Cannabis terapeutica: pronti i bandi per coltivarla in aziende pubbliche e private

Maria Novella De Luca
25 Oct 2021

"Nelle prossime settimane saranno pronti i bandi per la coltivazione di cannabis terapeutica ad uso medico da parte di aziende pubbliche e private" è l’annuncio, quasi scioccante nonché gradito e tanto atteso arrivato ieri dal sottosegretario alla salute Andrea Costa.


Dal 2007 il Ministero della Salute ha riconosciuto l’uso terapeutico dei cannabinoidi e, attualmente, nel nostro Paese è legale l’uso di medicinali vegetali a base di cannabis per il trattamento sintomatico di supporto alle cure standard e per la terapia del dolore. La legge dichiara, inoltre, che i prodotti a base di cannabinoidi possono essere importati dai paesi legittimati ed essere prodotti sul territorio italiano dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La vendita di queste sostanze è affidata alle farmacie e agli organi autorizzati, previa prescrizione medica. La coltivazione e la vendita non autorizzate di cannabis prevedono sanzioni penali ed amministrative e il sequestro o la confisca delle piante.

Da molti anni, però, sia i pazienti che gli ospedali che le farmacie lamentano la carenza di cannabis terapeutica in tutta Italia. È un problema cronico che trova le radici in un iter burocratico molto lungo e in una offerta scarsa e insufficiente a coprire la domanda. Nonostante nel 2016 si sia avviata anche la produzione nazionale, ad oggi lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM) non riesce a garantire neanche le quantità autorizzate dal Ministero della Salute. Continuiamo anche a importare cannabis dall'Olanda e dall'azienda Aurora, leader del mercato tedesco dal 2015.

Anche quest’anno, come già in passato, farmacisti e pazienti sono tornati a  segnalare i ritardi nelle consegne della cannabis italiana e dei quantitativi olandesi. Da una parte, l’Ufficio olandese per la cannabis medica ha dichiarato a giugno di essere senza scorte a causa di ulteriori test da svolgere sui lotti delle infiorescenze. Dall’altra, le restrizioni dovute alla pandemia hanno causato problemi alle dogane per i quali l’Ufficio Centrale Stupefacenti italiano ha dovuto emettere un documento per velocizzare le importazioni da parte dei grossisti.

Di tutto questo, qualche tempo fa, avevamo parlato con il Dott. Matteo Mantovani della Farmacia San Carlo di Ferrara che ci aveva confermato, purtroppo, la situazione di stallo dell'Italia aggravata, indubbiamente, dalla pandemia. Anzi ci aveva informato anche di un’ulteriore problematica che le farmacie italiane si erano trovate ad affrontare in seguito ad una nota ministeriale del 23 settembre 2020 che intimava alle farmacie di non poter spedire i prodotti a base di cannabis e non poter produrre colliri, creme, e tutte le preparazioni non per via orale. “Le dinamiche da anni son sempre le stesse" ci aveva spiegato Mantovani, "ovvero non tutte le farmacie galeniche producono preparati di cannabis, non tutte riescono ad ottenere la materia prima, le poche farmacie attrezzate alla produzione di questo tipo di farmaci, quindi, devono per forza spedire in tutta Italia per raggiungere i pazienti che, ovviamente, non possono aspettare e interrompere la terapia. Se la loro farmacia di fiducia termina il farmaco, sono costretti a rivolgersi altrove e spesso devono farsi spedire il farmaco a casa". Inoltre aggiungeva che "questo è uno degli anni più brutti anche per l’assenza di materia prima, da inizio anno, infatti, abbiamo ricevuto solo 2-3 spedizioni di cannabis: la grande battuta di arresto l’abbiamo registrata dallo stabilimento di Firenze da cui arrivano la FM1 e la FM 2 e da settembre 2020, purtroppo, non riceviamo nulla”.

Di fronte alla nota ministeriale che poneva queste inaccettabili restrizioni la farmacia San Carlo insieme ad altre 12 farmacie, aveva fatto ricorso, ma la risposta ricevuta dal Ministero era stata altrettanto disarmante: “è impossibile fare ricorso al Ministero, l’unico modo è attendere che ci sia una contestazione in merito all’operato di qualche farmacia e solo allora si può procedere con un ricorso”.

Bisognerebbe quindi infrangere la legge, ricevere una multa e poi contestarla. Ma questi sono argomenti molto delicati come ribadisce Matteo Mantovani, c’è il rischio di andare sul penale e avere un inasprimento della pena e non tutti sono disposti a rischiare tanto.

