Cambiare il sistema, non il clima, scegliendo la canapa come energia sostenibile

Maria Novella De Luca
23 Nov 2021

Il 12 Novembre 2021 si è conclusa la XXVI Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che quest’anno si è tenuta nel Regno Unito, nella piccola valle verde della città di Glasgow. Un appuntamento che molti ritenevano essere la migliore, nonché ultima, opportunità del mondo per tenere sotto controllo le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici. Iniziata il 30 ottobre la Conferenza ha riunito leader mondiali, attivisti, esperti di tematiche ambientali con l’obiettivo comune di trovare un accordo sulla strategia da attuare per contrastare gli effetti del cambiamento climatico da qui fino al 2030 e poi fino al 2050.


Sì, perché sebbene sia difficile da ammettere e accettare il problema del riscaldamento climatico ci riguarda tutti e tutti dovremmo esserne preoccupati. Ancor più difficile da accettare è il fatto che senza i fossili facciamo fatica a mantenere il nostro stile di vita.

I cambiamenti climatici, in realtà, ci sono sempre stati nella storia del Pianeta. Ma il riscaldamento climatico a cui assistiamo da circa 150 anni è anomalo perché innescato dall’uomo e dalle sue attività. Con la rivoluzione industriale l’uomo ha improvvisamente rovesciato in atmosfera milioni di tonnellate di anidride carbonica ed altri gas serra portando la quantità di CO2 presente in atmosfera al doppio rispetto ai minimi degli ultimi 700 mila anni

La maggior parte delle emissioni di gas serra sono da attribuire al consumo di carbone, petrolio e gas, ma anche l’abbattimento delle foreste ha provocato danni consistenti: gli alberi aiutano a regolare il clima assorbendo l’anidride carbonica dall'atmosfera, quindi se vengono abbattuti l'effetto benefico si perde e il carbonio immagazzinato negli alberi viene rilasciato nell'atmosfera, accentuando l'effetto serra.

Su questo come su altri aspetti legati ai cambiamenti climatici potrebbe venirci in aiuto la pianta di canapa ma ancora, purtroppo, non viene presa in considerazione seriamente come valida alternativa.

Noi di Soft Secrets ne abbiamo voluto parlare, in maniera più approfondita, con un esperto, il Dott. Domenico Buoniconti, laureato in astronomia e in Global Change Ecology and Sustainable Development Goals all’Università di Bologna. Fondatore del sito di informazione sulle energie rinnovabili https://www.fontidienergiarinnovabile.it è uno dei pochi esperti a considerare il valore della canapa e a spiegare come potrebbe, effettivamente aiutarci nel processo di transizione ecologica.

SS: Pochi giorni fa si è conclusa a Glasgow la Cop26 per raggiungere un accordo su come affrontare i cambiamenti climatici. Crede che si sia raggiunto qualche traguardo importante dall'incontro dei grandi leader in questi 12 giorni di negoziati?

Sul fronte del documento finale, la novità più rilevante è che i paesi del mondo puntano ora a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. L'Accordo di Parigi del 2015 metteva come obiettivo principale i 2 gradi, e 1 grado e mezzo come quello ottimale. Con Glasgow, 1,5 gradi diventa l'obiettivo principale, e 2 gradi soltanto il Piano B.

Il documento fissa anche l'obiettivo minimo di decarbonizzazione per tutti gli stati firmatari: un taglio del 45% delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010, e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il testo invita i paesi a tagliare drasticamente anche gli altri gas serra (metano e protossido di azoto) e a presentare nuovi obiettivi di decarbonizzazione (Ndc, National Determined Contributions) entro la fine del 2022. Il documento invita i paesi ad accelerare sull'installazione di fonti energetiche rinnovabili e sulla riduzione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili. La Cop26 riconosce l'importanza di giovani, donne e comunità indigene nella lotta alla crisi climatica, e stabilisce che la transizione ecologica debba essere giusta ed equa.

Dove la Cop26 ha mancato l'obiettivo è sugli aiuti ai paesi meno sviluppati per affrontare la crisi climatica. Il documento invita i paesi ricchi a raddoppiare i loro stanziamenti, e prevede un nuovo obiettivo di finanza climatica per il 2024. Ma nel testo non è fissata una data per attivare il fondo da 100 miliardi di dollari all'anno in aiuti per la decarbonizzazione. Uno strumento previsto dall'Accordo di Parigi e mai realizzato, visto che i paesi ricchi non vogliono tirare fuori i soldi. Anche dopo Glasgow, il fondo rimane una promessa.

Sul fronte degli accordi internazionali raggiunti durante la Cop26, la novità più eclatante è il patto di collaborazione fra Usa e Cina sulla lotta al cambiamento climatico. Le superpotenze rivali accettano di lavorare insieme su tutti i dossier che riguardano il clima, dalle rinnovabili alla tutela degli ecosistemi.

Venticinque paesi, fra cui l'Italia, hanno deciso di fermare il finanziamento di centrali a carbone all'estero, e altri 23 di cominciare a dismettere il carbone per la produzione elettrica.

Una trentina di paesi e 11 produttori di auto, tra cui però non compaiono né l'Italia né Stellantis, si sono impegnati a vendere solo auto e furgoni a zero emissioni entro il 2035 nei paesi più sviluppati, ed entro il 2040 nel resto del mondo.

SS: "Cambiamo il sistema, non il clima" recitava un cartello nelle manifestazioni della Cop25, quella che si tenne a Parigi nel 2015. In effetti servono soluzioni, cambiamenti e azioni che partano prima di tutto da un cambio di prospettiva, un vero e proprio cambio culturale. Dovremmo iniziare a ripensare le nostre abitudini e il primo passo verso questo cambiamento del sistema, da fare collettivamente, è uscire dalla dipendenza del petrolio. È d’accordo? Cosa pensa a riguardo?

