Cannabis terapeutica per gli animali

Maria Novella De Luca
14 Oct 2021

Quando i nostri animali soffrono e hanno dolore non solo patiscono loro, ma soffriamo anche noi ed è motivo di tristezza e a volte, senso di frustrazione vederli stare male e non riuscire a curarli al meglio. Certamente esistono farmaci antinfiammatori e antidolorifici, che agiscono su più fronti del dolore, ma come sappiamo, possono avere anche effetti collaterali che a breve o a lungo termine, a volte, si fanno sentire e li rendono poco maneggevoli per terapie croniche. Ecco che in questi casi, una valida alternativa può essere rappresentata dalla cannabis.


L’interesse sempre maggiore per i derivati della cannabis legale è sicuramente giustificato dalle proprietà del suo principio attivo, il CBD, che si combinano a tal punto con i processi degli organismi viventi da poter risolvere molti dei disturbi di cui umani e animali soffrono quotidianamente.

L'uso della cannabis per le specie animali, infatti, è un'area di crescente interesse, in gran parte dovuto ai benefici terapeutici riscontrati sugli esseri umani. Sono più simili a noi di quanto possiamo pensare, infatti. Simili anche a livello fisiologico. Come noi umani, anche la maggior parte dei mammiferi ha il sistema endocannabinoide, un sistema biologico di comunicazione tra le cellule composto da neurotrasmettitori presenti in diverse aree e tessuti. Si trovano quindi non solo nel cervello ma anche negli organi, nei tessuti, nelle cellule, nel sistema nervoso centrale e periferico e controllano funzioni come l’umore, il sonno, l’appetito, la fertilità e le emozioni. Grazie alle capacità di regolare la maggior parte dei processi fisiologici di un organismo, il sistema endocannabinoide è considerato uno dei più importanti sistemi presenti nel nostro corpo utile per il mantenimento dell’omeostasi, cioè della stabilità e dell’equilibrio dell’organismo con le sue varie componenti.

Il sistema endocannabinoide è composto essenzialmente da 3 elementi:

  • i cannabinoidi, che possono essere sia esogeni (come quelli presenti in natura, nella canapa) che endogeni (sono detti endocannabinoidi);

  • i recettori cannabinoidi: Cb1 e Cb2 (i primi sono nel cervello e nel sistema nervoso mentre i secondi si trovano nel sistema immunitario);

  • gli enzimi, che consentono la comunicazione dei cannabinoidi con i recettori endocannabinoidi.

Questo sistema è stato identificato anche in quasi tutti gli animali, dai  mammiferi complessi come i primati agli animali filogeneticamente primitivi come gli cnidari (tipo di invertebrati a simmetria raggiata, quasi tutti marini). La presenza quasi universale e l'emergere precoce del sistema endocannabinoide, evolutivamente, è un forte indicatore della sua importanza biologica.

I recettori dei cannabinoidi sono espressi nella maggior parte degli animali, compresi i vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e pesci) e gli invertebrati (ricci di mare, sanguisughe, cozze). L'animale più primitivo in cui è stato osservato un sistema endocannabinoide è l'Hydra, un cnidario della classe Hydrozoa, che è stato il primo animale a sviluppare una rete neurale.

Questo rende molto chiaro che, se tutte le specie veterinarie contengono un sistema endocannabinoide, la sua comprensione in queste specie è fondamentale per lo sviluppo di applicazioni cliniche per endocannabinoidi e fitocannabinoidi derivati dalla cannabis.

I principi attivi contenuti nella pianta di cannabis e quindi nel suo principio attivo cbd, si legano ai recettori CB-1 e CB-2 del sistema endocannabinoide endogeno grazie agli enzimi. In realtà, come abbiamo visto, l’organismo produce già di per sé delle sostanze chimiche simili nella composizione ai cannabinoidi. Perciò, esistono già delle sostanze prodotte dall’animale stesso.

Quindi, perché dovremmo ricorrere a un prodotto esterno come il CBD?

Perché  il corpo non sempre le produce  oppure ne produce in quantità insufficiente affinché tutti i cicli fisiologici funzionino al meglio. Ecco perché il CBD aiuta a riequilibrare l’organismo degli animali, eliminando il problema e non limitandosi solamente ad assopire i sintomi.

Secondo i test scientifici sviluppati negli ultimi anni, sono numerosi i disturbi dei nostri amici a quattro zampe che possono essere curati grazie alle proprietà del CBD.

Specialmente in cani, gatti e cavalli, è considerato un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, nella riduzione dell’ansia, sollievo dal dolore, miglioramento della mobilità negli animali con osteoartrosi, riduzione della dimensione del tumore, miglioramento dell’appetito, miglioramento del controllo del diabete di tipo 2, condizioni infiammatorie, problemi digestivi e un migliore controllo delle crisi epilettiche.

Tuttavia gli studi sono ancora pochi su questo tema, non è stato stabilito con certezza se esistano possibili effetti collaterali causati dal CBD anche se, essendo un rimedio naturale, ha sicuramente meno probabilità dei prodotti chimici di causare una reazione negativa nell’organismo.

Da alcune osservazioni rivolte soprattutto ai cani, potrebbero verificarsi alcuni lievi effetti collaterali come sonnolenza  in risposta all’effetto calmante del prodotto, abbassamento della pressione sanguigna  in caso di dosi elevate di CBD, bocca secca a causa di una ridotta produzione di saliva, diarrea o cefalea.

Nonostante si tratti di un principio estratto da una pianta, è sempre bene consultare il veterinario prima di iniziare una cura. Un abuso, in qualsiasi campo esso venga realizzato, non porta mai a risultati positivi. Il veterinario saprà consigliarvi sul dosaggio giusto da somministrare al vostro amico a quattro zampe.


 

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Maria Novella De Luca