Un’altra polizia è possibile
Il collettivo PCP (Poliziotti contro il Proibizionismo) è composto da agenti di polizia e gendarmi francesi, in attività o meno, che, grazie all’esperienza dovuta alla loro professione, hanno deciso di unirsi per promuovere una necessaria riforma della legge sugli stupefacenti e per testimoniare l'inefficacia del proibizionismo e della repressione del consumo di droga.
Il collettivo francese dei Poliziotti contro il Proibizionismo.
Benedicte Desforges, portavoce del collettivo PCP, ci spiega perché un’altra polizia è possibile e soprattutto necessaria in Italia come in Francia. SSIT: Perché un poliziotto decide di mettersi dall’altro lato del proibizionismo, fondando il collettivo PCP? Essere un poliziotto significa anche essere un cittadino all’interno della società, significa essere autorizzati a pensare in maniera indipendente ed esercitare una critica necessaria rispetto alle proprie funzioni, all’applicazione della legge ed al suo contenuto. Avendo la fortuna di essere posizionati all’ultimo gradino della catena penale, siamo in contatto diretto con la delinquenza e con alcuni aspetti della società. Si tratta di un contatto che, prima dell’intervento della magistratura, non è mediato da nessun prisma mediatico o politico. La nostra conoscenza della società, per chi ha voglia di osservarla, è unica. Parlando della repressione dei consumatori di sostanze stupefacenti, siamo probabilmente i meglio posizionati per capire che non serve a nulla e che genera degli effetti perversi. I consumatori, nel peggiore dei casi, fanno solo male a loro stessi e noi possiamo arrestarli o denunciarli in maniera sempre più intensa, ma il narcotraffico non ne risente in maniera alcuna. SSIT: Penalizzare i consumatori non serve a nulla? Si tratta di una repressione inutile che, in più, non ha alcun impatto pedagogico o sanitario. È quindi abbastanza semplice, quando si è poliziotti, adoperare indulgenza nei confronti dei consumatori. Anche perché, professionalmente, la repressione di questo delitto, una disobbedienza senza conseguenze, non è molto valorizzante.
Benedicte Desforges portavoce del collettivo PCP
SSIT: Come si passa dalla repressione quotidiana dei consumatori al loro sostegno politico? Effettivamente, adottando una posizione contro il proibizionismo, il nostro collettivo è in linea con le aspettative dei consumatori. Inoltre proponiamo un modello di polizia differente, più interessante per noi poliziotti e per i cittadini. Senza repressione dei consumatori, la "politica dei numeri" e cioè la politica dell’amministrazione che, alla qualità del lavoro svolto, predilige ed esige la quantità, verrebbe a mancare. L’esercizio quotidiano del nostro impegno potrebbe calibrarsi verso una delinquenza più pericolosa come il narcotraffico. In Francia, più della metà dell’attività proattiva della polizia è dedicata al consumo di sostanze: uno spreco di tempo per polizia e magistratura ed uno spreco di risorse pubbliche. I rapporti fra la polizia e popolazione ne risulterebbero migliorati: la repressione dei consumatori diventa infatti, spesso, un pretesto per il controllo di certe fasce della popolazione, in particolare i più giovani ed i più precari. SSIT: Quale impatto ha il vostro collettivo sulle politiche antidroga del vostro paese? Il collettivo PCP esiste da soli due anni ed il nostro impatto a livello di politiche nazionali è nullo. Nonostante questo, le nostre argomentazioni risultano d’interesse per alcuni parlamentari. Ad esempio, parlando della correlazione fra la repressione di questi delitti e la politica dei numeri di cui prima. Convincere quelli che scrivono le leggi rimane un lavoro di pazienza e perseveranza. Il collettivo, comunque, apporta una voce inedita perché siamo poliziotti ed andiamo ad integrare efficacemente, col nostro punto di vista, il contesto antiproibizionista. Abbiamo suggerito diverse proposte, lettere aperte o trasmesse ai deputati. Ci auguriamo, tra le altre cose, che i test salivari eseguiti su chi guida vengano sostituiti con testi comportamentali. Suggeriamo poi, che la prevenzione delle droghe nelle scuole non venga affidata ai poliziotti, ma all’intervento degli specialisti ed auspichiamo, infine, che la polizia venga provvista di kits al naloxone per venire in aiuto alle vittime di overdose. Questa ultima proposta, che ci sta particolarmente a cuore, perché ci darebbe la possibilità di non svolgere un ruolo esclusivamente repressivo, è stata considerata dal Ministero della Salute.
Il collettivo PCP, una novità dalla polizia francese
SSIT: Vuole mandare un messaggio ai suoi colleghi italiani? I danni del proibizionismo sono gli stessi in Francia ed in Italia. I poliziotti non possono che tirare le stesse somme, perdono il loro tempo con gli stessi arresti e con le stesse procedure. L’opinione deve essere per forza la stessa. Ai nostri colleghi italiani quindi ho voglia di dire: riflettete sulla società nella quale vorreste vivere, riflettete sulla possibile rivalorizzazione del vostro mestiere, sulle relazioni che intrattenete con la popolazione...una persona che fuma o coltiva cannabis o sniffa una riga di cocaina nel week end, è il delinquente che sognavate di arrestare prima di diventare poliziotti? Non possiamo cercare tutti insieme di fare in modo di lavorare per svolgere un mestiere più efficace e più concentrato sui "veri" delinquenti? E perché concedere a chiunque la libertà di scegliere cosa fare con il proprio corpo e con il proprio stato di coscienza fino a quando non nuoce al prossimo, potendo contare su di un’informazione necessaria, è cosa impossibile quando si è immersi nella politica proibizionista? Per concludere direi loro di interessarsi alla politica delle droghe del Portogallo. Da ormai quasi 20 anni, il consumo di tutte le droghe è stato depenalizzato e questa scelta di far uscire il consumo di droghe dal campo penale è stato un successo da tutti i punti di vista. I poliziotti possono consacrare il loro tempo alla delinquenza di livello e non si lamentano per niente di questa politica più coerente e più umana.
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