Ministro Grillo, guardi Malta e impari dal Canada
Alcune possibili fonti di ispirazione per i nostri politici
Di Fabrizio Dentini
É sempre con entusiasmo che un antiproibizionista aspetta l’arrivo di settembre: la stagione indoor è pronta per ricominciare, quella outdoor ci porterà raccolti favolosi ed è quindi giunto nuovamente il momento di tirare le somme e soprattutto di pronosticare come intendiamo combattere nei prossimi mesi per far avanzare le nostre opinioni. Rientrati insomma dall’afoso agosto, ci troviamo a fare i conti con un Governo verde-stellato, populista nella narrazione che definisce se stesso “Il Governo del cambiamento”. E chi più di noi chiede un cambiamento nelle politiche sulla cannabis e delle droghe in generale? Come decideremo allora di confrontarci con questa rappresentazione istituzionale della maggioranza del paese? Come sceglieremo di muoverci per far passare le nostre legittime istanze al vaglio del meccanismo democratico? Per il momento ascoltando le varie esternazioni dei neoministri quello che sembra aver mostrato più sensibilità riguardo alla cannabis, probabilmente anche l’unica, è il nuovo Ministro della Salute Giulia Grillo. In brevi e dirette dichiarazioni avvenute nel corso di luglio e dopo una visita allo Stabilimento Farmaceutico Chimico militare di Firenze, la titolare del suddetto Ministero ha dichiarato di voler aumentare l’importazione di cannabis terapeutica dall’Olanda, passando dagli stimati 450 kg annuali, previamente richiesti, a 700 kg per il 2018 e per il 2019, cercando così di “dare una rapida e concreta risposta alle richieste pressanti e legittime dei pazienti e dei loro familiari”; in secondo luogo ha poi aggiunto: “verrà bandita una sorta di manifestazione di interesse per una partnership pubblico-privata, per aumentare la produzione della cannabis terapeutica. Non è sufficiente la quantità che viene prodotta dall'Istituto, dunque incrementare la produzione è "molto importante" perché possiamo anche noi soddisfare altre esigenze, non solo interne ma pure estere.” Abituati all’Ex Ministro della Salute Lorenzin, sempre molto parca e tutt’altro che prolissa nell’affrontare questo tema di sua competenza, non possiamo che accogliere con soddisfazione le parole del nuovo Ministro. Se, come dichiarato dal Colonnello Medica, Direttore dello Stabilimento militare di Firenze [nda. vedi intervista pagina 39] a breve arrivassero anche i denari per ampliare la produzione italiana e consentirle di raggiungere i primi 300 kg a regime nel corso del 2019, lo Stato italiano fra produzione ed importazione potrebbe superare la storica meta (ovviamente come vedremo in seguito ancora sotto, ma davvero sottostimata) della prima tonnellata di cannabis distribuita su base annuale ai propri cittadini. Se, a questo, poi si aggiunge la seconda dichiarazione del Ministro si può comprendere come l’idea sia quella di aumentare concretamente il made in Italy tanto da azzardarsi a pronosticare anche un export della nostra cannabis nel futuro prossimo. Sensibile dunque il nostro amministratore e questo è molto molto importante, il migliore degli inizi diciamo. Adesso sta a noi consigliare il nostro rappresentante sperando non si dimostri recalcitrante a mettere mano alla realtà drammatica vissuta dai pazienti italiani e possa, con il suo nuovo corso, invertire una rotta che fa dell’Italia un paese all’avanguardia sulla carta, ma retrogrado e incivile nella sostanza quotidiana, considerando che chi è malato deve tutt’oggi, ancora, confrontarsi de facto con difficoltà incredibili per accedere alla propria terapia. Il primo aspetto sul quale riflettere è l’aumento di 250 kg extra richiesto al Ministero olandese, vogliamo quindi considerare tre aspetti essenziali: primo gli olandesi dovranno approvare tale incremento, secondo i coltivatori dei Paesi Bassi dovranno avere effettivamente disponibilità per tale fornitura extra e terzo, da gennaio a metà agosto i prodotti olandesi arrivati in Italia si attestano a solamente 266 chilogrammi dei 450 inizialmente previsti. Quindi, come minimo, dovremo innanzitutto aspettare che le forniture concordate previamente vengano evase. Poi vedremo cosa decideranno di risponderci dal nord Europa. Il secondo aspetto invece che ci preme sottolineare, è che chiediamo fortemente concretezza e non proclami, chiediamo di risolvere, in primis investendo seriamente, la mancanza di cannabis per usi medici per i propri concittadini: pensare ad esportare è un miraggio che è giusto tenere presente, ma che sarebbe meglio relegare a tema più che secondario fino a quando almeno sino all’ultimo paziente italiano potrà ricevere in termini semplici e sereni la propria medicina a buon prezzo e di qualità.E questo momento è ancora purtroppo molto molto lontano.
