Un’equazione sbagliata

Il mondo antiproibizionista italiano di fronte all’ipotesi legalizzazione
Chi sono gli antiproibizionisti? Una domanda apparentemente elementare che però nel nostro paese non riesce ad avere una risposta univoca. Personalmente ho sempre creduto che questo termine calzasse quanti si battevano per la legalizzazione a 360° di una determinata sostanza – la cannabis, nel nostro caso – e si adoperavano per portare le loro istanze a livello istituzionale. Questo almeno quanto l’etimologia della parola suggerisce. Eppure nel nostro bello stivale, si sa, tutto si risolve (o riduce) facilmente in opinione e così anche il termine “antiproibizionista” è diventato opinabile. Ora che la discussione sulla legalizzazione della cannabis è entrata nel vivo dei lavori parlamentari e che la società civile ha rimosso il tabù legato allo spettro dello “stupefacente”, l’Italia ha davanti a sé la possibilità di riabilitare finalmente la pianta ma tra i soggetti che più attivamente si sono mobilitati per arrivare a questo punto, paradossalmente, non c’è accordo su come proseguire. Il punto fondamentalmente è uno ed è squisitamente dicotomico: marijuana terapeutica VS marijuana ricreativa. Ovvero, l’annosa questione pazienti contro consumatori ludici. È infatti innegabile che vi sia una differenza reale tra chi consuma cannabis per diletto e chi la consuma per necessità, che un malato di sclerosi multipla che fuma uno spinello venga visto in modo diverso da un liceale che compie lo stesso gesto. Ma ai fini del dibattito, distinguere tra pazienti e “fattoni” rappresenta spesso un autogol ed è qui che la nostra querelle va a parare. Se negli Stati Uniti e più in generale nel dibattito pubblico è avvenuto il cosiddetto “shift” che ha permesso lo sdoganamento della sostanza, lo si deve infatti soprattutto ai malati, che con la loro voce hanno ricordato al mondo come la cannabis sia prima di tutto un’erba medicinale e non una droga che porta automaticamente alla tossicodipendenza. In Italia il concetto lo abbiamo interiorizzato prima di altri in Europa e, con il decreto ministeriale n.98 del 28 aprile 2007 a firma dell’allora Ministro della Sanità Livia Turco, abbiamo riconosciuto l’uso medico della sostanza e segnato le linee guida con cui negli anni seguenti le regioni (11 ad oggi) avrebbero regolato la distribuzione e la copertura sanitaria. La legge Fini-Giovanardi e la pesante cappa ideologica che le ha fatto da corollario ne hanno purtroppo vanificato i risultati ma è un dato di fatto che nel nostro paese, il concetto di cannabis medicinale è istituzionalmente accettato e regolamentato da un decennio.
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