Il Thc gemello: intervista al professor Appendino

Fabrizio Dentini
20 Mar 2022

Giovanni Appendino è professore di chimica organica a Novara, presso l’Università del Piemonte Orientale, Facoltà di Farmacia. Nasce nel 1955 a Carmagnola dove il nonno coltivava canapa mentre lui giocava coi canapuli brandendoli come spade invincibili. La canapa insomma è sempre stata parte del suo Universo e, proprio per questa ragione, la maggior parte dei suoi studi, condotti sulla varietà «Carmagnola» e sulle sue derivate, lo hanno condotto all’isolamento di molti nuovi cannabinoidi


SSIT: Tra questi nuovi cannabinoidi quale l’ha colpita maggiormente?

Ultimamente la cosa più strana che abbiamo scoperto è che nella canapa da fibra sono presenti due THC: il Delta 9-transTHC (quello conosciuto da tutti) e il Delta 9-cis-THC, quello scoperto da noi. Queste denominazioni indicano la maniera con la quale il sistema terpenico è unito a quello aromatico. Pensando a due persone che si danno la mano, nel primo caso queste si congiungono con le mani sulla pancia, nel secondo caso, con le mani dietro la schiena. Si tratta di due molecole diverse e la cosa strana non è che esista questo cis-THC, ma che in alcune varietà da fibra entrambi i composti siano presenti con le medesime concentrazioni. Secondo la Convenzione Internazionale sugli stupefacenti, nella canapa esisterebbe un’unica forma tridimensionale di THC, ma in realtà nella canapa da fibra e probabilmente anche in quella per uso ricreativo, che non abbiamo potuto studiare per mancanza di permessi, esistono due forme tridimensionali di THC. Se applicassimo alla lettera il testo della Convenzione si dovrebbe calcolare anche la seconda forma tridimensionale e questo implicherebbe che molte varietà da fibra risulterebbero illegali. 

SSIT: Cosa servirebbero alla pianta queste due molecole simili? 

Ne sappiamo poco, ma sulla funzione dei cannabinoidi in generale ci sono le ipotesi più strane. Una teoria è che essendo la canapa originaria del Tibet e quindi evolutasi in un paese con un’insolazione fortissima, queste molecole servirebbero a proteggere il fiore, dalla radiazione solare, per trasformarsi in frutto. Un’altra teoria vede nella resina una trappola moschicida per gli insetti. La maggior parte dei composti naturali sono frutto di una logica che non riusciamo a leggere. I composti naturali sono come l’etrusco, lo leggiamo ma non capiamo cosa voglia dire. 

SSIT: Supponete che gli effetti del cis-THC siano gli stessi del trans-THC? 

Abbiamo visto che anche questo prodotto è attivo nella tetrade quindi narcotico perché provoca catalessia, analgesia e diminuisce temperatura e locomozione in modelli animali. 

SSIT: Lei che ha descritto i composti naturali come opere d’arte della natura, come descriverebbe la cannabis e le sue potenzialità ad un collega e come la descriverebbe ad uno studente? 

A un mio collega direi che la cannabis è una pianta importantissima perché ha portato alla scoperta di uno dei maggiori sistemi neurali: il sistema endocannabinoide. Inoltre la chimica dei cannabinoidi è una chimica affascinante con delle reazioni molto belle che, in maniera semplice, producono trasformazioni molecolari complesse. Ai miei studenti, invece, dico che la canapa rappresenta un’opportunità trasversale e, proprio per questo motivo, è forse la prima pianta che l’uomo abbia mai coltivato. La canapa è un alimento perfetto, contiene, cosa relativamente rara, tutti gli amminoacidi essenziali, Omega 3 ed Omega 6, le vitamine, la fibra e le sue proteine hanno una composizione simile a quelle della carne. 

SSIT: Al di là delle sue proprietà nutritive, qual è la sua opinione rispetto all’utilizzo della cannabis in medicina? 

Il problema più grosso della cannabis medicinale sono che due aspetti ad essa legati devono andare in parallelo: da un lato bisogna semplificare l’accesso per le persone che ne hanno bisogno, ma dall’altro è importante la tutela delle persone fragili e mi riferisco agli adolescenti che purtroppo sono i suoi consumatori maggiori. Poi c’è anche un altro problema e cioè che è molto difficile leggere la letteratura forense sulla marijuana perché la maniera con la quale viene consumata in Europa, dove viene consumata mischiata con il tabacco, è molto diversa dalla maniera con la quale viene consumata negli Stati Uniti dove viene utilizzata in purezza. La marijuana è resinosa per cui, al momento della combustione, l’ossigeno circola male e la temperatura arriva intorno ai 600-650 gradi e quindi la decarbossilazione dei cannabinoidi acidi è un processo lento. Al contrario, aggiungendo il tabacco, che essendo circondato da lipidi brucia bene e permette una circolazione maggiore dell’aria, il risultato è che si raggiunge la stessa temperatura delle sigarette, circa 1000 gradi e la decarbossilazione dei cannabinoidi acidi diventa molto più rapida. 

SSIT: Questo cosa implica per un consumatore europeo rispetto ad uno statunitense? 

La cinetica di assorbimento è molto diversa. Dato che la marijuana in purezza brucia lentamente la decarbossilazione è un processo lento e la durata di una sigaretta di marijuana è molto più lunga. Un europeo ha un effetto più veloce, ma consuma una quantità di catrame superiore. Nella letteratura forense, dal punto di vista epidemiologico, ci sono diversità fra i dati americani ed europei, ad esempio, nella correlazione con il tumore al testicolo che viene trovato in tutti gli studi europei e non in quegli americani perché lo spinello europeo è molto diverso dal joint americano. I dati paragonano due cose diverse.

