La carovana della canapa, dopo sei anni cosa resta e cosa è cambiato
Sei anni fa partiva, dal nord Italia, un progetto molto bello e interessante, un viaggio sulla penisola volto ad incontrare tutte le realtà legate alla canapa presenti sul territorio. Dalle realtà agricole a quelle commerciali, da chi ne faceva uso terapeutico a chi quello industriale o alimentare.
La Carovana della Canapa, questo il nome del progetto, nasceva da attivisti del Coordinamento Piemontese Unitario per la Legalizzazione della Canapa. Partì il 28 giugno del 2015 da Carmagnola (Piemonte) e attraversò l'Italia realizzando interviste e riprese video a un gran numero di persone che, in forma singola o associata, si dedicavano al sostegno della causa della liberazione della canapa, che aderirono attivamente alla Carovana ospitando i viaggiatori, partecipando alle iniziative organizzate lungo il percorso e seguendo gli spostamenti sul web.
Incontrare, conoscere e far conoscere le diverse realtà del mondo della Canapa italiana al fine di avvicinarsi al grande pubblico e creare delle nuove reti era, ed è tutt’oggi, l’idea alla base di quel movimento piemontese e di quel viaggio.
Un’idea bellissima e un grande esempio di condivisione e confronto, ingredienti fondamentali che dovrebbero essere sempre alla base di ogni forma di attivismo e che invece spesso, mancano.
Oggi, dopo sei anni noi di Soft Secrets abbiamo voluto ascoltare gli organizzatori di quell’ambizioso progetto per ricordarne l’impresa e l’importanza che la loro idea ha avuto nella ricerca di un dialogo. Crediamo che, soprattutto in un momento così delicato, dopo la sofferenza vissuta nell’ultimo anno con il lockdown, ci sia bisogno di riscoprire la bellezza di mettersi tutti insieme e continuare il cammino, nella stessa direzione. Crediamo soprattutto che i momenti di riflessione siano fondamentali per crescere e andare avanti a partire da buoni esempi come questi.
Abbiamo parlato con Giovanni Foresti, uno degli organizzatori e partecipante di quel bellissimo viaggio: “dalla Carovana della Canapa sono cambiate moltissime cose soprattutto con l’avvento della canapa light che nel 2015 stava appena iniziando a svilupparsi” ci dice. “Il materiale che abbiamo raccolto in quel viaggio però è una vera ricchezza ancora oggi, ha soprattutto il vantaggio di documentare come era la situazione prima. Tutto il materiale che abbiamo andrà messo in ordine e montato ma al momento non riusciamo a farlo, stiamo seguendo anche altri progetti e manca tempo e persone che ci aiutino”.
Come è nata l’idea del viaggio e con quali obiettivi?
Personalmente sono impegnato nell’antiproibizionismo ormai da più di quaranta anni, ho dedicato a questa battaglia gran parte della mia vita e tutt’ora sto facendo disobbedienza civile. Dal mio impegno e quello degli altri ragazzi del movimento, nel 2015 è nata l’ idea del viaggio come incontro e racconto delle realtà esistenti intorno al mondo della canapa in quello che era un momento di grande rilancio del tema della legalizzazione. Pensavamo ad un report in costante evoluzione e aggiornamento che rappresentasse la varietà di iniziative che si organizzavano nel nostro paese e che scaturivano dalle potenzialità della cannabis, in un’Italia ancora proibizionista ma anche virtuosa e sostenibile
“Libertà di coltivare e diritto all’uso terapeutico, contro le mafie” era il vostro motto
Esatto, quello era ed è ancora oggi il nostro motto, l’ idea alla base delle nostre battaglie. Nel nostro paese esiste una legge che autorizza la cannabis per uso terapeutico ma come sappiamo questa norma che dovrebbe tutelare i pazienti viene spesso disattesa. Sappiamo anche che i malati spesso restano senza farmaco ma che non hanno diritto a coltivare la loro medicina. Ma potrebbero, indisturbati, procurarsi la cannabis al mercato nero. Ecco ci sono molte contraddizioni che da anni cerchiamo di combattere soprattutto perché secondo noi la cannabis dovrebbe essere libera.
Come era organizzato il vostro viaggio?
Abbiamo viaggiato in macchina, dal Nord al Sud dell’Italia, raggiungendo anche la Sicilia e la Sardegna. Eravamo in tre come viaggiatori fissi dall’inizio alla fine. Alcune persone si sono aggiunte per brevi periodi. È stata molto bella la solidarietà e l’aiuto concreto di molte delle persone incontrate. Ci siamo autofinanziati e non sempre è stato facile, anche per questo, purtroppo, non siamo riusciti a raggiungere la visibilità che ci aspettavamo, ma in molti ci hanno seguito sui canali social e continuano a farlo sulla pagina facebook seguita da più di 4000 persone.
Cosa farete con il materiale raccolto durante il viaggio?
L’idea alla base del progetto e del viaggio è sempre stata quella di realizzare un documentario che informasse quante più persone possibili sul mondo della canapa, su cosa succede nel nostro paese, quali realtà esistono e creare una rete tra loro. Quel materiale raccolto documenta la nuova fase che nasceva in quel momento e la nostra idea sarebbe quella di realizzare un documentario che racconti la situazione attuale partendo da quella passata. Una riflessione su passato e presente che potrebbe aiutare le associazioni, gli attivisti, i semplici curiosi a comprendere meglio la storia di questa pianta e delle battaglie fatte e da fare per raggiungere la legalizzazione.
Hai notato qualche cambiamento da allora?
Oggi noto che ci sono delle forze che sono riuscite a mettersi insieme, a organizzarsi o almeno a non essere più l’una contro l’altra e questo è un aspetto positivo. Mi sembra di notare un maggior dialogo anche se siamo lontani ancora molto dall’idea di partecipazione diffusa e dalla creazione di un movimento unitario articolato su tutto il territorio nazionale che era il pensiero alla base del nostro progetto.