E’ facile comprendere quindi, quanto le farmacie abbiano avuto difficoltà ad andare avanti, quanto tutto questo abbia rallentato la macchina organizzativa e con l’unico risultato di lasciare i pazienti senza farmaco.

Davanti a un quadro così imbarazzante e problematico è facile intuire anche che spesso, le uniche soluzioni per i malati, per mantenere la continuità terapeutica, siano inevitabilmente il mercato nero o l’auto-coltivazione.

Ma una soluzione diversa ci sarebbe e molte associazioni, malati, medici e farmacisti la propongono da anni: autorizzare anche altri soggetti, pubblici o privati, a coltivare e produrre cannabis terapeutica. Ne gioverebbero i pazienti prima di tutto, ma anche tutto il Paese che così potrebbe disporre di un prodotto di qualità a costi inferiori rispetto a quello importato. 

Ecco quindi che l’annuncio del sottosegretario alla Salute Andrea Costa arriva finalmente a dare la risposta tanto attesa e si accoglie come un’ondata di grande cambiamento.

"Stiamo varando dei bandi che diano la possibilità di coltivare cannabis ad uso medico anche ad aziende private e pubbliche per essere in grado di raggiungere l’obiettivo di essere autosufficienti nell’ambito della produzione. Questo, ha detto, è un tema che stiamo affrontando insieme al Ministero dell’agricoltura e al Ministero dell’interno, siamo a buon punto del percorso".

Costa ha anche aggiunto che “si stima che il fabbisogno nel 2021 sia di 1400 kg, ma l’Istituto farmaceutico militare di Firenze è in grado si e no di produrne forse 300kg“, ed i restanti sarebbero importati. Inoltre, ha aggiunto, “faremmo un errore se confondessimo la legalizzazione della cannabis con la cannabis ad uso terapeutico, questo lo voglio dire con estrema chiarezza e fermezza. La liberalizzazione è un altro tema che rischia di alimentare il dibattito e radicalizzarlo, di creare delle contrapposizioni che, ha concluso, non credo siano utili a quei pazienti che sono in attesa di cura”.

In Italia la coltivazione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti potrebbe garantire fino a 10mila posti di lavoro, dai campi ai flaconi. E’ quanto stima la Coldiretti nel commentare l’annuncio del sottosegretario alla Salute. “In Italia la richiesta di prodotti terapeutici a base di cannabis è in costante crescita ma, sottolinea Coldiretti, viene soddisfatta soprattutto dalle importazioni poiché al momento la sola produzione consentita è quella nello Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze, l’unico autorizzato alla coltivazione”.

“Solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura, la campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Si tratta di ambienti al chiuso dove più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell’autorità preposte per evitare il rischio di abusi. Una opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100% che unisce l’agricoltura all’industria farmaceutica”.

Una “prima sperimentazione che, conclude Coldiretti, potrebbe aprire potenzialità enormi se si dovesse decidere di estendere la produzione in campo aperto nei terreni adatti: negli anni 40 con ben 100mila ettari coltivati l’Italia era il secondo produttore mondiale della cannabis sativa, che dal punto di vista botanico è simile alla varietà indica utilizzata a fini terapeutici”.

Anche il segretario nazionale di Federfarma Roberto Tobia, ha ribadito la forte carenza di cannabis terapeutica per la preparazione di farmaci magistrali a base di cannabis e il fatto che le farmacie hanno grandi difficoltà rispetto alla domanda crescente da parte dei malati. “La carenza è cronica. Inoltre, nonostante sia prevista la rimborsabilità dal Ssn, in varie Regioni le preparazioni non sono rimborsate ed il costo per i pazienti può arrivare anche ad oltre 500 euro al mese», ha concluso Tobia.

Di fronte a questo quadro speriamo davvero che le parole di Costa non siano solo promesse ma possano dare inizio a qualcosa di nuovo in Italia sulla gestione della cannabis terapeutica e soprattutto per la condizione dei malati, perché il controllo della sofferenza è un problema molto serio per i pazienti, quindi occorrerebbe trovare, davvero, il modo di garantire con maggior costanza tutte le sostanze necessarie, che consentano di non incorrere più in fasi di grave carenza che spesso si presentano nel nostro paese. 

 

 

 

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Maria Novella De Luca