SSIT: In Canada, dove l’hanno legalizzata, le persone si avvicinano alla cannabis per le sue qualità rilassanti esattamente come chi, sotto prescrizione medica, la consuma contro lo stress, l’ansia e per migliorare sonno e appetito. Cosa pensa di questa convergenza?

Una volta fumare la marijuana era un atto politico e per questo, come diceva Allen Ginsberg, la legalizzazione avrebbe comportato una diminuzione dei consumi. Quello che mi ha colpito moltissimo è che nei paesi dove è stata legalizzata questo si sia verificato effettivamente. Una quota di consumatori quindi, consuma principalmente a causa dello status di illegalità della sostanza. La marijuana di adesso, comunque, non ha niente a che vedere con quella degli hippies che presentava titoli bassissimi in THC ed alti in CBD. I figli dei fiori, addirittura, ci spremevano il limone sopra per tentare di ciclizzare il CBD in THC.

SSIT: Cosa facevano gli hippies con il limone? 

Trattandolo con acidi e in condizioni di laboratorio, trasformare il CBD in Delta 9 o in Delta 8 è relativamente semplice. Gli hippies lo facevano mettendo il limone sulla marijuana. Ai giorni nostri, leggevo che il titolo medio in THC è salito al 15% senza essere bilanciato da una presenza equilibrata in CBD e questo comporta un’amplificazione del potere narcotico. 

SSIT: Lasciamo gli hippies e torniamo alla ricerca. In quali campi sarebbe interessante proseguire gli studi sulle applicazioni dei cannabinoidi? 

Diciamo che finora le applicazioni mediche, per certi versi, sono state improvvisate. Sembrerà strano, ma i tre principali usi dei cannabinoidi sanciti dalla farmacologia ufficiale sono stati scoperti dai pazienti. Penso all’epilessia infantile genetica, alla nausea da chemioterapia e al glaucoma. Leggendo la farmacologia della canapa molte volte si può vedere che gli studi clinici non hanno dato grandi risultati, ma questo è un grosso errore. La canapa è sempre stata paragonata con il farmaco primo della classe, quindi molti studi che vengono propagandati come negativi, in realtà ci dicono che la canapa è meno efficace rispetto al principale farmaco di riferimento. Sotto questo profilo, anche se la canapa non è un farmaco di elezione, resta comunque una sostanza attiva che potrebbe essere utile in tante malattie che non hanno alcuna terapia. 

SSIT: Anche senza essere un farmaco d’elezione, la canapa presenta un interesse medico perché rispetto a tanti farmaci in commercio presenta effetti collaterali minori. E’ d’accordo?

Certamente. La canapa, raramente, è il farmaco più potente, troviamo frequentemente farmaci più efficaci, il problema è che spesso il farmaco più efficace comporta anche maggiori effetti collaterali. Per questo motivo la sconfitta della canapa rispetto ai farmaci di riferimento è una sconfitta che va analizzata, è una sconfitta parziale. 

SSIT: Nel 2008 in una sua ricerca ha sottolineato il ruolo della cannabis come antibiotico. Ne vuole parlare?

In realtà non abbiamo inventato niente perché esistevano degli studi degli anni cinquanta in Cecoslovacchia dove avevano studiato i cannabinoidi come antibatterici contro la tubercolosi. Abbiamo semplicemente studiato l’azione dei cannabinoidi nei confronti di batteri resistenti agli antibiotici. L’azione antibatterica dei cannabinoidi è ottima per uso topico. Inoltre, considerando gli studi condotti sino ad oggi, i cannabinoidi, a differenza di tutti gli antibiotici che selezionano dei ceppi resistenza e quindi nel tempo perdono efficacia, non generano questa reazione.

SSIT: Al momento a che ricerca si sta dedicando? 

Stiamo studiando una classe di cannabinoidi minori detti chinoni. La cannabis produce centocinquanta cannabinoidi e noi sappiamo, qualcosa, su tre e mezzo di loro ( THC, CBD, CBG e CBC). Su tutti gli altri sappiamo abbastanza poco. I chinoni si formano all’aria per l’ossidazione dei cannabinoidi, hanno un profilo molto diverso dai cannabinoidi e sono attivi sul recettore CB2 e non sul recettore CB1. Inoltre, sono attivi su dei fattori di trascrizione implicati nelle malattie cronico degenerative. Uno dei composti che abbiamo progettato sinteticamente partendo dai cannabinoidi naturali è in corso di sviluppo clinico in fase 2 per il trattamento dello scleroderma, una malattia autoimmune. 

SSIT: Se lei avesse un budget adeguato quali sarebbero le ricerche che vorrebbe condurre?

Innanzitutto studierei i cannabinoidi acidi che sono molto interessanti per un profilo d’azione che va verso le malattie autoimmuni e le malattie neurodegenerative. Poi vorrei continuare a lavorare sui cannabinoidi minori, ad esempio, sopra un cannabinoide interessante, il cannabimovone, un composto con uno scheletro unico nei cannabinoidi. Poi esistono anche altri composti interessanti come le canflavine dei flavonoidi che sono antinfiammatori molto potenti.

 

Questo articolo è tratto dal numero 1/2022 della Rivista cartacea Soft Secrets. Scaricala gratuitamente a questo link.

 

 

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Fabrizio Dentini