Matías Litvak: una carriera di successo coltivando cannabis in Israele

Maria Novella De Luca
04 Feb 2022

Gli davano dello spacciatore e del drogato nonostante non avesse mai venduto nulla e oggi è responsabile dell'ufficio di coltivazione di cannabis dell'università pubblica Bar-Ilan, nella città di Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, dove studia la genetica per migliorare i prodotti per scopi terapeutici.


È la bella storia, vera, e non una favola, di Matías Litvak, un trentaduenne di Buenos Aires che non ha mai smesso di credere nella cannabis e al sogno di poter un giorno lavorare con essa. Matías è emigrato in Israele nel 2018 per approfondire le sue conoscenze da autodidatta e fare ricerca sulla pianta. Nel suo paese natale, viveva grazie ad un'attività commerciale di giacche e scarpe di pelle che portava avanti con i suoi fratelli e a un ristorante di hamburger che gestiva con un gruppo di amici. Tuttavia, non aveva mai abbandonato le colture di cannabis, che utilizzava per il proprio consumo ricreativo, ma anche per malati che ne avevano bisogno.

Vivere per la cannabis, anche se illegale, anche se produrre oli per i suoi cari malati poteva farlo finire in prigione: questo voleva fare Matías e questo fa oggi con il suo lavoro in Israele.

“Ho lasciato il Paese perché, nonostante avessi un lavoro che mi andava bene, non ero felice. Mi ero reso conto che la mia vita era in questa pianta. Volevo diventare un professionista in questo campo. E l'Argentina mi criminalizzava. Anche se ero un coltivatore di cannabis solidale che non aveva mai venduto nulla, se mi avessero beccato sarei stato un criminale da mettere in prigione con assassini e stupratori" racconta.

La strada per arrivare dove è oggi non è stata semplice, fin dall’adolescenza, quando si incontrava con i suoi amici nel club “Mi Refugio” additato da tutti come il club dei tossicodipendenti, ma che per loro era il luogo dove cambiare mentalità e sensibilità. "Se tutti usassero la cannabis, il mondo sarebbe un posto molto più bello, non ne ho le prove ma neanche dubbi" racconta Matías ripensando a quei giorni e al campionato di futbol vinto proprio con quel club. Matías sviluppò in quegli anni, una curiosità nei confronti della pianta di canapa, che mantiene ancora oggi con tenerezza e occhi da bambino. Passò dalla spremitura ai fiori, iniziò a imparare da suo cugino e da chi ne sapevano più di lui, finché un giorno, dopo anni in giro per il mondo, una notizia cambiò la sua vita: il padre del suo migliore amico, si era ammalato gravemente. "Sono diventato estremamente ossessivo", racconta "ho detto al mio amico, 'coltiveremo piante forti per produrre olio'". Voleva che Marcello, il papà del suo amico, avesse la migliore qualità di vita possibile. Marcello aveva molti pregiudizi sulla cannabis ma alla fine accettò.

“In quel periodo vivevo già da solo in un bilocale, quindi abbiamo spostato il letto in soggiorno, abbiamo fatto una stanza per la coltivazione e abbiamo iniziato a coltivare diverse varietà, a fare olio e testare quale fosse il migliore per lui, volevamo qualcosa di specifico che rendesse più tollerabile la sua sofferenza. Marcello iniziò a consumare molto olio di cannabis e questo migliorò notevolmente la sua qualità di vita. Ancora oggi conservo alcuni messaggi audio in cui mi dice che dopo molti anni aveva iniziato, finalmente, a dormire dodici ore continuative ed era molto felice".

"Questo è ciò che amo fare" fu la risposta di Matías a Marcello e a se stesso, ed è stata la guida che lo ha portato dove è oggi. Uno dei tatuaggi che decorano il suo corpo è una scala, che simboleggia la medicina, una pianta di cannabis e una lucertola, in onore di Marcello che era soprannominato appunto “lagarto” in spagnolo.

