Studenti contro il proibizionismo
Sono partite dal Nordest le prime mobilitazioni contro la presenza dei cani antidroga negli istituti scolastici previste dal decreto Scuole Sicure e che prevede uno stanziamento di 2,5 milioni di euro in 14 città campione. Un’ennesima operazione di immagine e di spreco di denaro pubblico oltre che oltraggiosa nei confronti del corpo docente e discente. Con i soliti risultati di pochi grammi di cannabis sequestrati e la solita politica dello struzzo rispetto a politiche sociali sempre più trascurate. Anche rispetto al dramma di Venezia, diventata la capitale italiana dell'overdose. Il dato positivo è che, a fronte della generale regressione, si assiste per la prima volta alla crescita di un movimento studentesco diretto contro il dispositivo repressivo.
A distanza di pochi giorni dalla mobilitazione degli studenti padovani, anche gli istituti bresciani, dopo che qualche studente era stato fermato con due canne, hanno indetto una prima manifestazione che accompagna la mobilitazione nazionale del 12 ottobre contro il cosiddetto piano “Scuole sicure”, un provvedimento bandiera che vorrebbe tranquillizzare genitori ed insegnanti e non fa altro che minarne la credibilità. A Padova, alla manifestazione è seguito un dibattito con gli amministratori locali di cui gli studenti si sono dichiarati soddisfatti. Il percorso di lotta si sta cristallizzandosi a livello nazionale anche per recuperare la funzione educativa e non conformista di processi formativi degni di questo nome. Padova e Brescia sono le prime città in cui si è creato un meccanismo virtuoso che intende affrontare il fenomeno della circolazione delle sostanze con una visione più globale. Certamente l’utilizzo di droghe legali ed illegali non può essere incoraggiato in ambito scolastico ma il tema si presta a facili strumentalizzazioni e la repressione legata al proibizionismo non è che un altro dispositivo su cui si innesta il conflitto generazionale, con implicazioni di stampo razzista e sessista come ha dimostrato ampiamente la storia del proibizionismo negli USA. Ma è proprio qui che si sono formati forti movimenti antiproibizionisti ed addirittura delle organizzazioni transcontinentali di persone sveglie ed attive decise a seppellire le politiche antidemocratiche a cui siamo ancora esposti. Dei movimenti che smentiscono ancora una volta l'abusatissimo cliché dello studente in sindrome a-motivazionale da cannabis. La maggior parte dell’opinione pubblica è concorde: occorre evitare la circolazione di sostanze pericolose per la salute dei giovani, per lo meno all’interno degli istituti scolastici. Ma alla base di tutto dovrebbe stare la funzione della scuola come agenzia di formazione e che è in crisi anche per l’ambiguità del ruolo dell’insegnante percepito più che esecutore che soggetto che soffre spesso di scarso prestigio tra genitori ed alunni. Ma è proprio la presenza di cani, telecamere e polizia a sminuire ulteriormente la necessaria funzione pedagogica che si basa sul libero rapporto tra docenti e studenti. I cani a scuola, siano essi dobermann o malinois, rodono il principio base della formazione, le cui istituzioni sono storicamente sottratta al controllo delle autorità tanto che gli edifici scolastici universitari sono storicamente zone off limits per le azioni poliziesche se non per gravi e giustificati motivi. Per evidenti ed acclarati motivi la scienza è libera o per lo meno dovrebbe esserlo. Ben venga quindi il protagonismo giovanile che in forme varie comincia a coordinarsi a livello nazionale ed internazionale per introdurre politiche ragionevoli sulle droghe. È il caso di alcune organizzazioni internazionali come l’SSDP, acronimo degli Studenti per Politiche ragionevoli sulle droghe che organizza seminari e manifestazioni dentro e fuori gli incontri ONU sugli stupefacenti e dalle cui fila è stata eletta a rappresentare la società civile la giovane ungherese Orsi Fehér è stata recentemente eletta nel consiglio delle ONG rappresentate a Vienna. Nel corso di venti anni questi attivisti hanno lavorato e si sono incontrati nelle comunità, nelle conferenze e tra gli oceani perché sono convinti di una cosa: “la guerra alle droghe è un affronto ai diritti umani, alla libertà cognitiva, e ad approcci basati sull’evidenza alle droghe e nei confronti delle persone che le usano. Noi non siamo d’accordo su tutto - qualche volta non siamo d’accordo su molte cose! - ma siamo sicuramente d’accordo che a nessuna persona dovrebbe esser negato il futuro solo perché usano droghe, e che vada garantito un abbondante accesso agli interventi di riduzione del danno e ad un trattamento qualificato, e che le voci delle persone giovani spingeranno i decision maker vero soluzioni ragionevoli rispetto agli argomenti più pressanti". Una battaglia di ragionevolezza che va sicuramente implementata anche in Italia, a cominciare dal Nordest. Pochi giorni fa gli studenti e le studentesse animatrici di SSDP hanno festeggiato venti anni di assemblee, sit-in, marce, azioni di lobby, incontri per stilare proposte, costruire coalizioni, raccogliere fondi per telefono-e qualche volta- persino a ballare e far festa ed intendono farlo per altri venti anni. Anche con l'aiuto del pubblico invitato a collaborare nella celebrazione di questa ricorrenza. A fronte della generale regressione, si assiste per la prima volta alla crescita di un movimento studentesco diretto contro il dispositivo repressivo.