Cannatax: strumenti per un'utopia fiscale

Fabrizio Dentini
26 Apr 2022

In seguito al terzo anno di legalizzazione della cannabis in Canada siamo curiosi di sapere se questa svolta epocale può adattarsi alla situazione nostrana per creare un gettito fiscale costante e sostenere l'economia. Ne parliamo col professor Marco Sabatino Rossi


Durante il primo confinamento del 2020, avevamo intervistato il Professor Marco Sabatino Rossi, ricercatore di Economia Politica all'Università La Sapienza di Roma, in merito alla legalizzazione della cannabis come strumento per risollevare un paese mortificato dal lockdown pandemico. L'idea era che con cinque milioni di consumatori e cinquecento tonnellate di cannabis stimata e consumata annualmente, l'introito previsto, in seguito ad un'ipotetica legalizzazione, si sarebbe potuto aggirare intorno ai 5 miliardi di euro. D'altro canto, è importante ribadirlo in ogni sede, insistere con una politica proibizionista il cui sistema, nel corso degli anni, si è dimostrato foriero di costi collaterali non più sopportabili, si rivela una soluzione, economicamente, profondamente immorale e, moralmente, profondamente anti-economica. Ne parliamo di nuovo col professor Marco Sabatino Rossi alla luce del modello canadese.

 

SSIT: Osservando quanto si sta verificando in Canada, dove sono passati tre anni e mezzo dalla totale legalizzazione della cannabis, crede sia possibile cominciare un discorso serio in questa ottica anche in Italia? 

Il caso canadese è uguale ai precedenti: la legalizzazione di un bene ha l'unico effetto di far emergere i consumi dal mercato nero, dove, al contrario, li aveva relegati la proibizione. In seguito a qualunque legalizzazione non c'è mai stata un’esplosione dei consumi, i quali dipendono dalla domanda, cioè dalle preferenze, dai prezzi e dal reddito dei consumatori. La legalizzazione influenza l'offerta, che diventa legale, ma non il volume degli scambi che, invece, è dettato dalla domanda. Ciò è accaduto negli Stati Uniti negli anni Trenta, con la legalizzazione del commercio di alcolici (vietati dal 1919 al 1930) e, successivamente, negli anni Settanta, in Olanda, relativamente alla cannabis, in Portogallo, Uruguay e infine in alcuni Stati degli Usa (Colorado, ecc.). 

SSIT: Come immaginerebbe in Italia l'inedito gettito fiscale scaturito dalla vendita della marijuana legale? 

In un articolo risalente al biennio 2007- 2008 eravamo arrivati a stimare che ipotizzando l'applicazione di una "tassa sul vizio" pari al 75,5% del valore stimato della vendita della cannabis, questa, a seconda degli scenari ipotizzati, avrebbe comportato la riscossione per l'erario di una imposta compresa tra 7 e 10 miliardi di euro. Nella nostra ipotesi di legalizzazione, la normativa fiscale applicata al mercato italiano delle sigarette veniva estesa al mercato della cannabis. In particolare, quindi, per un valore di vendita delle sigarette pari a 100 euro, 58,5 euro erano versati alle casse dell'erario, a titolo di accisa fissa, 17 euro a titolo di IVA, 10 euro andavano al rivenditore e 14,5 euro al produttore. Applicando la suddetta ripartizione degli incassi, per ogni grammo di cannabis venduto al prezzo di 8,1 euro al grammo, lo Stato avrebbe potuto incassare circa 6 euro. La quota destinata ai produttori e distributori di cannabis sarebbe stata di circa 2 euro al grammo. 

SSIT: Non crede che una tassazione troppo elevata concorrerebbe a creare un prezzo non idoneo a lottare contro il mercato nero? 

Se si applicasse questa imposta, il prezzo di vendita della cannabis legalizzata sarebbe pressoché equivalente a quello della cannabis venduta sul mercato nero. Dal punto di vista del compratore, l'alternativa sarebbe acquistare, allo stesso prezzo, cannabis illegale o cannabis legale. Tendenzialmente la scelta sarebbe per la legalità. Ricordiamoci che il prezzo in voga sul mercato illegale è basso perché la concorrenza fra gli operatori fa si che il costo tenda ad un livello minimo contenendo sempre un margine di profitto che il premio previsto per lo spaccio. È difficilmente ipotizzabile che una volta legalizzata la cannabis diminuisca ancora di prezzo. 

Cannabis

SSIT: In Canada lo Stato regola la produzione di cannabis e le Province - equivalente delle nostre regioni - ne gestiscono la commercializzazione. Alcune hanno adottato un sistema pubblico, altre privato, altre ancora un sistema misto fra vendita al dettaglio e rivendita online. Quale modello crede sia il più interessante per la specificità italiana? 

