Uso terapeutico della cannabis nella storia

Maria Novella De Luca
25 Feb 2023

Dai vestiti, alle corde, fino al trattamento del dolore, la cannabis nel corso della sua lunga storia ha svolto numerosi compiti, adempiendo agli usi più disparati, tra cui quello terapeutico, già conosciuto molti anni fa.


Le testimonianze antiche dimostrano, infatti, che questa pianta, che oggi sta tornando al centro del dibattito medico-scientifico, era già conosciuta e utilizzata migliaia di anni fa, in tutte le popolazioni della terra come terapia. Il primo uso della cannabis in medicina risalirebbe all’imperatore cinese Shen Nung, che nel 2737 a.C. avrebbe scritto un trattato di farmacologia, in cui viene fatto riferimento anche al Ma, la parola cinese che indica la cannabis, consigliata per trattare casi di “disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale”. Intorno al 2000 a.C. anche gli antichi egizi avrebbero iniziato ad usare la pianta per curare gli occhi irritati: il papiro medico di Ebers suggerisce diversi rimedi, tra cui l’uso della cannabis macinata nel miele. Altri papiri egiziani fanno riferimento a questa sostanza, usata come medicinale. 

In Europa la prima traccia scritta sull’uso medico della canapa si trova nell’Old English Herbarium del IX secolo, dove la si consigliava per medicare le ferite e "per il dolore delle interiora". Successivamente le proprietà medicinali della canapa in Europa sembrano essere dimenticate e bisogna arrivare al 1690 a.D. quando Robert Hooke, famoso medico inglese, descriverà alcuni usi medici che si utilizzavano in India: “è utile per i lunatici e per altri disturbi della testa".

Bisognerà però attendere altri 150 anni perché W.B. O' Shaughnessy, un medico irlandese che aveva prestato servizio per lunghi anni in India, al suo ritorno in patria cominciasse ad usare la canapa come farmaco, per trattare il colera, le convulsioni e fenomeni spastici. Alla fine dell‘800, i chimici erano diventati abbastanza bravi da isolare e riconoscere alcune sostanze contenute nelle piante e nel 1899 fu isolato il primo composto presente nella canapa, il cannabinolo (CBN). Fu solo nel 1964 che il chimico israeliano Raphael Mechoulam isolò il tetraidrocannabinolo (THC) come principio psicotropo della Cannabis. Nel 1988 verrà poi individuato il recettore sul quale il THC agisce e pochi anni dopo sarà individuato il primo legante endogeno, l’anandamide. 

Nel 1990, Lisa A. Matsuda, appartenente ad un gruppo di ricercatori del National Institute of Mental Healt (NIMH), aveva annunciato la scoperta di una rete di recettori, attivati dai cannabinoidi. Gli scienziati stavano cercando di capire in che modo il principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) interagisce con l’organismo e individuarono i recettori CB1. A questo punto, la comunità scientifica iniziò a chiedersi il motivo della presenza di questi recettori per cannabinoidi. La risposta arrivò due anni dopo, quando alcuni ricercatori scoprirono la presenza di cannabinoidi prodotti dall’organismo (chiamati endocannabinoidi): si tratta di molecole di segnalazione molto diffuse nell’organismo, che si legano agli stessi recettori sensibili al THC. Poco dopo l'anandamide venne individuato un secondo tipo di endocannabinoide, il 2-Arachidonoilglicerolo (2-Ag), che si legava non solo con i CB1, ma anche con un secondo tipo di recettore: è così che vennero scoperti anche i CB2.

Il sistema endocannabinoide è presente in diverse specie, dai mammiferi, ai rettili, fino agli invertebrati. Ma l’animale più primitivo in cui è stata trovata questa “segnaletica” è lo schiavo marino, un animale evolutosi oltre 600 milioni di anni fa. Questo fa pensare che il sistema biologico fosse già presente, prima dell’arrivo della cannabis sulla terra.

L’insieme di endocannabinoidi, recettori e sistemi di regolazione costituisce il cosiddetto sistema endocannabinoide, un sistema di neuromodulazione in grado di regolare l'eccitabilità neuronale e di modulare i processi di omeostasi e di plasticità neuronale nel cervello. Esso controlla molti eventi come l’umore, la percezione del dolore, l’apprendimento e la memoria, il vomito, l’appetito, la spasticità, la rigenerazione neuronale e vari altri. Le influenze esterne, come lo stress, possono squilibrare le funzioni corporee. Il sistema endocannabinoide assicura il mantenimento dell’equilibrio interno nonostante i cambiamenti esterni. I principi attivi della cannabis possono sostenere il sistema dall’esterno. 

Ma nonostante le proprietà medicinali della pianta, come abbiamo visto, siano note da millenni, nonostante questi ampi riscontri storici ed i sorprendenti risultati della farmacologia moderna, l’uso terapeutico della cannabis, ancora oggi, incontra grandi difficoltà.  

Dopo il 1920 il clima sociopolitico, in particolare negli Stati Uniti, è iniziato a cambiare e con l’avvento del proibizionismo per l‘alcool anche la Cannabis ha cominciato ad essere vista più come uno stupefacente che come un farmaco. Criminalizzarla purtroppo ha fatto sparire l’uso medico legale ed ha anche reso problematica la ricerca scientifica sui cannabinoidi. 
Col nuovo millennio il valore terapeutico si è iniziato a riscoprire, fortunatamente, e anche se siamo ancora indietro e la ricerca deve ancora raggiungere certezze, l'uso terapeutico della cannabis è sempre più diffuso. 

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Maria Novella De Luca