Chiaro, si dovrebbe fare uno sforzo enorme e tentare di capire che ora il vero guadagno è ridurre le emissioni inquinanti e imboccare finalmente la strada dell'utopica, almeno al momento, visione delle emissioni zero. Questo però è possibile solo mediante l'educazione ambientale, si dovrebbe partire dalla base, dalla scuola e insegnare che il profitto economico ad ogni costo non è più sostenibile, già da tempo, per il pianeta. E' difficile cambiare il modo di pensare di chi ha vissuto tutta la vita a cercare unicamente il profitto ma è quello che dobbiamo fare se vogliamo che esista un futuro per le nuove generazioni. Tante aziende stanno già cambiando, ma non basta. Un esempio, negativo purtroppo, è dato proprio dall'Italia e da Stellantis che non si sono impegnati a vendere solo auto e furgoni a zero emissioni entro il 2035 nei paesi più sviluppati, ed entro il 2040 nel resto del mondo, a differenza di una trentina di paesi e 11 produttori di auto. Sono ancora troppo, troppo pochi.

SS: La strada da percorrere per la decarbonizzazione è chiara e si chiama transizione energetica, in che modo la pianta di canapa può aiutarci in questo?

I derivati della Cannabis possono garantire energia sostenibile, affidabile e verde per tutti, infatti le colture che producono e immagazzinano energia come la cannabis sono fondamentali per ridurre la dipendenza dalle risorse fossili, per mitigare il cambiamento climatico.

Un’elevata resa di biomassa unita a una materia prima a basso costo, la facilità di coltivazione e l’idoneità di aggiungere la Cannabis nelle rotazioni colturali esistenti, caratterizzano la “canapa” come un’opzione rinnovabile per la produzione di biocarburanti. L’accesso all’energia è meglio assicurato se prodotto a livello nazionale o locale. Un maggior numero di forniture locali di centrali elettriche a biomassa da cannabis, utilizzando gli scarti delle colture, potrebbe contribuire in modo significativo all’universalità dell’accesso tutto l’anno e all’accessibilità dei prezzi.
Inoltre, recenti ricerche hanno dimostrato che i rifiuti residui delle piante di Cannabis possono anche essere trasformati in nano-lamine di carbonio che hanno dimostrato una notevole efficienza nel produrre elettrodi, superando i normali supercondensatori a base di grafene. Quindi, come vede, le potenzialità della pianta di canapa per aiutare nella transizione energetica sono tante e variegate.

SS: Se la pianta di canapa può aiutarci sia nella produzione che nello stoccaggio di energia, così da avere energia sostenibile e affidabile perché secondo lei non viene presa ancora in forte considerazione dai leader di tutto il mondo che tanto sembrano sforzarsi, soprattutto in questo ultimo periodo, per cercare soluzioni per il nostro pianeta, prima che sia troppo tardi?

Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto sapere che la coltivazione indoor di cannabis, che consiste essenzialmente nel creare un ambiente simile alle condizioni di crescita naturali per le piante, mantenendo livelli di illuminazione ad alta intensità e controllando altri parametri, come umidità, temperatura o pressione dell’aria, è eccezionalmente dannosa per l’ambiente e spreca energia. La coltivazione indoor della cannabis utilizza la maggiore quantità di energia rispetto a qualsiasi altro metodo di produzione e crea la maggiore impronta di carbonio associata. Chiaramente non legalizzando la produzione la maggior parte della cannabis sarà prodotta indoor come una strategia per i coltivatori per evitare l’abbattimento e l’eradicazione delle loro piantagioni.

La soluzione, quindi, potrebbe essere data dalla legalizzazione. Ad esempio, in Colorado, la regolamentazione legale dei processi produttivi ha portato ad un aumento della coltivazione di Cannabis all’aperto o in serra. In tutto il Paese, in tre anni, la coltivazione indoor è diminuita dall’80% al 65%, a vantaggio delle pratiche di coltivazione meno energivore (es. coltivazione outdoor e in serra). Le autorità locali hanno creato incentivi per le aziende di coltivazione di cannabis legali per adattare i loro metodi di produzione, compresi seminari sui metodi di coltivazione della luce solare naturale, pubblicazione di linee guida ed elementi di pratiche sane e sostenibili, ecc.
Tali incentivi per consentire modelli di coltivazione sostenibili dovrebbero essere integrati nelle riforme politiche relative alla cannabis per garantire l’efficienza e la sostenibilità delle colture, contribuendo al contempo al raggiungimento dell’obiettivo 7 dei Sustainable development goals che parla di energia pulita e conveniente per tutti.

La strada da percorrere per la decarbonizzazione è chiara: il passaggio da un mix energetico incentrato sui combustibili fossili a uno a basso o a zero emissioni di carbonio, basato sulle fonti rinnovabili. Le tecnologie per la decarbonizzazione ci sono, sono efficienti e vanno scelte a tutti i livelli. La scienza offre dati certi, proiezioni di scenari futuri studiati attentamente, come spiegato anche dal Dott. Buoniconti.

Il cambiamento del clima non aspetta e non si ferma. Serve un cambiamento culturale forte, un vero e proprio mutamento di paradigma per tradurre in realtà ciò su cui tutti ormai siamo d’accordo.

Noi intanto iniziamo dalla condivisione delle opportunità offerte dalla canapa, come filiera modello dell’economia circolare e la transazione ecologica sperando che possa diventare presto un modello da adottare in tutti i paesi.

M
Maria Novella De Luca