Il modello più semplice sarebbe estendere la regolamentazione dei tabacchi anche alla cannabis (Monopoli di Stato). Il modello più efficiente, invece, sarebbe il libero mercato (come in Colorado). Il caso cannabis light e la rapida ed efficace creazione spontanea del suo mercato, mostra che il tessuto imprenditoriale italiano è stato capace e pronto ad assolvere al suo compito di produzione ed offerta. Non si dimentichi che il clima ed il territorio italiano è particolarmente adatto alla coltivazione della cannabis e che il cosiddetto "popolo delle partite Iva" sempre pronto a sfruttare occasioni di profitto. 

SSIT: Il Dottor Gratteri afferma che legalizzazione significa un'opportunità per il riciclaggio dei soldi della criminalità organizzata. Non crede però che non si debbano tarpare le ali di una società intera per colpa dell'esistenza del crimine organizzato? Non è che se la mafia investe nella ristorazione come conseguenza sono bloccate le licenze dei ristoranti. Cosa ne pensa? 

L'ipotesi di Gratteri presume che le abilità di gestione del mercato della cannabis siano a pannaggio esclusivo della criminalità e che, in seguito alla legalizzazione, tali abilità non possano essere rapidamente apprese da altri. In realtà, già adesso, circa la metà della domanda di cannabis è soddisfatta dalla cosiddetta "offerta sociale", cioè dalla cessione di modesti quantitativi di cannabis tra amici senza rilevanti fini di lucro. Circa la previsione di un dominio della criminalità nel mercato legale, la storia delle legalizzazioni (dall'Olanda al Colorado) afferma il contrario: una volta legalizzato, il mercato della cannabis si è separato da quello delle altre sostanze illegali mentre, nel mercato legale della cannabis, hanno prevalso gli operatori legali. 

SSIT: L'offerta sociale rappresenta una particolarità del mercato della cannabis o è un'opzione frequente quando il bene di consumo in oggetto presenta uno status illegale? Come si trasforma a suo parere lo scambio sociale in un mercato legalizzato? 

Intanto per offerta sociale si intende la cessione di modeste quantità fra amici senza rilevanti fini di profitto. Questa offerta sociale viene riscontrata per tantissimi tipi di sostanze, per esempio, per gli anabolizzanti usati nelle palestre. Per loro esiste un mercato sociale fra i soci delle palestre. Stessa cosa per il ciclismo ed il doping. Non si tratta pertanto di una peculiarità del mercato della cannabis. In un certo senso i Cannabis Social Club [CSC] spagnoli rappresentano l'espressione istituzionale di questa offerta sociale è cioè una società di mutuo aiuto fra pari. 

SSIT: In Spagna l'esempio dei social club sembra non aver ottenuto i risultati che si prefiggeva. Con migliaia di soci questi club diventano trampolino e vetrina per la vendita di prodotti acquistati sul mercato nero. Che ne pensa? 

Mi sembra che l'errore sia lo stesso dei Coffe Shop olandesi che nacquero negli anni Settanta, più o meno come i social club, ma che poi sono diventati imprese commerciali in tutto per tutto. Il problema è il medesimo e cioè quello sulle spalle di chi rifornisce questi negozi e della "back door policy" [Ndr. Per "back door policy" s’intende che i coffee shop possono vendere, ma non possono acquistare i prodotti venduti in un mercato tutelato dalla legalità]. 

SSIT: Tornando a considerare l'opportunità che la mafia avrebbe per riciclare i suoi proventi in un mercato finalmente legale, si potrebbe prevedere un meccanismo economico/ fiscale che scoraggi la voglia di investire in questo nuovo mercato da parte della criminalità organizzata? 

La criminalità opera nel mercato illegale perché oggi, grazie alla proibizione, essa può riscuotere lauti profitti. Questi alti margini di guadagno sono, dal punto di vista economico, un premio per il rischio della conduzione di una attività illegale. Una volta legalizzata la cannabis, questo premio per il rischio scompare, cioè scompare l'extra-profitto che attira la criminalità in questo mercato. Il riciclaggio è favorito dalla proibizione, non viceversa. 

SSIT: In che senso? 

Nel mercato della cannabis, come in tutti i mercati illegali, si utilizza quasi esclusivamente valuta in denaro contante accumulato dalle organizzazioni criminali che poi devono riciclarlo. Da questo punto di vista, quindi, la proibizione garantisce l'impiego di una fonte di liquidità di origine illegale che la legalità, ovviamente non permette. 

SSIT: Come economista quali sono gli aspetti più esaltanti che riguardano lo studio dell'emersione di un mercato che dall'undeground diventa, finalmente, mainstream? 

Primo l'incremento del benessere economico nazionale, dovuto a minori importazioni (circa 500 milioni - 1 miliardo). Poi i 60 mila ai 100 mila lavoratori impiegati nel settore il cui reddito arriverebbe a generare un indotto circa 5 volte maggiore. Infine e, ovviamente, le maggiori entrate fiscali.

 

Questo articolo  è tratto dal numero 2/2022 della Rivista cartacea Soft Secrets. Leggila on line o scaricala gratuitamente a questo link.

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Fabrizio Dentini