Il nostro Ministro soprattutto dovrà rendersi conto degli ordini di grandezza che si manifestano quando il comparto cannabis medica si è ben rodato nel corso del tempo, quando i pazienti che la utilizzano superano le centinaia di migliaia e quando la produzione per soddisfare tale bacino di utenza si considera in tonnellate e non più in chilogrammi. Consigliamo al Ministro di guardarsi attentamente intorno e per l’occasione auspichiamo si voglia concentrare su due realtà che in maniera molto differente stanno affrontando l’argomento cannabis terapeutica con la serietà e la visione prospettica che il tema richiede. La prima è Malta che sta cominciando a pianificare il suo comparto cannabis terapeutica e la seconda è il Canada che dopo aver recentemente legalizzato tout court la marijuana può vantarsi di aver già legiferato ben tre generazioni di regolamenti che inquadrano l’utilizzo di cannabis per scopi medici. Cominciamo dai più vicini. A 80 chilometri dalla Sicilia, Malta, isola abitata da circa 400 mila cittadini, raccoglie l’eredità del suo passato britannico puntando, per quel che riguarda le terapie a base di cannabis, sulla pragmaticità tipica dei popoli anglosassoni. La cannabis è concepita come medicinale a partire dal 2015 e da quell’anno in poi ogni maltese con una prescrizione di medici specializzati e autorizzati dal Governo poteva curarsi con medicamenti a base di marijuana e nel particolare con il suo estratto Sativex. Il sistema però ha stentato a decollare tanto che nel corso degli anni i pazienti che hanno utilizzato tale rimedio sono rimasti praticamente nulli. Come in Italia è il contesto culturale a fare la differenza e non la legge in sé. Fatto sta che durante la scorsa primavera, come si può leggere online sul corriere di Malta, oltre a semplificare il regime di accesso per i maltesi, Malta Enterprise ha approvato cinque progetti relativi alla produzione di cannabis ad uso medico e terapeutico con un investimento complessivo di 30 milioni di euro: tre dei progetti in cantiere sono canadesi, mentre gli altri provengono da Australia e Israele. Il Ministero degli Affari economici, sottolinea che i progetti creeranno 185 nuovi posti di lavoro e che la legislazione continua a suscitare un forte interesse da parte degli investitori in questo settore, e per questo sono state prese in considerazione altre richieste di investimento a Malta. Nel corso di 3 anni, da quando cioé hanno riconosciuto alla cannabis autorevolezza medica, i maltesi hanno approvato un investimento di più di 10 volte più grande del nostro paese che in 11 anni ha, fino ad oggi, finanziato con 1 milione di euro la produzione italiana, sempre in attesa che arrivi la seconda tranche di 2 milioni e 300 mila euro. Noi non arriviamo a 3 milioni di investimenti pubblici loro ne hanno approvati ai privati per 30 milioni. Loro hanno 5 aziende private con competenze provate globalmente a garantire lo sviluppo secondo ritmi e dinamiche di mercato, noi abbiamo ancora un monopolista che ha cominciato da zero e che, con tutte le difficoltà che ciò comporta, sta facendo i salti mortali per garantire un minimo di continuità produttiva. Senza riuscirci. Il Ministro Grillo vorrebbe dunque esportare? Malta ha la popolazione di una regione italiana e si muove come se fosse un paese di pari abitanti, perché queste sono le condizioni per fare affari. Bisogna credere in quel che si fa, bisogna puntare sul nuovo perché questo cammino premia, a condizione di percorrerlo senza