazione è terminata.
Per avere un’erba di qualità, le infiorescenze devono essere sottoposte a trimming, il processo di pulitura delle cime mediante piccole forbici di precisione, che può essere a secco, qualora i rami di cannabis vengano recisi e appesi a testa in giù fino alla completa essiccazione, o in alternativa a fresco, quando la pulitura avviene prima del processo di essiccazione. Se questa procedura viene eseguita prima si riducono i tempi per avere il prodotto finale.
Dopo l’essiccazione inizia la concia, questa prevede di lasciare le infiorescenze in barattoli di vetro sufficientemente grandi, gli stessi devono essere lasciati aperti per almeno un’ora al giorno per la prima settimana permettendo in tal modo un processo di essiccamento della cannabis più lento, pur mantenendo all’interno una percentuale di umidità ideale pari al 62%. .
Questo passaggio è fondamentale perché le infiorescenze accuratamente ripulite dal fogliame, se accuratamente trattate, costituiscono marijuana buona e di notevole qualità, in grado di restituire un gusto e un aroma assolutamente apprezzabili anche dai palati più esigenti e difficili
Che si tratti di marijuana light o ad alto contenuto di THC, prima di dare eventualmente il via a una coltivazione casalinga di cannabis, è necessario ricordare che ad oggi, la coltivazione di cannabis (a prescindere dalle quantità) è illegale e punita dalla legge sebbene le regole sulla coltivazione della cannabis in casa stiano cambiando lentamente.
La commissione Giustizia della Camera, infatti, ha approvato a settembre del 2021, il testo base della nuova legislazione, che propone di consentire la coltivazione per uso personale, e portare a 4 il numero di piante di cannabis che si possono detenere. Il testo ha ottenuto il via libera, non senza scontri, ed ora manca la discussione definitiva in Aula.