Quell'esperienza fu per Matías la conferma che con le sue conoscenze avrebbe potuto aiutare molte persone, iniziò a tenere convegni e a collaborare con Mama Cultiva Argentina, una fondazione senza scopo di lucro, sull’uso terapeutico della cannabis per diverse malattie come il cancro e l'epilessia.

"È stata un'esperienza molto bella. Insieme alla coltivazione che mi è sempre interessata, lì, ho scoperto un'altra passione, quella di poter essere socialmente utile. La mia formazione è sempre stata da autodidatta, non mi è mai piaciuta l'istruzione formale o accademica. Ho fatto lezioni di biologia, ho seguito corsi di idroponica, agricoltura biologica, perché mi interessa la conoscenza, ma non mi è mai interessato sostenere un esame, partecipare a un sistema che spinge la concorrenza, così come non mi interessa avere una laurea, nonostante mi abbiano sempre detto che senza una laurea non andavo da nessuna parte. Penso che non ci sia niente come l'esperienza empirica. È così che ho imparato tanto e mi sono sempre relazionato bene con le persone con il rispetto, l'umiltà e lo scambio di conoscenze”.

Qualche tempo dopo, Matías contattò un'azienda in Israele che lo portò a lavorare per tre mesi in quel paese, dove la marijuana per uso medico era legale già dal 1999 e subito dopo in una piantagione di montagna a Lake County, in California.

“È stata un’esperienza durissima, stare da solo in montagna per 5 mesi e mezzo, lavorare tutto il tempo, senza internet, senza macchina. Ho spinto al massimo i miei limiti e ho imparato molto. Ero solo e mi occupavo di un raccolto di 5mila piante. Questo mi ha insegnato a essere efficiente, a lavorare senza sosta e con molta disciplina” racconta. Terminato quel lavoro, arrivarono nuove offerte da diverse società di produzione come direttore della coltivazione, ma alla fine accettò quella dell'Università pubblica Bar-Ilan, nella città di Ramat Gan, dove si trova ora, per continuare ad approfondire la sua formazione e la ricerca sulla pianta di canapa per scopi terapeutici.

"Quando fai ciò che ami, c'è sempre uno scambio di conoscenze. Neanche nei miei sogni più belli pensavo di poter arrivare un giorno dove sono ora e di fare quello che faccio. È il più grande onore che ho avuto nella vita e lo porto con orgoglio e responsabilità: contribuire a distruggere i pregiudizi sui consumatori e dare dignità alla figura del coltivatore solidale. Ci sono molti in Argentina che non hanno avuto l'opportunità e il coraggio di realizzare questo sogno", aggiunge.

 

Continuando a parlare del suo paese, dice di credere che anche lì si possa sviluppare un'ottima industria della cannabis che migliorerà la salute di molte persone. "Spero che il mio paese continui su questa strada e che in un futuro non troppo lontano la cannabis medica sia disponibile nel sistema sanitario pubblico, nelle opere sociali, che diventi una medicina per tutti. Questo è il mio desiderio e questa è la mia militanza”.

Matías ritiene che  “per combattere la resistenza e la stigmatizzazione” l'arma più importante sia l'aspetto educativo. E chiarisce: "Certo che è una droga e come tale va trattata, ma il proibizionismo è stato ed è un clamoroso fallimento. E i paesi che hanno depenalizzato i consumi, ci hanno insegnato che questa misura dà risultati nettamente migliori. Dobbiamo evolverci, dobbiamo crescere e rispettare i diritti delle persone a consumare ciò che vogliono. Se si commette un reato sotto l'effetto di una sostanza, come investire qualcuno per guida in stato di ebbrezza o cannabis, deve essere applicata la relativa punizione. Ma criminalizzare gli innocenti non può mai funzionare".

Matías pubblica parte del suo lavoro sul suo account Instagram, "litvak.matias", e dice che molte persone lo contattano per chiedergli aiuto. Noi lo abbiamo contattato per ascoltare la sua storia che oggi abbiamo voluto condividere con voi perché le belle storie fanno bene al cuore e l’ottimismo, la bontà, la tenacia di Matías sono un esempio che merita di essere raccontato.

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Maria Novella De Luca