tentennamenti e con visione del futuro, come si dice: chi ben comincia è a metà dell’opera. Il Ministro della Salute dovrà comprendere che un’eventuale partnership pubblico-privata dovrà garantire/ richiedere all’azienda prescelta, che non dovrà certamente essere l’unica, un investimento minimo di 6-7 milioni di euro per la produzione di almeno 3500 kg di cannabis all’anno. Senza tale ordine di grandezza la capacità produttiva privata non arriverebbe ad innescare le virtuosità di un’economia di scala con le quali ditte delle dimensioni di Aurora, Nuuvera, Zenabis (quelle canadesi che si installeranno a Malta) sono abituate a lavorare: la prima, grazie ad una recente acquisizione, si aspetta di produrre 570.000 kg annuali, la seconda, leggendo Forbes, per i primi del 2019 arriverà a poterne produrre 225.000 e la terza, che è al momento la più piccola, ne produce comunque già 10.000, che son sempre cento volte in più la capacità produttiva italiana attuale. Altro aspetto da considerare sono gli spazi dove tali installazioni avranno luogo. Siamo sicuri che sfruttare gli spazi dello Stabilimento di Firenze sia la migliore delle soluzioni? Non sarebbe forse preferibile creare ex novo delle installazioni nate ed adibite per tale scopo. Riconvertire Firenze in un hub per la produzione massiva di cannabis sembra una buona idea, ma forse non la migliore. La struttura è vecchia e la capienza probabilemente non adatta, perlomeno non adatta a fare dell’Italia un paese esportatore e probabilmente nemmeno per sopperire il fabbisogno nazionale. E veniamo finalmente al Canada paese faro che sta marcando il passo e facendo la storia del rapporto di una nazione moderna con la marijuana. I dati raccolti dal sito del Ministero della Salute canadese parlano chiaro: i numeri non sono neanche lontanamente comparabili con quelli nostrani perché a differenza nostra, i canadesi, nonostante siano la metà della popolazione italiana, hanno dibattuto, hanno migliorato, ed oggi possono disporre di un sistema che mette davvero il malato al centro delle politiche sanitarie, senza pregiudizi ideologici nocivi quando si parla di salute. Il Ministro della Salute Grillo dovrà informarsi sul fatto che in questo paese attualmente sono 296.702 i pazienti iscritti al database per ricevere comodamente via posta la propria medicina e che sono 115 i produttori autorizzati a produrre e rivendere cannabis per scopi terapeutici. Interessante anche scoprire che da Aprile 2017 a Marzo 2018 queste ditte hanno venduto ai pazienti canadesi 24.753 chili di infiorescenze essicate, producendone peraltro 41.600 chilogrammi. Altra informazione molto pertinente riguarda la vendita di olio di cannabis visto e considerato che circa l’80% delle ricette prescritte nel nostro paese si riferiscono a questo tipo di preparazione: dai dati riportati dal Ministero canadese, nei primi 3 mesi del 2018, sono stati venduti 11.117 litri di olio di cannabis, 123 litri circa al giorno, circa 5 litri all’ora. Questi sono gli elementi per comprendere la grandezza di un comparto solido e ben oleato. Il Ministro Grillo sa, a partire da ora, che la sua sensibilità la dovrà confrontare a questo tipo di sfide affinché anche il nostro paese rientri di diritto nel circolo di quelli che hanno affrontato e risolto una delle questioni più attuali del mondo globale, come garantire ai propri cittadini una salute migliore attraverso la marijuana. In bocca al lupo Ministro Grillo.
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