CBGA e CBDA prevengono l'infezione da Covid

Maria Novella De Luca
12 Jan 2022

Una delle preoccupazioni primarie della pandemia è la diffusione delle varianti, di cui, la più allarmante in questo momento è quella individuata in Sud Africa, la B.1.1.529 , meglio conosciuta come Omicron.


Per questo sono confortanti i dati che ci arrivano da una recente ricerca secondo cui alcuni componenti della cannabis possono prevenire l'infezione da Covid-19 bloccandone l'ingresso nelle cellule. È lo stupefacente risultato di uno studio pubblicato questa settimana da ricercatori affiliati all'Oregon State University e rilanciato da 'Forbes'.

I composti di canapa identificati dalla ricerca della Oregon State University tramite una tecnica di screening chimica inventata all’OSU mostrano, infatti, la capacità di impedire al virus che causa COVID-19 di entrare nelle cellule umane. I risultati dello studio condotto da Richard van Breemen, ricercatore del Global Hemp Innovation Center, del College of Pharmacy e del Linus Pauling Institute dello Stato dell’Oregon, sono stati pubblicati questa settimana sul Journal of Natural Products.

Secondo questa ricerca le sostanze che possono contrastare il virus sono due, il CBGA o acido cannabigerolo e il CBDA, acido cannabidiolo.

“Questi acidi cannabinoidi sono abbondanti nella canapa e in molti estratti di canapa”, ha affermato Richard van Breemen, ricercatore del Global Hemp Innovation Center, del College of Pharmacy e del Linus Pauling Institute dello Stato dell’Oregon, che ha condotto la ricerca. “Non sono sostanze controllate come il THC, l’ingrediente psicoattivo della marijuana, e hanno un buon profilo di sicurezza negli esseri umani. E la nostra ricerca ha mostrato che i composti di canapa erano ugualmente efficaci contro le varianti di SARS-CoV-2, inclusa la variante B.1.1.7 , che è stata rilevata per la prima volta nel Regno Unito, e la variante B.1.351, rilevata per la prima volta in Sud Africa.” Stiamo parlando ovviamente della variante Alfa e della Omicron che ormai conosciamo, purtroppo molto bene. La proteina spike è la stessa parte del virus bersaglio dei vaccini Covid-19 e delle terapie anticorpali. Oltre alla proteina spike, SARS-CoV-2 ha altre tre proteine strutturali, 16 proteine non strutturali e diverse componenti che van Breemen ha caratterizzato come proteine "accessorie", tutti potenziali bersagli per farmaci sviluppati per prevenire Covid-19. “Qualsiasi parte del ciclo di infezione e replicazione è un potenziale obiettivo per l'intervento antivirale e la connessione del dominio di legame del recettore della proteina spike al recettore della superficie cellulare umana Ace2 è un passaggio critico in quel ciclo", ha affermato van Breemen, “ciò significa che gli inibitori dell'ingresso delle cellule, come gli acidi della canapa, potrebbero essere usati per prevenire l’infezione da SARS-CoV-2 e anche per ridurre le infezioni impedendo alle particelle di virus di infettare le cellule umane. Si legano alle proteine spike in modo che quelle proteine non possano legarsi all'enzima ACE2, che è abbondante sulla membrana esterna delle cellule endoteliali nei polmoni e in altri organi".

L’uso di composti che bloccano l’interazione virus-recettore è stato utile, in passato, anche per i pazienti con altre infezioni virali, tra cui l’HIV-1 e l’epatite.

Van Breemen, Ruth Muchiro del College of Pharmacy e del Linus Pauling Institute e cinque scienziati dell’OHSU hanno identificato i due acidi cannabinoidi tramite una tecnica di screening basata sulla spettrometria di massa inventata nel laboratorio di van Breemen. Il team di Van Breemen ha esaminato una gamma di prodotti botanici utilizzati come integratori alimentari tra cui trifoglio rosso, igname selvatico, luppolo e tre specie di liquirizia.

Un precedente articolo sul Journal of the American Society for Mass Spectrometry descriveva l’adattamento del nuovo metodo, la spettrometria di massa con selezione di affinità, alla ricerca di farmaci che avrebbero come bersaglio la proteina spike SARS-CoV-2.

Nella ricerca successiva, i test di laboratorio hanno dimostrato che l’acido cannabigerolico e l’acido cannabidiolico hanno impedito l’infezione delle cellule epiteliali umane dalla proteina spike del coronavirus e hanno impedito l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule.

"Questi composti possono essere assunti per via orale e hanno una lunga storia di uso sicuro negli esseri umani", ha osservato van Breemen, "varianti resistenti potrebbero ancora sorgere anche con l'uso diffuso di cannabinoidi, ma la combinazione di vaccinazione e trattamento con Cbda/Cbga dovrebbe creare un ambiente molto più impegnativo per SARS-CoV-2".

Quindi, sebbene siano assolutamente necessarie ulteriori ricerche, lo studio di Van Breemen e gli altri scienziati mostra che i cannabinoidi potrebbero essere trasformati in farmaci per prevenire o curare il Covid-19 e questa ci sembra un’ottima notizia che speriamo di poter confermare presto sulla base di nuove scoperte.

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Maria Novella De Luca