Curarsi è un crimine: Trisciuglio arrestato per cbd
“Il mio corpo ha un solo proprietario, me stesso” afferma da anni Andrea Trisciuglio, malato di sclerosi multipla dal 2006. E questo proprietario dovrebbe poter scegliere in piena libertà come e con cosa curarsi.
Fondatore dell’associazione LapianTiamo, da sempre radicale, attivista e consigliere dell’Associazione Luca Coscioni, da anni porta avanti con tenacia, una grande lotta, insieme ad altri pazienti italiani. Una lotta contro la malattia, contro la sclerosi, contro i dolori lancinanti, contro le ricadute. Ma una lotta anche contro una legge che non funziona, per una conquista di civiltà, quella del diritto alla cura.
E proprio su questo tema, ancora una volta, purtroppo, dobbiamo tornare a scrivere qualcosa che non ha funzionato, qualcosa che si fatica ad accettare: l’arresto di un paziente che si cura con cannabis terapeutica. Lo scorso 6 maggio, infatti, Andrea è stato posto agli arresti domiciliari a seguito di un controllo della guardia di finanza, che ha rinvenuto lui e il suo accompagnatore in possesso di 20 Kg di cannabis sativa con thc sotto lo 0,2% appena raccolta da una serra in affitto. La canapa era etichettata con tutti i riferimenti previsti dalla legge 242 del 2016 che ne regola coltivazione, possesso e utilizzo terapeutico se l'erba ha un valore di thc inferiore al 2%. Dai documenti quindi era tutto regolare. Ma non potendo stabilire la corrispondenza tra il materiale trasportato e la certificazione, gli agenti hanno denunciato i due uomini all'autorità giudiziaria che ne ha predisposto gli arresti domiciliari e il processo per direttissima con l'accusa di detenzione di stupefacenti. Ieri il Giudice, verificata la situazione, ne ha disposto la scarcerazione immediata.
“Torna come un boomerang il problema di una legge che possiamo definire grigia ed incompiuta, che di fatto non tutela gli imprenditori nel loro diritto al lavoro e pone le persone agli arresti domiciliari”, hanno sottolineato in una nota Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, segretario e tesoriera di Radicali Italiani. E non tutela un malato che con quella produzione vuole curare la sua malattia, soprattutto nel momento in cui, nel nostro Paese, la cannabis terapeutica continua a mancare.
“Dopo aver utilizzato i farmaci tradizionali attualmente in commercio (chemioterapici, immunosoppressori, miorilassanti) purtroppo ho iniziato a soffrire troppi effetti collaterali. Soprattutto le oltre 300 punture di Interferone, oltre a causarmi febbre alta, tantissimi tremori e problemi di incontinenza, mi fecero diventare ago fobico. Fu allora che iniziai a guardare oltre confine per capire come si curano i pazienti con sclerosi multipla e cominciai a vedere che all’estero si utilizzava la canapa e con ottimi risultati, considerata anche la bassissima incidenza di effetti collaterali di questa sostanza. La scelta era presa, decisi di trattare la mia malattia con la canapa”. Così Andrea racconta la sua esperienza con la malattia e l'inizio delle cure con cannabis terapeutica che da anni gli donano sollievo là dove i farmaci tradizionali non avevano più effetto.
A febbraio di quest’anno, in occasione dell’incontro con il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, quando, ancora una volta, rappresentanti di associazioni di pazienti si erano ritrovati a Roma per denunciare la mancanza di cannabis terapeutica nelle farmacie, Andrea ci aveva detto “Guardando tutte le realtà antiproibizioniste ho visto che le lotte vengono vinte sempre con i malati, per questo siamo in tanti qui con il desiderio di far sentire la nostra voce e far valere i nostri diritti”.
Oggi, dopo la notifica della fine dei domiciliari da parte della guardia di Finanza, con appena un filo di voce ma con la solita ironia che lo contraddistingue, ci dice sdrammatizzando “Non mi faccio mancare niente, mi sono fatto anche l’esperienza del carcere”.
“È un barlume di speranza almeno sulla possibilità di uscire con un arresto di 48 ore da vicende così brutte dove nulla cambia tra lo spaccio internazionale e una semplice detenzione, tra l’altro di quella legale” commenta l’avvocato Angelo Ippolito che lo difende. “Ora dovrebbe chiudersi tutto qui: “Il reato non c’è, non c’è nessuna violazione. Quello che resta impresso, come avvocato, è la quesitone del principio di colpevolezza invece che il principio di innocenza, che dovrebbe guidare le istituzioni. Se non si può distinguere ad occhio se la canapa sia legale o meno, è come se venissi arrestato mentre trasporto una cassa di mele. Viene snaturato il principio di innocenza che fa parte del diritto”.
Nel frattempo, mentre la brutta esperienza di Andrea ha un lieto fine, in Italia continua a mancare cannabis terapeutica nelle farmacie e continuano a rimanere senza terapia migliaia di pazienti.
Sicuramente continuerà, inarrestabile, anche la loro lotta, affinché un giorno, speriamo molto vicino, gli venga riconosciuto il diritto di curarsi con la cannabis.